Sembra davvero non esserci tregua perché la pandemia, nonostante da mesi in Italia si respiri un po’ più di normalità, non si può dire sconfitta. Anzi, i casi positivi ci sono, le varianti continuano a circolare e cresce sempre di più l’allarme per il Long Covid, per quei sintomi che chi è stato positivo si porta dietro nonostante la negativizzazione, nonostante siano passati ‘mesi’ dal primo tampone che ha accertato la malattia. Ma qual è la differenza? E quali sono i ‘campanelli d’allarme’?
Il Long Covid chi colpisce di più?
Stando a uno studio del King’s College di Londra, che è stato pubblicato sulla rivista The Lancet, il Long Covid colpisce di meno le persone contagiate con la variante Omicron, rispetto a quelle che hanno avuto la Delta. Ma, purtroppo, il numero di infezioni è decisamente più alto con Omicron.
Dallo studio degli esperti è emerso che il 4,4% dei casi di Omicron ha problemi legati al Long Covid, mentre nel caso della Delta la percentuale aumenta al 10,8%. Eppure, il numero assoluto delle persone colpite dal Long Covid è più alto per Omicron perché si tratta di una variante sicuramente più diffusa e contagiosa: una persona su 23 si ammala e si trascina i sintomi per quattro settimane.
Quali sono i sintomi?
Tra i sintomi del Long Covid ci sono:
- dolori e spossatezza
- problemi che riguardano polmoni, bronchi
- problemi al sistema nervoso, ai reni e all’intestino
Nel report italiano di Alberto Mantovani, però, si parla anche di microtrombi, che possono impedire la vascolarizzazione di organi come il cuore e il cervello. E questo è preoccupante, soprattutto nei più piccoli, nei bambini, che sembrerebbero essere i soggetti più a rischio.
Cosa ha detto Alberto Mantovani
Sul Long Covid ha preso parola anche Alberto Mantovani, il direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Milano, che al Corriere della Sera ha raccontato di essere il primo firmatario di un report su questo tema, su cui sta crescendo sempre più l’attenzione, elaborato dall’Accademia Nazionale dei Lincei. Le conclusioni a cui è arrivato, in effetti, sono uguali a quelle del King’s College.
Nel nostro report, infatti, si fa riferimento a uno studio tedesco: qui il 20% delle persone tra 18 e 15 anni ha avuto una moderata compromissione del proprio stato di salute anche a distanza dal primo giorno di positività. Ma quali sono le cause? Per Mantovani molto è da collegare alla ‘possibilità di persistenza silente del virus nell’intestino o nel sistema nervoso’. Gli studi, in ogni caso, sono ancora in corso e gli esperti continuano a lavorare per fare chiarezza.