Non avevano scrupoli ad usare ogni tipo di violenza, persino contro i propri familiari. e per farlo avevano addirittura allestito una stanza degli orrori, con le pareti insonorizzate per non far sentire le urla di dolore. Qualsiasi cosa, pur di conquistarsi la piazza di spaccio. Dalla tortura al tentato omicidio, passando alle lesioni. Le indagini del Comando Provinciale dei Carabinieri, coordinate dalla DDA di Roma, hanno scoperto anche una faida familiare. Con un pregiudicato, Daniele Carlomosti, che solo per caso non ha ucciso suo fratello Simone.
E all’alba di oggi, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma, i militari hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP del Tribunale di Roma, nei confronti di 14 persone. Tutti sono gravemente indiziati a vario titolo di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, cessione e detenzione ai fini di spaccio, tentato omicidio, lesioni, tortura, sequestro di persona, estorsione e incendio, nonché detenzione illegale e commercio di armi da sparo. 6 di loro sono finiti in carcere, mentre 8 agli arresti domiciliari.
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La base nel quartiere La Rustica
Gli arresti si basano sulle risultanze acquisite nel periodo 2018-2019 dal Nucleo Investigativo di via in Selci. I militari hanno raccolto elementi gravemente indiziari in merito all’esistenza di una strutturata e pericolosa organizzazione criminale, dedita al traffico di consistenti quantitativi di sostanze stupefacenti del tipo hashish, attiva nel quartiere “La Rustica”.
La faida tra fratelli: dagli incendi al tentato omicidio
L’indagine sono iniziate dopo la gambizzazione di un uomo, avvenuta il 17 novembre 2017. L’uomo fu ferito da più colpi d’arma da fuoco mentre si trovava in un complesso residenziale a La Rustica. Le meticolose indagini, coordinate dalla DDA capitolina, hanno consentito di risalire all’autore dell’aggressione. Si trattava del pregiudicato Daniele Carlomosti. I militari hanno collegato il fatto agli attriti che erano sorti tra lui e il fratello Simone per la gestione delle attività illecite.
La “faida” era sfociata in atti intimidatori, come gambizzazioni, incendi, esplosione colpi d’arma da fuoco contro appartamenti e veicoli. Alla fine il tentato omicidio di Simone. Daniele gli ha sparto contro, dal balcone della sua abitazione, più colpi d’arma da fuoco con una pistola calibro 7,65. Ma non è riuscito nell’intento di ucciderlo solo per un caso fortuito.
La base in casa
Le indagini hanno consentito di appurare la posizione centrale di Daniele Carlomosti all’interno dell’organizzazione criminale. Usava violenti atti intimidatori per conquistare l’egemonia nello specifico settore illecito. Era inoltre lui ad avere le funzioni di raccordo tra i fornitori del narcotico e gli acquirenti, che poi dovevano a loro volta commercializzarlo nell’hinterland romano. Daniele coordinava le attività illecite direttamente da casa, a La Rustica.
La stanza degli orrori
Nel dettaglio, le indagini effettuate attraverso intercettazioni e servizi di pedinamento hanno permesso di documentare:
• le fasi dell’imminente acquisto di 1.000 kg di hashish dal Marocco da trasportare prima in Spagna e poi in Italia mediante un gommone, pianificazione che non si concretizzava a causa dell’intervento della Polizia marocchina che riusciva ad intercettare il carico al largo delle coste africane;
• il sequestro di persona a scopo estorsivo e le torture subite da un soggetto moroso per un debito di 64.000 euro riconducibile ad una partita di stupefacenti non pagata; nello specifico il gruppo malavitoso aveva portato la vittima all’interno di un appartamento rivestito con teli in plastica al fine di non lasciare tracce di sangue, legandola, spogliandola e costringendola a subire minacce di morte e gravi violenze fisiche per circa sei ore;
• ulteriori condotte estorsive poste in essere nei confronti di acquirenti, questi ultimi accusati di non aver rispettato i pagamenti secondo le modalità pattuite; in particolare, nel mese di dicembre 2018, si verificava il pestaggio di un debitore che veniva costretto a consegnare due orologi di pregio, nonché a trasferire la titolarità di un veicolo di valore al fine di estinguere il debito.
In seno al sodalizio ricoprivano importanti ruoli anche alcune figure femminili, ovvero la zia e la moglie del promotore Daniele Carlomosti; quest’ultima si occupava principalmente di gestire problematiche logistiche quali ad esempio la custodia delle chiavi dei locali dove venivano stoccati gli ingenti quantitativi di droga prima di essere smistati.
A conferma della caratura criminale del Carlomosti, dal contenuto dell’ordinanza di custodia cautelare “Mondo di Mezzo”, emergeva il rapporto esistente proprio tra il predetto e il noto Massimo Carminati. Quest’ultimo, in una circostanza, riferendosi al sodalizio gestito dal Carlomosti, riferiva ad un interlocutore la frase: “quelli so’ brutti forti compà”.
Nel corso delle investigazioni svolte dai Carabinieri si è proceduto all’arresto in flagranza di reato di 7 persone per spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti, con il conseguente sequestro di complessivi kg. 11,400 di hashish.