Roma. Una notizia senza precedenti, che non ha mancato di generare uno scossone in seno al Tribunale di Roma, all’indomani della pausa estiva. Pare infatti che le udienze collegiali, cioè quelle in cui più giudici sono chiamati a decidere per la delicatezza delle questioni in gioco, saranno sospese per sei mesi a partire dal 15 ottobre. Il motivo? La mancanza di magistrati.
Stop per 6 mesi al Tribunale di Roma: fermi i processi più delicati
Tale provvedimento, di fatto, è stato firmato il 12 agosto dal presidente del Tribunale Roberto Reali e riguarda i procedimenti per omicidio, criminalità organizzata, rapine, estorsioni aggravate e altri reati che vengono assegnati in questo arco di tempo dal giudice per l’udienza preliminare ai collegi (AGI).
Secondo le stima fatta dal presidente Reali, c’è una ”scopertura” del 14,5% nell’organico delle toghe. Certo sulla grave carenza sono concordi tutte le parti in causa. Diversa situazione, invece, sulla soluzione da perseguire. Inoltre, a quanto pare, non ci sarebbe chiarezza neppure sul numero dei procedimenti interessati.
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La carenza dei magistrati: un problema strutturale
“Quello del Tribunale di Roma è un provvedimento di tipo inedito che da una parte ha il pregio di sottolineare la situazione drammatica in cui versa il nostro tribunale e dall’altro, essendo una misura draconiana, rischia di produrre più dissensi e critiche all’amministrazione della giustizia che sostegno” afferma Eugenio Albamonte, pubblico ministero a Roma e segretario di Area democratica per la giustizia, il quale sottolinea come la decisione non sia ancora definitiva “perché deve essere vagliata sia dal consiglio giudiziario di Roma che dal Csm”.
Inoltre, né gli avvocati né la Procura sarebbero stati avvisati da Reali, una circostanza che Albamonte definisce “singolare” (eufemismo?) e che “potrebbe portare a una sua modifica”. Su questo fronte, le proteste più esuberanti arrivano direttamente dall’avvocatura.
Il ricorso per la revoca
Come conseguenza, il presidente dell’Ordine della capitale, Antonino Galletti, ha annunciato un ricorso per chiederne la revoca: “Lo faremo alla prima riunione del nostro Consiglio. La decisione certifica una situazione drammatica che denunciamo da tempo e di cui certo non si è presa a coscienza ad agosto. Dubitiamo sull’efficacia: difficile che in sei mesi vengano assunti cento magistrati a Roma. Perché ce ne sono così pochi? L’esame è complicato, le tracce spesso sono improbabili e chi l’azzecca non è detto sia migliore di altri. Le modalità, poi, sono superate, sempre le stesse da tantissimi anni. Bisognerebbe pensare ad altre forme di accesso. Inoltre, i posti messi a concorso sono pochi”.
Provvedimento ”singolare”
Anche il presidente della Camera Penale di Roma, Vincenzo Comi, esprime stupore. “Siamo rimasti esterrefatti da questo provvedimento. Non è stato minimamente condiviso con l’avvocatura e noi non ne sapevamo nulla. In pratica si mette nero su bianco l’incapacità della macchina giudiziaria romana di celebrare i processi nel rispetto del principio della ragionevole durata e questa decisione sembra finalizzata più a una difesa sindacale della magistratura che alla tutela dei diritti dei cittadini”.
Il PNRR non ha risolto la situazione
Giuseppe Meliadò, invece, presidente della Corte d’Appello di Roma, ha dichiarato in merito alla faccenda che “il nostro è un problema nazionale per l’incidenza che ha il tribunale di Roma. I nostri arretrati incidono sui numeri del Paese, dunque non si tratta di una questione locale ma di una questione nazionale che deve essere valutata dal ministero della giustizia e dal Csm con la copertura dei vuoti di organico con rapidità”.
E tutto questo, dunque, nonostante i fondi del Pnrr. La situazione rimane molto delicata anche per altre figure che lavorano nella giustizia. “Il Pnrr è servito ad assumere gli addetti all’ufficio per il processo e sono stati un grande beneficio. Li abbiamo utilizzati per l’assistenza al giudice, ma qui c’è un problema strutturale: queste sono figure a termine. Noi stiamo facendo il massimo in Corte di Appello dove ci sono 50 mila processi penali pendenti e 30 mila processi civili pendenti, un arretrato che stiamo tentando di contenere, ma abbiamo bisogno di nuovi innesti” – ha concluso il presidente della Corte d’Appello.