Com’è che si dice? “No news is good news”, ma la verità è che ultimamente si viaggia più sul “Good news is no a news”, tremendamente cinico ma altrettanto vero, soprattutto nel momento in cui fermandoci anche solo per un istante, possiamo realizzare che le cattive notizie sono quelle che attirano maggiormente la nostra attenzione, portandoci ad acquistare quel giornale, guardare quel programma o cliccare su quel titolo così cruento. Ragionavo su questo fatto proprio qualche giorno fa, mentre mangiavo un cornetto e leggevo come da consuetudine il Secolo XIX prima di entrare in ufficio; un “vizio” che mi ha contagiato mia madre. Sfogliando le pagine, di notizia in notizia, mi sono ritrovata davanti ad un vero e proprio massacro; due omicidi, un suicidio, politica estera problematica, quella italiana, beh, che ve lo dico a fare? Furti, qualche rapina e pure un leone ucciso da un bracconiere infame. Dio! Che sconforto! Viviamo realmente circondati da tutto questo? La risposta è sì, ma fortunatamente non solo.
Il male esiste, purtroppo per noi, dalle origini del mondo, lo stesso però vale per il bene, che non s’è estinto come ormai ci siamo convinti, come vogliono farci credere, ma più semplicemente “non fa notizia”. Dinnanzi a questa constatazione, i primi a porsi delle domande dovremmo essere noi, fruitori delle news, perché siamo proprio noi a generare quest’offerta così, come dire… limitata. Per fortuna però, tra i nuovi media, c’è chi la pensa diversamente, portando avanti una missione ben precisa, quella di dare voce agli accadimenti positivi. La Good News Agency è un’agenzia che dal 2000 lavora con lo scopo di rendere note gratuitamente le buone notizie che arrivano dal mondo del volontariato, dalle Nazioni Unite, dalle organizzazioni non-governative e dalle istituzioni impegnate nel miglioramento della qualità della vita. Facendo un giro su www.goodnewsagency.org – ve lo consiglio senza alcuna riserva – avrete la possibilità di imbattervi in una serie di notizie dal sapore dolce. L’associazione, composta esclusivamente da giornalisti volontari, nel 2001, ha lanciato addirittura un Codice Etico dei Media che sottolinea l’importanza, nonché l’obbligo degli editori, di dar voce ad ogni avvenimento positivo “che possa indicare la risposta dell’umanità ai problemi del suo tempo”. In parole povere? La diffusione esclusiva delle cattive notizie genera sconforto e tristezza, la compensazione con buone notizie porta positività e speranza. Inutile negarlo, al giorno d’oggi la presa di coscienza è fondamentale, sapere è fondamentale, ma non dobbiamo venire a conoscenza solo del povero padre massacrato a bastonate, ma anche dei 50 milioni di dollari donati anonimamente all’University of California di San Francisco a supporto della costruzione di un centro di ricerca e cura salute mentale. Non dobbiamo soffermarci solo nella parola “crisi economica”, ma anche nella consapevolezza che la Fondazione Bill & Melinda Gates, ha da poco rivelato i piani che nei prossimi sei anni li porteranno a spendere 776 milioni di dollari per contrastare la malnutrizione nelle donne e nei bambini – uno dei fattori più importanti nei decessi prima dell’età di 5 anni – raddoppiando così gli impegni esistenti su questo tema. “Piccole cose” o meglio, che consideriamo tali perché non ci riguardano da vicino e perché accadono a migliaia di km da noi, ma che risultano estremamente importanti e inoltre, hanno il potere di donarci quel pizzico di ottimismo che risulta fondamentale per non perdere la speranza nei confronti del genere umano. Esagero? Forse! Ma per me non è poco.
Alessandra Crinzi
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