È scattata questa mattina all’alba la maxioperazione “Santa Fe” che ha stroncato un’organizzazione criminale dedita al narcotraffico internazionale. Quattro tonnellate di cocaina sotto sequestro. 34 arresti in Italia e 4 in Spagna eseguiti dal Gico della Guardia di finanza di Catanzaro. Tra gli arrestati anche un uomo di 37 anni di Aprilia. Secondo la finanza l’organizzazione si avvaleva di numerosi contatti con gli operatori portuali riuscendo a pianficare il recupero dello stupefacente occultato all’interno di containers trasportati sulle navi cargo in arrivo in vari porti italiani. Le indagini dello Scico di Roma e del Gico di Catanzaro hanno portato a sequestrare anche un patrimonio, tra Lazio e Calabria, di circa 40 immobili, alcuni dei quali localizzati ad Ostia, per un valore di 5 milioni di euro.
In base a quanto ricostruito dagli investigatori lo stupefacente che, come dicevamo proveniva dalla Colombia, veniva trasportato verso la Spagna con delle barche a vela. L’estate dell’anno scorso, tra il 25 e il 26 agosto, delle unità navali spagnole abbordarono una delle imbarcazioni ed a bordo vi trovarono oltre 800 chili di cocaina, mentre altri 725 kg erano in viaggio su un veliero abbordato al largo delle Canarie. Durante le indagini condotte dalla Dea statunitense sarebbe stato inoltre identificato uno dei narcotrafficanti che riforniva le cosche calabresi: si tratterebbe di un esponente di rilievo delle Farc, un’organizzazione paramilitare.
“Ritengo che quella di oggi sia una pessima giornata per le cosche”. Lo ha detto il procuratore capo della DDA di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, commentando i risultati dell’operazione “Santa Fe'”. “Riuscire a effettuare un’operazione come questa – ha aggiunto Cafiero De Raho – di grande respiro nel contrasto al traffico internazionale di stupefacenti, per le cosche ha significato innanzitutto un danno economico enorme. Nell’ambito dell’operazione circa 4 mila chilogrammi di cocaina sono stati sequestrati, per una perdita che è stata stimata in circa un miliardo di euro. Ma in più – ha aggiunto il procuratore – ci sono stati 34 arresti nell’ambito dell’organizzazione focalizzata dalle nostre indagini, altri 4 della Guardia Civil Spagnola, e altri arresti sono stati eseguiti in altre nazioni del mondo, sia in Sudamerica che in Europa”.
Sotto la guida della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, si sarebbero evidenziati contatti, alleanze e collaborazioni tra gruppi criminali della locride (la cosca Aquino/Coluccio di Marina di Gioiosa Jonica) e gruppi criminali dell’area tirrenica (cosche Alvaro di Sinopoli e Pesce di Rosarno). L’organizzazione, secondo gli inquirenti, avrebbe avuto come principali promotori Francesco Di Marte, Antonio Femia, Nicodemo Fuda ed i fratelli Vincenzo e Giuseppe Alvaro, “punti di riferimento – sostengono gli investigatori – e capisaldi storici del narcotraffico internazionale nella piana di Gioia Tauro, nella Locride e nel versante tirrenico aspromontano”.
“I fratelli Alvaro – proseguono gli inquirenti – grazie a numerosi contatti con operatori portuali al soldo del sodalizio” sarebbero stati in grado di pianificare il recupero dello stupefacente nascosto all’interno di containers trasportati sulle navi cargo in arrivo in vari porti italiani.
L’operazione italiana, per la specificità dell’organizzazione indagata, si è inserita nella più ampia attività di livello mondiale condotta dalla Dea americana, meglio nota come operazione “Angry Pirate”, svolta contestualmente in diversi paesi, ed avente come denominatore comune gli stessi presunti fornitori e, in alcuni casi, anche gli stessi clienti indagati nel procedimento “Santa Fè”.
L’attività sinergica tra i finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Catanzaro e la Dea, in collaborazione con la Cbp statunitense espletata nell’ambito di una specifica attività rogatoriale tra le due autorità giudiziarie, ha consentito di porre in essere, insieme alle forze di polizia nazionali, una proficua azione di contrasto in varie parti del mondo, tra cui Brasile, Argentina, Repubblica Dominicana, Colombia, Spagna e Montenegro, dove sarebbero stati radicati o i principali esponenti dell’organizzazione calabrese o ulteriori soggetti ad essi collegati. Le indagini della Dea in Sudamerica hanno portato all’identificazione di numerose fonti di approvvigionamento di cocaina garantiti dai comandanti delle forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) che coltivano, producono e distribuiscono lo stupefacente in tutto il mondo.
In territorio spagnolo notevole è stato il risultato conseguito il giorno di capodanno al largo delle isole canarie, in occasione dell’abbordaggio del veliero che trasportava 725 kg di cocaina destinati, in parte, alle consorterie calabresi (tale attività ha visto la partecipazione anche di personale della sezione Goa del Gico di Catanzaro). In argentina, durante i preparativi inerenti la spedizione di un grosso carico di cocaina, si sarebbero accertati contatti della cosca Alvaro di Sinopoli con esponenti della malavita serbo-montenegrina.
Gli spiccati profili internazionali dell’operazione sono stati possibili grazie al contributo del Comando generale della Guardia di finanza e della Direzione centrale per i servizi antidroga (Dcsa). Le indagini, nel loro complesso, hanno permesso di individuare i canali di rifornimento e di importazione dello stupefacente, così da consentire l’intercettazione di numerosi carichi di cocaina diretti in vari porti italiani ed europei, tra cui principalmente quello di Gioia Tauro dove fondamentale è stata la collaborazione fornita dalle fiamme gialle che vi operano.
L’intera operazione ha così permesso di infliggere all’organizzazione rilevanti perdite economiche, sia sotto il profilo dei capitali investiti che, soprattutto, dei mancati guadagni; la droga complessivamente sequestrata, infatti, una volta lavorata ed immessa in commercio avrebbe fruttato all’organizzazione circa un miliardo di euro. Colpito anche un ingente patrimonio accumulato dai principali arrestati, costituito da beni immobili, ditte individuali, quote societarie ed autovetture anche di grossa cilindrata. Le complicate indagini patrimoniali svolte dallo Scico di Roma e dal Gico di Catanzaro, infatti, individuerebbero in capo agli indagati di oggi ed ai loro familiari, tra il Lazio e la Calabria, circa 40 immobili (terreni e fabbricati tra i quali spicca una lussuosa villa ad Ostia Antica) oltre a numerose ditte individuali operanti in diversificati settori dell’edilizia e quote societarie.
Dalle indagini è emerso che cosche diverse, storicamente operanti sul versante tirrenico e su quello jonico, facevano affari insieme per importare la cocaina dal Sud America. “Le indagini sviluppate negli ultimi anni – ha spiegato il procuratore Cafiero De Raho – hanno evidenziato che esiste un organismo di vertice centrale delle cosche di ‘ndrangheta nel Reggino, un organismo di vertice che consente non solo di mantenere una disciplina, ma anche una collaborazione”.
“In diverse indagini – spiega il procuratore – si nota la confluenza nell’ambito della stessa attività criminale di traffico di stupefacente, di cosche della tirrenica, come in questo caso la cosca Alvaro e la cosca Pesce, e della jonica, come la cosca Aquino e Coluccio. Quando queste cosche così significative e radicate sul territorio da oltre un trentennio si alleano per portare avanti una stessa operazione, credo che sia questa la dimostrazione più evidente che la ‘ndrangheta non è polverizzata in tante cosche ciascuna sovrana nel proprio territorio, ma è piuttosto una grande organizzazione che si muove per fare affari insieme”.
La risposta della Procura non si è fatta attendere. “Per quanto riguarda il traffico di sostanze stupefacenti – ha chiarito Cafiero De Raho – c’è stata una sorta di concentrazione delle indagini, indipendentemente dal versante in cui il fatto si verifica, sostanzialmente l’indagine viene concentrata nell’ambito di un unico titolare, il tutto sovraordinato dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri, che avendo più esperienza in questa maniera è certamente quello in grado di collaborare con il procuratore, che resta il titolare di tutta l’attività della DDA, ma riesce in questo modo – ha concluso il procuratore – ad avere una maggiore attenzione per il fenomeno del traffico internazionale di stupefacenti”.
Massimiliano Gobbi