Quattro storie. Quattro testimonianze di amarezza e sdegno, quattro esperienze di cittadini invalidi di Ardea ai quali sono state richieste cifre esorbitanti per poter continuare ad usufruire dell’assistenza domiciliare di cui necessitano.
L’assistenza domiciliare è un servizio erogato attraverso enti accreditati, che ha lo scopo di assistere ed affiancare anziani ed invalidi nelle difficoltà della quotidianità. Fare la spesa, lavarsi, gettare la spazzatura, garantire la pulizia della propria abitazione, sono abitudini scontate per i “normodotati”, ma non per chi ha handicap di vario tipo. La nuova legge sul calcolo dell’Isee per l’erogazione dei servizi necessari ai disabili, le sta trasformando in lussi per coloro che maggiormente avrebbero bisogno di essere tutelati e agevolati.
“Lei ha fede?”. La domanda con cui esordisce Roberto Cacciotti, un distinto settantunenne malato di distrofia muscolare, mi gela. Rispondo di sì e lo lascio continuare. “Io molta, sono quattro anni che vado in pellegrinaggio e spendo così tutto ciò che metto da parte. Ed ora che il Comune mi chiede 15 euro l’ora per l’assistenza domiciliare non ho nemmeno più la possibilità di andare a Messa la domenica. Ho un appartamento di 48 metri quadrati, che al Comune risulta darmi un reddito, e per questo devo pagare gli arretrati dell’assistenza che ho ricevuto da gennaio ad oggi. Non posso continuare ad usufruire dell’assistenza a casa, perché si tratta di cifre spropositate che non posso permettermi”.
Il signor Cacciotti, evidentemente emozionato, prosegue poi così. “Come farò a fare le cose indispensabili, se sono su una sedia a rotelle? Non mangio quasi mai cibo fresco perché non potendo uscire per la spesa e non avendo chi lo fa per me sono sempre costretto a mangiare gli avanzi dei giorni prima. Per non parlare del fatto che ora fa caldo: non potendomi permettere l’assistenza a domicilio sono costretto tutto il giorno in casa, mia sorella e mio cognato lavorano, non posso pretendere che restino a casa per me, così io non esco mai per una passeggiata o un caffè, in questo modo ci stanno togliendo la vita, perché questa non è vita!”.
Una situazione di disagio ed ingiustizia che si protrae nell’indifferenza delle istituzioni è anche quella di Rita Pagnotta, invalida sulla sedia a rotelle, e Aristide Innocenzi, suo marito oramai quasi del tutto cieco. Il Comune dava loro assistenza per mezzo di una donna che tre volte a settimana si occupava delle loro faccende, dalla spesa alle file alla posta per le bollette, pagando una quota di 100 euro al mese. “Ora ce ne chiedono 16 l’ora! Prima avevo l’assistenza martedì, giovedì e sabato per sei ore a settimana, erano poche ma ce le facevamo bastare! Ci hanno chiesto 4 mesi di arretrati e non sappiamo come pagarli”. Molto spesso le persone in queste situazioni sono prive di una rete familiare in grado di supportarle adeguatamente, ed è il caso dei due coniugi. “Abbiamo una figlia malata che lavora comunque con un contratto part-time, e un’altra che per provvedere ai bisogni della sua famiglia lavora a tempo pieno. Parlano di servizi sociali, ma servizi a chi?”.
“Ho dovuto pagare 250 euro di arretrati a metà maggio, io con quei soldi dovevo operare la mia artrite alle mani, che non mi permette più di essere autosufficiente”. Inizia così la sua testimonianza Silvana Proietti, cittadina di Ardea che nonostante la gravità della sua situazione si preoccupa della disoccupazione che questi tagli ai servizi sociali causati dalle cifre troppo alte richieste dal Comune potrebbe generare. “Poi parlano di disoccupazione, e quelle povere signore delle cooperative così resteranno senza lavoro, non è giusto nemmeno questo!”.
Bruno Buratti, anche lui invalido al 100%, ci tiene a sottolineare che é importante informarsi e studiare in queste situazioni. “Abito da solo e passo molto tempo a leggere ed informarmi su queste cose al computer. Ci sono stati diverso ricorsi al Tar per non introdurre il calcolo d’invalidità nell’Isee, tre ricorsi sono stati accolti ma il Governo ha fatto in modo di bloccare queste sentenze. Il Comune adesso sta solo applicando la legge, mentre il Governo se ne frega di noi. Sarebbe necessario alzare la soglia di 6.500 euro, che non va sforata per poter accedere all’assistenza gratuita. L’isee viene calcolata dall’inps moltiplicata la pensione minima erogata, che è di 500 euro, per 13 mensilità. Ma se invece di 500 euro si calcolasse che la pensione minima erogata, per legge ora dovrebbe essere di 750 euro, la soglia salirebbe, invece così continuano a chiedere soldi chi non li ha. Io ho sempre cercato di andare avanti con le mie forze e non pesare sulle istituzioni. Ma aumentare i soldi per l’assistenza domiciliare e chiedere per di più gli arretrati è iniquo e ingiusto. Io pago 600 euro d’affitto, e preferisco stare a casa mia anche perché in uno ospizio costerei di più allo Stato. Ma quantomeno vorrei non essere svantaggiato”.
“Non è giusto far pagare all’utente l’importo esatto della ditta appaltatrice”, dichiara Raffaella Neocliti, ex vicesindaco di Ardea, “Noi facciamo il possibile per aiutare queste persone che sono abbandonate, ma non ci si può sostituire alle istituzioni”.
Samantha Morano
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