Atteggiamenti prevaricatori e vessatori, sarcasmo fuori luogo. Lezioni che, invece di essere momenti di accrescimento culturale, diventano un incubo per molti alunni. Succede a Pomezia, all’IIS Largo Brodolini. Parliamo di una scuola che vanta attestati di formazione del personale con AID, associazione italiana dislessia, e che dovrebbe quindi essere l’eccellenza per gli studenti che soffrono di questa patologia. Qui, tra tanti insegnanti di ottimo livello, che sono riusciti a instaurare un buon rapporto con i loro alunni e a trasmettere la passione per la loro materia, c’è un docente di una materia specialistica – che i ragazzi iniziano a imparare a partire dal terzo anno – che è diventato il terrore di studenti e genitori.
Qualcuno ride dei suoi atteggiamenti, pensando che appoggiandoli la media dei voti si possa alzare in automatico. E magari la tecnica funziona. Ma chi non tollera di essere denigrato, deriso o preso a parolacce si trova davanti un muro. Con il risultato che anche i voti fanno fatica a decollare. Ma ecco, raccontata dai genitori, che si sono già rivolti più volte sia al dirigente che al Ministero – senza mai aver ricevuto risposta – l’allucinante storia che stanno vivendo questi alunni, alcuni dei quali con PDP, ovvero con Piano Didattico Personalizzato, e quindi protocolli speciali, in quanto con bisogni educativi speciali dovuti a vari problemi di salute.
La testimonianza dei genitori
«Questo professore è solito apostrofare i ragazzi con l’epiteto “cogl***e”. Una delle frasi con cui per esempio chiama i ragazzi alle interrogazioni è: “Dove sta quel cogl***e, che oggi lo voglio interrogare, così gli metto quattro?’. Di certo non è questo il modo adatto», spiegano i genitori.
Ma il termine, seppur inadatto specialmente in un’aula scolastica, sembrerebbe essere caro al prof. Per lui infatti sarebbero molti gli studenti a essere “cogl***i”. E nel mirino ci finirebbero, a turno, diversi alunni, anche in modo sgarbato, secondo quanto riportato dai genitori. Come un ragazzo che, oltretutto, soffre di una patologia che lo costringe ad avere un tutor di supporto.
«Un giorno – raccontano ancora i genitori – davanti a tutti ha detto di volerlo prendere in giro, usando una terminologia più volgare, perché aveva preso 4 a una verifica. Ma il diritto alla privacy che fine ha fatto? Perché umiliare così quel povero ragazzo?». E non sarebbe il solo insulto. Gli studenti hanno riferito ai genitori episodi ben più gravi.
«Voi per me siete un dito al… », avrebbe detto in classe contro alcuni alunni con il Pdp. E ancora: «Avete preso 5 alla verifica? Vi è andata di c…o». I genitori raccontano di aver provato a parlare con il professore. E di aver ricevuto un due di picche come risposta. «Se non vi bene il metodo in cui insegno – avrebbe risposto il docente – quella è la porta».
La mascherina
Gli atteggiamenti provocatori del professore sarebbero continui. A partire dal fatto che in classe non indosserebbe la mascherina. «Non l’ha mai portata, neanche nel periodo delle restrizioni più severe. Dice di essere immune al Covid. Ma in classe la mascherina è obbligatoria, perché lui non rispetta le regole? Che tipo di insegnamenti dà ai nostri figli? E non solo: si attacca con loro. Quando ci discute, affronta faccia a faccia i ragazzi e questo mette a repentaglio la loro sicurezza sanitaria, visto che non porta la mascherina. E, a proposito di sicurezza, è anche capitato che lanciasse bottigliette piene addosso ai ragazzi. Che si trattasse di uno “scherzo” di pessimo gusto o che facesse sul serio non lo sappiamo, ma di certo non sono cose che si fanno. Se lo avesse fatto uno studente verso un professore sarebbe stato sospeso. Come mai non è successo nulla, visto che le parti erano invertite?».
Le conseguenze su ragazzi
E che ci siano “contenziosi” tra il docente e gli alunni di alcune classi è cosa nota in tutta la scuola, perché le urla sono talmente forti da far accorrere in corridoio assistenti scolastici e professori.
«Però nessuno interviene – lamentano i genitori – ed è un peccato. Quella è una scuola d’eccellenza, voluta dal compianto dottor Cavazza, fondatore della Sigma Tau, ora Alfa Sigma. Molti alunni la frequentano con la speranza di andare a lavorare lì. Ma da quando è arrivato questo professore l’atmosfera si è guastata. I nostri ragazzi non vanno più volentieri, almeno alle sue lezioni. «Si innervosiscono, perché a nessuno piace essere insultati. Senza contare che c’è un grave problema di fondo: lui non spiega, o quantomeno non si fa capire dai ragazzi. Spesso hanno delle verifiche dove alcuni degli argomenti non sono stati trattati».
Potete dimostrarlo?
«Per tutto quello che stiamo raccontando abbiamo fatto Pec al Ministero e alla Provincia, oltre che al dirigente scolastico, che quindi sa tutto, sia perché la situazione la vive quotidianamente, sia perché gli viene riportata dai genitori. Riguardo le verifiche su argomenti non spiegati abbiamo interessato i rappresentati di classe. «Vorremmo inoltre capire per quale motivo non comunica tempestivamente i voti, che vengono inseriti nel registro elettronico anche con oltre un mese di ritardo. In questo modo, se c’è un’insufficienza, lo studente non ha il tempo di recuperare».
Il professore, sempre secondo quanto riportato dai genitori, non avrebbe neanche riconosciuto il protocollo dei ragazzi con bisogni speciali.
«Ci ha detto di non averli firmati, quindi lui non li conosce e non li applica. Se questi ragazzi hanno diritto a verifiche programmate o all’aiuto di un tutor non è certo perché “ci provano”, ma perché hanno delle difficoltà oggettive e non è prendendoli in giro che possono essere aiutati. Anzi, in questo modo possono solo regredire».
Riguardo i ragazzi con Pdp, anche un tutor avrebbe provato a parlare con l’insegnante.
«Ha provato a spiegargli che gli studenti con pdp hanno delle verifiche scadenziate diversamente, un protocollo speciale da seguire, ma lui niente. Ha risposto che non ha firmato il protocollo, perché il suo metodo di lavoro è questo. Quindi non conosce neanche quali siano i bisogni di questi ragazzi. Quando il tutor ha insistito, ha iniziato a urlare, invitandolo fuori. In corridoio, attirato dalle urla, c’era anche il preside. Ebbene il tutor gli ha detto di ripetere quello che aveva affermato e lui ha ripetuto che non ha firmato il PDP, che non lo conosce e non lo applica perché il suo metodo di lavoro è questo, quindi non conosce neanche quali siano i bisogni di questi ragazzi davanti al dirigente scolastico».
I genitori raccontano poi un altro aspetto. «Questo insegnante, se decide di prendere di mira qualcuno, non gli dà scampo. È condannato. Anche se l’alunno va bene in tutte le materie, sicuramente avrà il debito nella sua. E magari delle note sul registro. Infatti, vogliamo anche fare un accesso agli atti per controllare le verifiche dei nostri figli – annunciano – perché ci sono delle verifiche che non ci convincono. È difatti capitato che in alcuni compiti identici ci fosse chi avesse preso 4 e chi 8. Pretendiamo quindi delle risposte esaustive a questo». Il professore viene accusato di mancanza di empatia. «È riuscito a prendere in giro e deridere alunni che avevano da pochissimo subito dei gravi lutti in famiglia, semplicemente perché piangevano. Ma che umanità è questa?», dichiarano i genitori. I ragazzi, raccontano ancora le famiglie, somatizzano.
Vomito, nervosismo, stato di agitazione costante
C’è chi viene colpito da gastrite e passa serate intere a rigettare quello che mangia. Chi si innervosisce e litiga con gli amici, perché in classe non può reagire e si sfoga con le persone care. E chi ha crisi di nervi e scoppia in un pianto a dirotto per sfogare lo stress accumulato nelle ore passate a tu per tu con una persona che, invece di aiutare a far diventare ogni ragazzo un uomo adulto consapevole e nella versione migliore possibile di sé stesso, sembrerebbe voler far di tutto per volerlo sovrastare dall’alto del suo posto di potere.
«Si agitano perché, nonostante lo studio, con questo professore non riescono mai ad arrivare al risultato sperato. Se nelle altre materie i voti sono buoni, con lui crollano. Questi sono ragazzi di età compresa tra i 16 e i 19 anni. Le classi coinvolte, infatti, sono terze, quarte e quinte. Ci sono alunni che possono avere problemi di apprendimento, ma anche altri che potrebbero avere problemi a casa, genitori con difficoltà economiche oppure familiari, separazioni, perdite di lavoro. I contesti difficili sono molti. Perché rendere complicata anche la scuola, quando potrebbe e dovrebbe essere un momento di crescita, invece che di continuo contrasto?».
Ma in tutto questo, il dirigente, cosa fa?
«Finora nulla. Alle nostre richieste fatte via pec non ha risposto. E non ha risposto nemmeno alle diffide di prendere provvedimenti contro il professore fatte da un legale. Non siamo stati convocati e l’atteggiamento dell’insegnante non è cambiato. Ed è un vero peccato, perché il comportamento di questo professore sta minando il buon nome dell’istituto. La scuola, luogo di crescita, motivazione e costruzione di sé, purtroppo non è sempre il posto che ci si aspetta».
La replica del Dirigente Scolastico
Sulla questione abbiamo ovviamente voluto ascoltare la versione del dirigente scolastico, il professor Francesco Cornacchia, che dal 1° settembre 2014 è alla guida dell’attività educativa e didattica dell’Istituto Largo Brodolini. La premessa fatta è stata di aver ricevuto numerose segnalazioni in merito ai metodi di insegnamento e soprattutto comportamentali da parte di un docente nei confronti degli alunni.
«Questo lo dicono i genitori», ha risposto il dirigente.
Lei è informato della situazione, dal momento che le famiglie le hanno inviato nel tempo diverse PECin cui le illustrano quanto accade in classe?
«Il fatto che i genitori inviino delle pec, non significa che quello che c’è scritto è. È il punto di vista dei genitori».
Mi scusi, professore, ma le urla le sentono tutti, quindi evidentemente qualcosa succede.
«Quello che succede lo trattiamo come va trattato».
Quindi è stato fatto qualcosa per tutelare i ragazzi?
«Certo».
Cosa?
«Quello che è necessario fare».
Nessuna spiegazione, però, arriva su “cosa” sia stato effettivamente fatto. E nessuna spiegazione valida neanche alle mancate risposte alle pec inviate dai genitori.
«I genitori hanno chiesto di risolvere un problema. E il problema si può risolvere in tanti modi».
Quando e come, visto che ormai siamo alla fine dell’anno scolastico e per i ragazzi non è cambiato nulla?
«Questo, lo ripeto, è sempre secondo il sentire dei genitori».
Lo sa che ci sono ragazzi che stanno somatizzando questa situazione e che tornando a casa vomitano per lo stress? Anche questo è un punto di vista dei genitori?
«Che tornino a casa e vomitino non me lo ha detto nessuno».
Anche su questo, adesso, i genitori invieranno altre pec. Speriamo che sia la volta buona per avere delle risposte.