Questa la sentenza emessa dal Giudice Andrea Gentile, del Tribunale Penale di Velletri, a carico di un noto imprenditore di Pomezia, imputato e processato nella giornata di ieri 28 maggio per il reato di appropriazione indebita aggravata.
Difeso dagli avvocati Giovanni Cozzo e Giorgio Di Micco, il cinquantenne pometino era accusato di essersi appropriato della famosa “Pequena guitarra para Paloma” (la piccola chitarra per Paloma), costruita da Pablo Picasso per sua figlia. I suoi legali, dopo 4 anni di battaglie nelle aule, prima della Curia di Roma e poi di Velletri, hanno dimostrato la sua totale innocenza.
Il fatto: il prezioso giocattolo viene donato dallo stesso Picasso al Maestro Vittorio Parisi. Quest’ultimo, uomo anziano e appassionato di arte, stringe un fortissimo legame di amicizia con l’imprenditore, cui si affeziona in maniera paterna, peraltro, e ricambiato dello stesso profondo affetto, a sua volta, dona la piccola chitarra all’amico. Alla morte del Parisi, la moglie, ma sopratutto il cognato chiedono al cinquantenne la restituzione del bene prezioso, cui fa seguito una denuncia penale, appunto per appropriazione indebita. Sull’atto giudiziale Valle (cognato appunto di Parisi) sostiene che la chitarrina era stata data all’imprenditore solo per costruire una teca ove custodirla e che essa appartiene al Museo Civico Parisi-Valle (intestato ai coniugi, di cui Alberto Valle è Presidente) a Maccagno (provincia di Varese).
Il processo: Seppur sin dal principio le attività investigative smentiscano la tesi accusatoria, con le dichiarazioni del custode del Museo Parisi-Valle, Angelo Minazzi, che negano la circostanza che la chitarrina fosse parte dei beni donati da Parisi al Museo, saranno necessarie ben dieci udienze e sette testimoni per accertare la verità tanto agognata dall’imputato.
Così nella serata stremato l’avvocato Giorgio Di Micco: “Sono molto stanco ma immensamente felice. E’ stato una vera e propria battaglia giudiziaria contro il valoroso collega di parte civile, l’Avv. Stagliano del Foro di Roma. Comunque, io e il collega avvocato Giovanni Cozzo eravamo convinti dell’innocenza del nostro assistito e certi che la volontà del Maestro Parisi fosse quella di donare un suo bene al caro amico”.
Le arringhe difensive hanno vissuti momenti di pathos e grande teatralità.
L’avvocato Di Micco nel mezzo del suo intervento faceva portare dalla sua collaboratrice una vera e propria teca di plexiglass che lasciava in bella mostra sul banco della difesa a testimonianza che non fosse necessario avere il possesso della chitarrina per realizzare la sua custodia, come sostenuto dal Valle Alberto.
L’avvocato Cozzo, nel sottolineare l’illogicità della storia raccontata dal Alberto Valle, affermava che “la logica sta al diritto, come l’acqua all’assetato e se viene tolta l’acqua l’assetato muore, così se in un processo non vi è logica il diritto scompare”.
Intervistato a caldo, l’assistito di Di Micco, ancora visibilmente provato, ha così commentato la sentenza: “Ringrazio i miei difensori, sono stati grandiosi, sono riusciti a smantellare un castello pieno di falsità che non solo hanno ferito me, ma soprattutto la memoria del Maestro Parisi”
Che ne farà della chitarrina? “Mi atterrò scrupolosamente alle volontà del maestro Parisi e la esporrò nei vari musei e spero un giorno che anche il Comune di Pomezia si attrezzi per riceverla, così che i miei concittadini ne possano ammirare la bellezza”.
Un processo duro, con una camera di consiglio di 3 ore 3 mezzo e che ha visto i legali Cozzo e Di Micco uscire dall’austera aula, gremita fino all’ultimo per l’interesse suscitato, con le cravatte allentate, le fronti madide della passione e del fervore che una causa simile porta, ma le spalle, ancora ammantate dalle toghe svolazzanti, ben erette per aver messo tutta la propria professionalità e conoscenza giuridica al servizio della verità e del diritto.
M. C.
“Chitarrina di Picasso”, assolto l’imprenditore di Pomezia accusato di appropriazione indebita
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