Dopo l’incendio devastante che ha coinvolto l’impianto di Malagrotta, a distanza di giorni si continua a fare la conta dei danni. E delle conseguenze. Sia per l‘aria irrespirabile e quella cappa su Roma (e non solo), sia per l’emergenza rifiuti, in una situazione che nella Capitale è già di per sé drammatica, con le fiamme che hanno dato un duro colpo alla smaltimento dei rifiuti, che ora vanno ridistribuiti.
Dove finiranno i rifiuti di Roma dopo l’incendio di Malagrotta
Una soluzione percorribile, almeno nell’immediato, è stata trovata con il vertice in prefettura. L’immondizia verrà ridistribuita in parte alla Rida di Aprilia che, come ha spiegato il Sindaco Gualtieri, “ha già dato disponibilità positive per quantità importanti di rifiuti da trattare“. Per lo stoccaggio, invece, le alternative sono due: l’area di Ponte Malnome e quella di viale dei Romagnoli, ad Acilia. Perché l’obiettivo resta uno: far rientrare il pericolo, aspettare le analisi complete dell’Arpa sulla qualità dell’aria e poi mettere un freno all’emergenza. Tra rifiuti e allarme diossina.
Rifiuti in viale dei Romagnoli ad Acilia
Dopo l’incendio di Malagrotta, parte dei rifiuti urbani indifferenziati verranno trasferiti in due stabilimenti Ama, quello di Ponte Malnone e quello di viale dei Romagnoli, ad Acilia. Nel primo caso arriverà un quantitativo giornaliero di ulteriori 400 ton/g, nel secondo un massimo di 150 ton/g.
“Il X Municipio, in accordo con il Sindaco, incrementerà la capacità dell’impianto di Acilia, nei limiti operativi consentiti. Questa mattina, anche nel X Municipio, si sono percepiti forti odori di bruciato a causa delle correnti dell’aria che stanno disperdendo le particelle di risulta della combustione della scorsa notte e al momento la situazione nel sito di Malagrotta è sotto controllo. Sono comunque attenzionate tutte le centraline dell’Arpa per il monitoraggio della qualità dell’aria nell’intera città. Il Sindaco, in qualità di Commissario straordinario di governo, ha emesso una nuova ordinanza per la quale il X Municipio è stato interessato, insieme a quello di Ponte Malnome, per trasferire i rifiuti della raccolta urbana indifferenziata di Roma Capitale con un incremento consentito di una capacità massima di 150 tonnellate giornaliere. Quest’intervento, non superiore a 60 giorni, sarà limitato al tempo strettamente necessario all’individuazione delle soluzioni più opportune da mettere in atto. Abbiamo richiesto congiuntamente all’Ama di monitorare i regolamenti di flussi d’accesso all’impianto di Via dei Romagnoli per far sì che non subiscano uno stravolgimento in seguito all’incremento della raccolta urbana dei rifiuti di Roma Capitale” spiegano in una nota Presidente del X Municipio Mario Falconi e l’Assessore all’Ambiente Valentina Prodon.
Gli stessi che dichiarano di essere “consapevoli delle difficoltà e di aver avviato un coordinamento con i vertici locali di Ama per un monitoraggio costante, per valutare le eventuali azioni da mettere in atto per la tutela dell’ambiente, il territorio e i cittadini, dando il nostro miglior contributo per gestire al meglio e nel minor tempo possibile questa situazione”.
Il dissenso delle associazioni di Aprilia
Sono contrari, ma non certo sorpresi gli esponenti di alcune associazioni di Aprilia (Aprilia Libera, La città degli Alberi e Cittadini Pentastellati Grillini Apriliani): “Apprendiamo, senza grandi sorprese, che a seguito del rogo sviluppatosi nel TMB di Malagrotta e che ha colpito parte dell’ex discarica, il sindaco Gualtieri uscendo dalla riunione operativa sull’incendio in Prefettura, avrebbe comunicato che Rida Ambiente avrebbe già dato disponibilità positive per quantità importanti di rifiuti da trattare. Questo vorrà dire, per i residenti del quartiere Sacida, vedere aumentati esponenzialmente i disagi e i rischi conseguenti all’arrivo di nuovi quantitativi di rifiuti da Roma (dopo che per 10 giorni Rida si era resa indisponibile ad accoglierli) e, per l’intera città vedere oramai consolidata l’idea che Aprilia sia a pieno titolo la CAPITALE dei rifiuti. Con i conseguenti possibili danni alla nostra salute, all’aria che ci respireremo, al valore e all’integrità del territorio”.
E le associazioni continuano a gridare perché, secondo loro, “nel Lazio non servono inceneritori e discariche, ma una politica di riduzione degli sprechi, degli imballaggi, dei consumi, degli scarti. Servono impianti di recupero materia, di rigenerazione, di riutilizzo, di compostaggio di comunità, di piccoli digestori aerobici”. C’è chi, continua a ribellarsi, ad affidarsi al Sindaco e alle Amministrazioni affinché si faccia qualcosa.
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