Del Pronto Soccorso di Anzio abbiamo parlato poco tempo fa, in occasione di un servizio mandato in onda da Striscia la notizia. Pochi giorni dopo siamo stati contattati da una donna di Ardea che ci ha raccontato la sua storia, che vede protagonista un bambino di appena 4 anni; La rabbia e la frustrazione della madre: « Nonostante la tenera età, ho dovuto portare il mio piccolo in ben 4 strutture ospedaliere per poi attendere quattro ore per un’ecografia! Ma che sanità abbiamo?»
Un grande crocevia, attraversato da un continuo viavai di ambulanze, con tanto di corsia preferenziale. Per non parlare poi dei tempi di attesa… A sentire le persone che stazionano nelle sale d’attesa degli ospedali, infatti, questa è la fotografia quotidiana delle nostre strutture di Pronto Soccorso. A confermare questa triste realtà sanitaria è una residente del Comune di Ardea, la signora Orietta Mennito, madre di Simone, uno splendido bambino di 4 anni che a causa di una spinta di un compagno di classe presso la Scuola dell’Infanzia di via Pratica di Mare è rimasto ferito alla testa e portato d’urgenza all’ospedale passando le pene dell’inferno. «Mio figlio stava giocando a scuola con un giocattolo ed un compagno di classe piuttosto vivace all’improvviso lo ha spintonato a terra ferendolo alla testa» dichiara la mamma. «Soccorso dalle maestre, decido di portare con urgenza mio figlio al Pronto Soccorso» aggiunge la sig.ra Mennito. Qui inizia il calvario durato un’intera giornata. «In poche ore ci rechiamo al Pronto Soccorso di Pomezia, Albano e Genzano, ma incredibilmente nessuna struttura ospedaliera riesce ad assisterlo» afferma mamma Orietta. Ore ed ore di attesa… Simone ferito al cranio non viene visitato. Sconvolti per tale disservizio sanitario, i genitori si recano così al Pronto Soccorso di Anzio. «Ad Anzio mi hanno fatto attendere quattro ore prima di fare un’ecografia ad un bimbo ferito al cranio. Ma che sanità è ? Non ho parole…» conclude mamma Orietta. Simone è stato ricoverato due giorni. Dimesso, è stato sotto controllo per alcuni giorni.
Storie di ordinaria follia, scriverebbe Charles Bukowski, sta di fatto che la tensione dei servizi italiani è palpabile. Le barelle sembrano contate e la zona dove stazionano i pazienti in attesa di una visita sembra poco più di un’area di sosta autostradale. Di medici se ne vedono pochi, sono tutti indaffarati all’interno dei box, gli ambulatori dove vengono effettuate le visite ai pazienti con le problematiche meno urgenti. Il viavai di infermieri e barellieri, invece, è continuo. E continue, purtroppo, sono le storie come quelle che hanno visto protagonista il piccolo Simone.
Massimiliano Gobbi