Erano partiti all’inizio del mese di novembre da Weismain, in Germania, a bordo del loro furgoncino, trasformato in un camper. Un viaggio che sarebbe dovuto essere quasi di ‘rinascita’, dopo anni di pandemia e di isolamento, un viaggio tra due fidanzati che sarebbe dovuto essere memorabile. E invece (e purtroppo) è diventato indimenticabile. E non per i posti meravigliosi visitati o per le culture conosciute. Lo è diventato perché Michael difficilmente dimenticherà il giorno in cui la sua compagna, Janna, è morta, mentre si trovavano sul litorale romano, a pochi metri dal mare di Focene. Siamo a gennaio in una giornata assolata, che non sembra quasi invernale, se non fosse che poi a gelare è stato il cuore della donna, che è deceduta presumibilmente per un arresto cardiocircolatorio. Lei che se l’ambulanza fosse arrivata in tempo probabilmente si sarebbe salvata.
Leggi anche: Roma, ubriaco lancia una grossa pietra contro il vetro del bus Atac: paura tra i passeggeri
Nessuno parla inglese e i soccorsi arrivano tardi
A riportare la terribile notizia della morte di Janna è il quotidiano La Repubblica, che ha ripercorso quei momenti. Dal viaggio felice alla terribile telefonata al 118, la prima di tante. È il 20 gennaio scorso quando Janna, che ha soli 25 anni, si sente male: il compagno Michael, 34 anni, immediatamente telefona al 118 e parla intorno alle 15.40 per la prima volta con l’operatore. Una conversazione che dura 10 minuti e 24 secondi, tra fraintendimenti e incomprensioni.
Il motivo? Nessuno dall’altra parte della cornetta parlava inglese e capirsi era davvero difficile. “Mi hanno messo in attesa per trovare un operatore in grado di parlare inglese. Poi, sempre faticando nelle comunicazioni, mi è stato detto di tenere acceso il gps così che l’ambulanza ci potesse trovare” – ha raccontato il ragazzo. Lui lì da solo con Janna, lei che continua a stare male e quei soccorsi che non arrivano. La seconda chiamata al numero d’emergenza, altri lunghi 10 minuti. E nessuna ambulanza all’orizzonte. È stato poi Michael, disperato, a mettersi alla guida del suo Ford Transit bianco per salvare la fidanzata, ma ormai era troppo tardi.
L’arrivo in ospedale e la morte di Janna
Un destino beffardo, una tragedia che si sarebbe potuta evitare e una famiglia che, a distanza di 74 giorni, ancora non riesce ad avere indietro le spoglie di Janna. Come se non bastasse la morte della ragazza, anche la burocrazia lenta sta facendo la sua ‘terribile’ parte, in una storia già di per sé drammatica. Storia che a Repubblica ha raccontato Michael, lui che ha ripercorso quel pomeriggio del 20 gennaio scorso.
“Avremmo dovuto prenotare il traghetto per Barcellona”, dice. “Jenna si è inchinata per prendere una cosa in frigorifero e ha detto solo ‘sto svenendo. Non ho esitato nemmeno un secondo prima di chiamare l’ambulanza. Se i soccorsi fossero arrivati in tempo Janna sarebbe ancora viva“. Ma restano solo i se e un racconto al ‘condizionale’ perché poi il presente descrive tutta un’altra storia. Le telefonate lunghissime, la difficoltà a farsi capire, i discorsi con Google Translate. “Mi hanno interrogato per 6 ore con Google Translate – ricorda Douglas – . Non mi hanno mai fatto parlare con un medico o un infermiere per sapere cosa fosse successo. Poi, alle 10,30 di sera, è arrivato il furgone che l’ha portata in obitorio“. Jenna, con non pochi problemi, era stata caricata in ambulanza, che era riuscita a partire solo dopo 15 minuti, alla volta dell’ospedale Grassi di Ostia. Qui, però, verrà dichiarato il decesso.
Leggi anche: Lazio, visite con prenotazione on-line come i vaccini: ecco come funziona
La salma di Jenna ‘ferma’ a Roma
Jenna è stata portata all’obitorio del Verano, ma da lì ancora non è mai uscita. E i medici legali, come ha spiegato l’avvocato Manuele Piccioni, ancora non hanno consegnato l’esito dell’autopsia, che è stata svolta il 26 gennaio, alla famiglia, con la causa della morte che resta ignota. A metà febbraio era stata autorizzata la cremazione, ma manca un dettaglio: la relazione dei dottori. Intanto, in quella che sembra essere l’ennesima beffa, è stato aperto un fascicolo alla procura di Civitavecchia contro ignoti per istigazione al suicidio. Una tappa che sembra essere quasi di ‘prassi’, di procedura.
Le dichiarazioni dell’avvocato
“Il procedimento è in fase di indagine, manca il deposito dell’elaborato del medico legale, non è possibile accedere agli atti” – ci ha spiegato l’avvocato Manuele Piccioni, che assiste la famiglia di Jenna. Poi, l’ennesimo paradosso: “Il nullaosta per la cremazione c’è stato a metà febbraio. Mi ha lasciato perplesso che dopo l’autorizzazione, oggi non sia ancora stato depositato l’elaborato del medico legale perché è stata chiesa una proroga. Anche questo potrebbe essere legato a un ulteriore accertamento di altri elementi, non decisivi, ma necessari per completare l’elaborato. Una perplessità che potrà dissiparsi solo con la lettura degli atti”.
La dichiarazione del politico Paolo Ferrara
Dure le dichiarazioni di Paolo Ferrara, consigliere capitolino del M5s e vicepresidente dell’Assemblea capitolina. “Non sei italiano e vieni in vacanza nel Lazio? Rischi di morire. La storia straziante della giovanissima turista tedesca morta sul lungomare di Focene ci deve aprire gli occhi, e soprattutto deve aprire gli occhi a chi gestisce il sistema regionale ARES 118. Un’ambulanza non può arrivare dopo 43 minuti solo perché non si trova un operatore che parli inglese. La Regione Lazio – prosegue -spende fior di quattrini per un sistema che già di suo ha una forte carenza di personale. Parte degli addetti, poi, ha una mancanza di competenze incompatibile con il suo lavoro: qui parliamo di avere una conoscenza basilare della lingua inglese, non di tradurre dall’aramaico! Chi è che ha assunto questi operatori, e su che basi? In Regione si riempiono la bocca parlando di efficienza e innovazione, ma il sistema 118 è fermo al secolo scorso. Qualcuno se ne vuole assumere la responsabilità?”.
Restano i se, i ma e i però. Resta il dolore del compagno, Michael, che ha raccontato di aver aspettato ben 43 minuti dalla prima chiamata per i soccorsi. Ora, però, bisognerà verificare la sua testimonianza e se tutto dovesse essere confermato, se effettivamente Jenna è morta a causa di quel terribile ritardo, si dovrà procedere per omissione di soccorso.