Non riusciva ad accettare la fine della storia d’amore. Anzi, quello per lui era diventato quasi un ‘modo’ per perseguitare l’ex fidanzata: prima giocava sulla ‘pietas’, le diceva di aver tentato più volte di togliersi la vita, poi la tartassava con continue chiamate e messaggi. Come se lei non avesse il diritto di continuare a vivere senza di lui. Che da compagno è diventato il suo peggior incubo, per ben 2 anni. Due anni di inferno che M.M, originario di Firenze, ha fatto vivere a quella che prima era la sua fidanzata e a quello che è poi diventato l’attuale compagno di lei, anche lui oggetto di minacce nel tempo.
I messaggi e le continue minacce all’ex fidanzata
“Devi morire, passare il resto dei tuoi giorni sola come un cane o in un letto d’ospedale tra sangue e dolori”. Questo era, come riporta il Messaggero, il tono dei messaggi. Sms messi nero su bianco che alla donna, come ha scritto il giudice nel capo d’imputazione, hanno provocato “un perdurante e grave stato di ansia e di paura”. Perché lui proprio non riusciva a rassegnarsi, come a dire: ‘Mi hai lasciato? Devi stare sola, non meriti amore o amici’.
Telefonate, messaggi continui perché anche se lui, 43enne, viveva lontano da Roma, un modo per raggiungere la fidanzata l’ha sempre trovato, a partire dai contatti falsi creati su Facebook. Lì dove continuava a contattarla, a dire che lei l’aveva tradito, ossessionato da una gelosia morbosa, quasi con sete di vendetta: “Vengo a Roma io con le mie sorelle, verremo sotto casa tua per vendicarci”.
La richiesta di aiuto
La ragazza, che già, come se non bastasse, era stata offesa dal padre dell’uomo per il suo peso, ha deciso di mettere la parola fine a quelle continue violenze e di rivolgersi alle forze dell’ordine. Soprattutto dopo quel messaggio inquietante che ha ricevuto il 2 agosto dello scorso anno sul cellulare: “Farai i conti anche te con Dio e credo che là sotto ci faremo compagnia”. Un messaggio che ha lasciato la giovane in un profondo stato di ansia “per un fondato timore per la sua incolumità”.
Il processo per stalking
L’uomo, che attualmente è sottoposto alla misura del divieto di avvicinamento, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di stalking. E con l’aggravante di essere stato legato sentimentalmente alla vittima e di avere commesso il fatto attraverso strumenti telematici. In un modo ‘subdolo’, con una violenza psicologica che ha fatto vivere la donna in ansia. Con la paura di poter essere l’ennesima vittima di un uomo, di una relazione tossica, che non sapeva certo di amore.