Covid 19, l’odissea dei pazienti fragili. C’è ancora molta confusione sull’argomento Covid tra la popolazione e non è mistero che ad alimentarla contribuiscano le opinioni ‘da bar’ che circolano sui social. In un’epoca in cui ognuno è libero di dire la sua anche sulla scienza e di farlo senza essere specializzato, per di più su un social, l’essenziale non circola. Ciò che non arriva in alcun modo di certo sono le esigue informazioni sanitarie vitali per chi è più esposto alla minaccia del virus.
Anticorpi monoclonali, difficile l’accesso
Durante le festività, poi, contrarre il Covid 19 per i pazienti fragili si rivela essere ancor più temibile. Omicron 2, come già previsto, ha innalzato il numero di contagi notevolmente e non tutti hanno avuto la possibilità di attendere a casa la negativizzazione. Per chi contrae il virus avendo una condizione di comorbilità in presenza di patologie croniche o pregresse, in età avanzata o assume farmaci debilitanti, districarsi nell’emergenza in un Paese talvolta quasi fermo per Pasqua e Pasquetta fa paura.
Pazienti fragili, a rischio, immunodepressi e anziani sono spesso lasciati soli nel caos della disorganizzazione sanitaria per quanto riguarda l’accesso alla somministrazione di anticorpi monoclonali. In periodo festivo ancora di più. In assenza di istruzioni dai medici di base– spesso non pienamente informati a riguardo – i pazienti contagiati hanno dovuto arrangiarsi da soli. Prima di arrivare a comprendere autonomamente l’esatta procedura per riuscire ad entrare nelle liste regionali di smistamento per la somministrazione degli anticorpi monoclonali presso le varie strutture disponibili, hanno vissuto momenti poco piacevoli.
Covid 19 e pazienti fragili, il contatto telefonico per il Lazio
Il numero unico della Regione Lazio 800118800 da contattare in caso di necessità presente sui motori di ricerca è oscuro ai più. Al telefono poi è necessario spiegarsi con chiarezza per trasmettere le proprie generalità e patologie, la sintomatologia e la propria Asl di appartenenza.
A seconda di quest’ultima la Regione assegna una struttura sanitaria che viene allertata e nei giorni seguenti contatta il paziente per effettuare l’infusione del prezioso anticorpo salvavita. ‘Con Pasqua di mezzo, però’, ci dice una Dottoressa dell’ambulatorio monoclonali del Columbus di Roma, ‘io ero sola e non è stato in mio potere riuscire a contattare tutti tempestivamente. Col risultato che alcuni pazienti hanno ricevuto la telefonata 4 giorni dopo il contagio, col pericolo dell’insorgenza dei sintomi. Dicono che i fondi per assumere altro personale non ci sono, io faccio quello che posso’.
Altri pazienti fragili hanno trovato medici di base totalmente impreparati all’emergenza di dover prescrivere anticorpi monoclonali a soggetti a rischio, che quindi non hanno inoltrato alcuna richiesta alle strutture preposte. I pazienti si sono visti rifiutare l’aiuto da varie strutture romane che riferivano di aver bisogno della prescrizione del medico di base, o che comunque ‘senza lista erano impossibilitate ad accogliere’.
Spallanzani, l’eccellenza mondiale
In questa penosa disorganizzazione sanitaria, l’eccellenza romana del Reparto Monoclonali dell’Ospedale Lazzaro Spallanzani costituisce una punta di diamante. Chi, preso dalla disperazione prospettava una attesa febbricitante del termine delle festività pasquali si è trovato costretto a rivolgersi autonomamente all’unità operativa del nosocomio capitolino dove è stato preso in carico tempestivamente.
In quella oasi di professionalità i pazienti positivi vengono visitati e, valutata l’eleggibilità per l’eventuale somministrazione di monoclonali, sottoposti ad infusione. Nell’arco di pochi giorni negativizzano dal virus senza incorrere in seri problemi di salute.
Lacune sanitarie, ancora dopo due anni di pandemia
Manca l’informazione, quindi, dei medici di base che indirizzino i pazienti a rischio alle strutture preposte alla somministrazione di monoclonali e retrovirali, per tutelarli.
Esistono d’altro canto la lentezza delle strutture ospedaliere nel contattare questi pazienti in seguito alla segnalazione, quando c’è, e le mele marce tra medici che raccolgono implorazioni disperate di pazienti impauriti, ma preferiscono lavarsene le mani dicendo di attendere perché sa, ‘Lei mi chiama a Pasqua….’.
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