Eurozona sempre più in crisi e alle prese non soltanto con l’instabilità dei governi (basta pensare a cosa succede in Italia), ma soprattutto con i contraccolpi delle sanzioni imposte alla Russia. La Banca centrale europea è in affanno. A settembre, nel corso della prossima riunione, l’istituto di Francoforte dovrebbe decidere un nuovo aumento dei tassi, anche se al momento si fanno i conti con gli attacchi inferti sia dall’inflazione in crescita che dall’aumento del debito pubblico di molti Paesi dell’Ue, fra cui il nostro.
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Incertezze degli investitori
Forti le incertezze degli investitori, che cercano i rendimenti più solidi o comunque meno rischiosi. Facendo le dovute considerazioni relative al momento storico in atto, a essere predilette sono le emissioni del tesoro italiano. E questo non soltanto per la loro proposta di rendimento, ma anche e soprattutto per il loro grado di affidabilità. Malgrado la fine annunciata del governo, il rating viene ancora classificato come “investment grade”, ossia affidabile. Non si raggiunge, chiaramente, il giudizio assegnato al debito pubblico tedesco, ma resta comunque una condizione accettabile. Quindi via ai Btp italiani, anche grazie alle varie opportunità fornite dal mercato finanziario.
C’è la possibilità, ad esempio, di abbinare le emissioni del tesoro italiano ad altre, così da avere maggiori rendimenti e possedere in portafoglio strumenti con ritorni reddituali inferiori ma con un livello di affidabilità più alto.
La Banca centrale europea, intanto, ha deciso di aumentare il tasso di riferimento di mezzo punto, seguendo l’andamento della Fed degli Stati Uniti, che presto alzerà ancora una volta i tassi (si parla di ulteriori 0,75 punti). Ciò che indurrebbe a creare un portafoglio di titoli in cui arrivino a convivere da un lato emissioni a cedola fissa con differenti scadenze (ad esempio i Btp) e dall’altro strumenti sprovvisti di flusso cedolare prestabilito (come i Cct), bensì strettamente connesso alle evoluzioni dell’Euribor con durata semestrale.
Cosa cambia tra Btp e Cct
La situazione attuale modifica inesorabilmente le strategie da attuare in presenza di Btp e Cct indicizzati all’inflazione. Nel gruppo dei Btp connessi all’inflazione, quelli specificamente legati all’aumento del costo della vita nel nostro Paese, ovvero i Btp Italia, prevedono il rimborso di una parte del caro vita maturato ogni sei mesi. Titoli del medesimo genere, vale a dire quelli collegati con le variazioni del costo della vita nell’Eurozona, tendono invece a rimborsarlo alla loro naturale scadenza.
All’interno di un portafoglio titoli “a medio rischio”, per esempio, potrebbero convivere tre distinte tipologie di strumenti per raggiungere la quota destinata al comparto obbligazionario: sarebbe possibile puntare su Btp Futura e Btp 2032 per il 40%, e su Cct ed emissioni indicizzate al tasso d’inflazione per il 30% ciascuna. Per quanto concerne queste ultime, se proprio si decidesse di osare di più investendo in titoli Usa, sarebbe consigliabile mantenersi entro un valore compreso tra il 5% e il 7,5%, anche per il fatto che il valore del dollaro è attualmente elevato rispetto all’euro. Così agendo, il rendimento lordo del portafoglio si aggirerebbe tra il 3,05% e il 3,25%, quota alla quale andrebbero poi sommati ulteriori 1,5 punti percentuali derivanti dal valore delle cedole relative ai titoli indicizzati all’inflazione.