Oltre sei milioni uomini vittime di violenza, oltre 3,8 milioni di violenza sessuale e 2,5 milioni di atti persecutori. Circa 500 mila solo a Roma. Questi sono i numeri emersi da una ricerca presentata nel 2012 a Roma sulla violenza della quale sono vittime soggetti maschili.
Dati sorprendenti che rappresentano un quadro sociale per certi versi sconvolgente elaborato attraverso i migliori criteri ISTAT.
Nonostante la ricerca sia stata pubblicata da diverso tempo, nel 2015 ancora non si placano le proteste di chi non accetta che anche le donne italiane sanno essere violente come gli uomini.
Lo studio pubblicato in Rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza – Vol. VI – N. 3 – Settembre-Dicembre 2012, è stato sviluppato da un equipe di studiosi capitanati dal professor Pasquale Giuseppe Marcrì dell’Università di Arezzo, e composta dal dottor Fabio Nestola, curatore centri Studi Fenbi ed Ecpat; dalla dottoressa Yasmin Abo Loha, coordinatore Ecpat Italia, dalla dottoressa Sara Pezzuolo, psicologa giuridica.
Il gruppo di studiosi ha individuato un campione di 1056 uomini, di età compresa tra i 18 e i 70 anni, e ha posto loro domande a proposito del rapporto con le donne. È emerso che molti uomini sono vittime di atti persecutori e violenza proprio da parte delle compagne.
L’indagine, regolarmente depositata presso il CNR (dal quale ha ricevuto verifica di conformità tecnica e bibliografica), ha portato a risultati sorprendenti: il 77% degli intervistati ha dichiarato di aver subito almeno una volta violenza psicologica da parte di una donna e il 63%, rispondendo alle domande degli studiosi, ha ammesso di aver subito violenza fisica proprio da parte di un’esponente del gentil sesso.
«QUESTO STUDIO DIMOSTRA CHE LA VIOLENZA NON E’ DI GENERE». «La violenza è compiuta sia da uomini sia da donne, per questo gli sportelli anti-violenza dovrebbero essere dedicati a entrambi. Anche il dato romano, che registra circa 500 mila vittime di violenza, necessita una seria riflessione» afferma il dottor Fabio Nestola.
«I DATI SONO PERFETTAMENTE SOVRAPPONIBILI A QUELLI DELLA VIOLENZA SULLE DONNE». «Eppure l’Italia è l’unico Paese in cui non si indaga e non si parla di violenza sugli uomini sia maggiorenni che minorenni. Troppo a lungo la violenza è stata considerata come un fenomeno di genere e non indagato nella totalità» aggiunge la coordinatrice Ecpat Italia, Yasmin Abo Loha.
«QUESTO STUDIO VA A COLMARE UN VUOTO INFORMATIVO, ISTITUZIONALE». «Esistono dati infiniti per quanto riguarda la violenza nei confronti delle donne, ed e’ doveroso, ma non esiste nulla nel nostro paese per la violenza a ruoli invertiti. E’ uno studio che va ad analizzare il concetto di violenza come concetto astratto e per farlo abbiamo usato lo stesso schema utilizzato dall’Istat alcuni anni fa per svolgere un’indagine conoscitiva rivolta all’utenza femminile, quindi domande su: violenza psicologica, fisica, sessuale e su atti persecutori» aggiunge il curatore centri Studi Fenbi ed Ecpat.
«PURTROPPO NON SI VUOLE PARLARE DI QUESTI TEMI». «Quando si parla di violenza si tende a pensare solo a quella sulle donne, in qualche caso sui bambini” dice la dottoressa Yasmin Abo Loha, coordinatrice Ecpat Italia ed esperta di abusi e pedofilia, “il nostro intento era quello di colmare un vuoto scientifico”.
«L’UOMO FATICA A RICONOSCERSI VITTIMA». «Abbiamo riscontrato che l’uomo incontra estrema difficoltà nel riconoscersi come vittima», spiega Fabio Nestola, componente del gruppo di ricerca, «pertanto per le vittime maschili esiste un sommerso enormemente superiore al pur considerevole sommerso delle vittime femminili».
«MANCANO STRUTTURE». Contrariamente a quanto previsto per le vittime femminili, per l’uomo non esiste alcuna sollecitazione istituzionale a denunciare la violenza subita, nessun centro di accoglienza, nessun numero verde, nessuno sportello di ascolto pubblico o privato», prosegue Nestola, «persino in commissariato, quando prova a sporgere denuncia, l’uomo che ammette di essere vittima della propria compagna ha difficoltà ad essere creduto e si scontra con un atteggiamento di sufficienza, sottovalutazione del fenomeno, spesso anche derisione».
Massimiliano Gobbi