54 persone senza più lavoro da oggi. Accade a Pomezia, più precisamente a Pratica di Mare, dove ha sede l’archivio della BNL. Dalla prossima settimana, infatti, il lavoro finora gestito dalla Scai Service Scrl, ditta che si serviva dell’operato dei soci della cooperativa Sky Service, verrà svolto dalla Italarchivi Srl. Finora i vari cambi di società avevano portato solo qualche variazione di metodologia organizzativa per i lavoratori della cooperativa, che di volta in volta venivano tutti ingaggiati grazie alla clausola di salvaguardia dei dipendenti prevista dalla normativa in caso di subentro da parte di nuove ditte appaltanti. Ma questa volta le cose sono andate diversamente: la Italarchivi, sostenendo che non si tratta di un subentro di appalto, ma di un lavoro svolto in outsourcing in totale autonomia e senza continuità con il precedente fornitore del servizio “stante la palese diversità a livello tecnico-qualitativo delle modalità di esecuzione del servizio”, ha deciso di lasciare a casa i 54 dipendenti della cooperativa. Della vicenda si sono occupati i sindacati che hanno illustrato la vicenda alla Direzione Territoriale del Lavoro di Roma del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Il dott. Guarnaccia, che ha preso in carico la vicenda per conto del Ministero, ha convocato per due volte le due società – la Scai Service e la Italarchivi – per definire la situazione dei lavoratori, ma il risultato è stato il diniego da parte della Italarchivi a partecipare alla riunione, che era fissata per oggi alle 10:30.
Disperati, ma anche arrabbiati, i 54 lavoratori che da quasi 20 anni gestiscono l’archivio, che raccontano tutti insieme la vicenda. “Per noi lavoratori il 29 Maggio 2015 sarà l’ultimo giorno di lavoro – raccontano – In passato abbiamo lavorato con cooperative e ditte esterne per la BNL presso gli archivi di Pratica di Mare e fino a questa sera saremo presenti con la ditta SCAI. Tutti noi abbiamo dato tutto e di più per mantenerci questo posto, addirittura facendo lavori che non ci competono da contratto, interponendoci con gli impiegati della BNL che come forza lavorativa a Pratica di Mare sono inferiori numericamente a noi. Tutta questa interposizione va avanti da anni, ma veniamo a fatti più recenti, ovvero al motivo che ha portato BNL a darci il ben servito”.
I lavoratori spiegano quindi le motivazioni da loro apprese. “La BNL fa parte, dal 2006, del gruppo francese BNP PARIBAS, è da qui che dobbiamo partire. Con l’entrata nel gruppo BNL ha dovuto adottare le sue strategie gestionali e lavorative, comportando questo anche un riassetto degli archivi BNL di Pratica di Mare: niente di strano fino a qui. Per fare tutto questo siamo stati “usati” al massimo delle nostre competenze, con un risparmio notevole per la committenza. Dal 2006 ad oggi abbiamo accentrato tutti gli archivi della BNL d’Italia a Pratica di Mare. Abbiamo reso il centro archivi BNL – Pratica di Mare un fiore all’occhiello per BNL. Facciamo svariati servizi dal prelievo documenti alla scannerizzazione, al censimento, all’invio, alla ricezione, all’archiviazione, alla tipizzazione dei vari documenti clienti BNL e tutto questo a basso costo. BNL (BNP PARIBAS), visto il grande lavoro da noi fatto e portato quasi a termine, ha deciso nel 2014 di cambiare strategia: questo le avrebbe permesso di liberarsi dei lavoratori, anche se efficienti e professionali, in un sol colpo cambiando la ditta con la quale ha svolto tutto l’accentramento. La ITALARCHIVI è la ditta che subentra al posto di SCAI. Quando abbiamo saputo che ITALARCHIVI avrebbe preso il posto della SCAI per noi è stato un trauma, non perché ancora una volta cambiavamo datore di lavoro, ma perché siamo venuti sapere che quasi certamente non saremmo stati riconfermati. Con l’entrata di ITALARCHIVI ci sarebbe stata infatti una drastica riduzione del personale per abbassare i costi. Essendo venuti a conoscenza di quello che stava accadendo a nostro discapito e non avendo ricevuto spiegazioni in merito, tutti e 54 abbiamo deciso di chiedere la regolarizzazione della nostra posizione lavorativa a BNL tramite il giudice del lavoro. ITALARCHIVI avrebbe dovuto assorbire il personale presente nel centro, ma nelle trattative per il cambio di azienda ha mantenuto la sua posizione nel dire che non è obbligata per contratto ad assumere personale della ditta uscente. Mentre manteneva questa posizione si rendeva disponibile ad assumerci nel caso in cui noi rinunciassimo al riconoscimento ai diritti da noi vantati verso BNL (BNP PARIBAS). Noi abbiamo recepito questa proposta come un vero ricatto, architettato ad hoc. Noi lavoreremo fino all’ultimo minuto del nostro contratto e metteremo in campo tutto il meglio di noi fino ad allora con la speranza che qualcosa cambi, cosa in cui crediamo poco”.
Qualche giorno fa su “Il Manifesto” è apparso un articolo a firma di Massimo Franchi – che riportiamo per intero – che si è occupato della vicenda, mettendo in risalto i presunti ricatti subiti dai lavoratori. “O ritirate le cause o noi non vi assumiamo. Però prima spiegateci come si fa questo lavoro, che noi non sappiamo farlo”. Ricattati. Ma indispensabili. Tragica e surreale, la vicenda di 55 lavoratori della cooperativa Sky Service di Pratica di Mare (Roma) rischia di diventare un classico di quanto poco siano tutelati i diritti al tempo del Jobs act. Da quasi 20 anni questi lavoratori gestiscono l’archivio generale di una belle più importanti e storiche banche italiane. I documenti cartacei provenienti da tutte le filiali e da tutti gli uffici vengono conservati fino a settant’anni dalla chiusura di ogni pratica. Nelle loro mani vengono archiviati documentazioni di tutti i tipi, comprese quelle definiti «dati sensibilissimi» o «riservati».
Il tutto viene fatto fianco a fianco con una pattuglia sempre più ristretta di lavoratori interni alla vecchia Banca del Lavoro – nomen tutt’altro che omen in questo caso – dal 2006 diventata di proprietà di Bnp Paribas. Lo stesso lavoro, ma paga diversa: contratto da multiservizi per i primi – 1.000 euro al mese – contratto da bancari per i secondi – almeno 1.800 euro al mese, più tutte le differenze a livello di diritti e contributi: un risparmio secco di circa il 40 per cento sul costo del lavoro.
L’appalto è andato avanti in modo continuativo con la stessa proprietà – sebbene il nome della cooperativa abbia cambiato parecchie volte di nome e che nel 2006 i lavoratori siano riusciti almeno a diventare soci della cooperativa – fino all’estate del 2014. «Abbiamo saputo che i francesi volevano disfarsi di noi con un taglio di almeno il 20% di forza lavoro ogni anno», racconta Giuseppe Martinelli, Rsa della Filcams Cgil. «Così abbiamo deciso di tutelarci, ci siamo rivolti ad un avvocato e abbiamo deciso prima di chiedere la stabilizzazione e poi, non avendo ricevuto risposta da Bnl, di fare causa per interposizione di manodopera e illecito appalto».
La prima della cause presentate dalla quasi totalità dei lavoratori sarà discussa proprio oggi al tribunale di Roma.
La reazione di Bnl è stata dura. L’idea di sostituire la Sky Service con un altra società è stata portata avanti con convinzione. Dal primo giugno l’appalto passerà nelle mani di ItalArchivi, società con un numero di dipendenti quasi uguale rispetto alla Sky Service. La cosiddetta clausola sociale tutelerebbe i lavoratori: la ItalArchivi è tenuta a riassumerli in tutto o in parte, concordando i criteri coi i sindacati e la direzione territoriale del ministero del lavoro.
Ma qui arriva l’ulteriore colpo di scena. L’azienda subentrante organizza con i sindacati un incontro per spiegare la situazione ai rappresentati dei lavoratori. E in quella sede, con pochi giri di parole, li mette di fronte al ricatto: per essere riassunti i lavoratori dovranno rinunciare alle cause già intentate. «Sono stati molto diretti, ci hanno detto che se non le ritiriamo loro assumeranno altre persone», spiega Giuseppe.
Nel frattempo arriva l’ulteriore beffa. Dopo che il primo incontro al ministero è stato rimandato su richiesta dell’azienda, al secondo, previsto per ieri, ItalArchivi non si è presentata senza addurre spiegazioni. «E mentre noi eravamo al ministero ad aspettarli – racconta con rabbia Giuseppe – hanno sfruttato la nostra assenza per entrare all’archivio e chiedere al nostro personale di spiegare loro come si fa il lavoro. Perché non lo conoscono e non sono capaci di farlo. Il tutto senza ammettere ai nostri colleghi che stavano là che in pratica stavano aiutando chi li stava licenziando».
Arianna Azzurra Achille