La Regione Lazio ha scelto il suo nuovo Direttore al ciclo dei rifiuti. Ma la Commissione deputata a prendere la decisione finale ha reputato non idonei i quattro Dirigenti di ruolo della Giunta Regionale che avrebbero potuto ricoprire l’incarico – nonostante i loro validi curriculum e le comprovate esperienze – e ha preferito nominare una persona esterna, l’ing. Andrea Rafanelli, con un contratto a tempo determinato per la durata di 5 anni.
Nella deliberazione di Giunta, firmata ieri, si legge che il neo assunto avrà “una retribuzione annua omnicomprensiva pari a euro 155.294,23, oltre alla retribuzione di risultato nei limiti del tetto del trattamento economico previsto dal predetto art. 20 della L.R. n. 4/2013″. In pratica, quasi 200 mila euro l’anno.
Ma chi è Andrea Rafanelli? Sicuramente l’ingegnere che arriva dalla Toscana fino a ieri mattina era disoccupato, ma, prima ancora, ha ricoperto il ruolo di dirigente a tempo indeterminato nella Regione Toscana. E qui si apre un capitolo oscuro: circa due anni fa, dopo un periodo di aspettativa, Rafanelli si è dimesso dal suo incarico ben pagato. Il motivo? E’ sicuramente poco chiaro, come le vicende che coinvolsero l’ufficio Ambiente in cui lavorava. All’epoca delle dimissioni, il quotidiano La Nazione scrisse: “Poi c’è lo strano caso dell’ingegner Andrea Rafanelli. Da funzionario regionale dell’Ambiente, diffidò Aquarno (Consorzio Aquarno Spa, che gestisce l’omonimo depuratore finito al centro dell’indagine “Keu”, ndr) e l’impianto di smaltimento Lerose. Pochi mesi dopo, per motivi personali, chiese un’aspettativa. Non la ottenne e così, poco più che 40enne, lasciò il posto fisso in Regione”, mentre nove.firenze.it scrisse: “Come si indaga sulle anomale dimissioni del funzionario regionale Rafanelli, con l’ipotesi che siano state indotte”.
La strana scelta di Zingaretti e della Giunta
Pur non volendo mettere in discussione le competenze tecniche dell’ingegner Rafanelli, ci si chiede come mai Zingaretti abbia scelto una persona che viene da fuori regione, che è fuori dagli incari nella pubblica amministrazione ormai da due anni e che probabilmente non conosce bene il territorio di cui si dovrà occupare e l’impiantistica laziale. Contraria a questa scelta la consigliera regionale di Fratelli d’Italia Chiara Colosimo che immediatamente ha presentato un’interrogazione in cui chiede al Presidente Zingaretti “Se ritiene opportune e giuste le motivazioni che hanno spinto la Commissione a valutare non idonei i 4 Dirigenti di ruolo della Giunta Regionale (tra cui ci sono persone con comprovata esperienza e alto livello professionale) per assegnare l’incarico di una Direzione di estrema importanza, all’ennesimo soggetto esterno all’amministrazione nonostante la sentenza del Consiglio di Stato del luglio 2020 che aveva dichiarato illegittimi 48 dirigenti esterni della Regione Lazio“.
Ma ecco l’atto che “sancisce” la scelta della Giunta Zingaretti.
La storia: Flaminia Tosini, la vicenda Ngr Srl e gli arresti
Come si è arrivati alla necessità di scegliere un nuovo Direttore regionale Ciclo dei Rifiuti? Il 16 marzo l’allora Direttore regionale Ciclo dei Rifiuti, Flaminia Tosini, venne raggiunta da un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari, che riguardava anche l’amministratore delle società ‘Ngr Srl’ e ‘Mad Srl’, operanti nel settore dello smaltimento rifiuti. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri del comando tutela ambientale, l’imprenditore avrebbe ottenuto indebitamente l’autorizzazione per la società ‘Ngr Srl’ per la trasformazione della discarica per i rifiuti inerti di Monte Carnevale, a nuovo sito di smaltimento dei rifiuti derivanti dal trattamento di Rsu di Roma. Di conseguenza, la Tosini venne sospesa dal suo incarico. Il 16 luglio all’ex dirigente venne revocata la misura cautelare dei domiciliari. Attualmente è in corso il processo. Serviva quindi un nuovo Direttore: in questo periodo è stato affidato ad interim a “l’incarico ad interim di Direttore della Direzione regionale Politiche Ambientali e Ciclo dei Rifiuti all’Ing. Wanda D’Ercole, Direttore della Direzione Generale”.
Le candidature scartate
A settembre Zingaretti ha chiesto di avviare le procedure volte al conferimento dell’incarico. 4 dirigenti della Regione e 11 soggetti esterni hanno presentato il loro curriculum e la Commissione per la valutazione ha preso la sua decisione, scartando i dirigenti regionali e scegliendo l’ingegnere toscano come soggetto che “presenta le caratteristiche professionali maggiormente rispondenti alle peculiarità del posto da ricoprire e agli obiettivi da raggiungere, come meglio esplicitato nel verbale della seduta odierna”. Di conseguenza la Giunta gli ha affidato l’incarico, per la modica somma “annua omnicomprensiva pari a euro 155.294,23, oltre alla retribuzione di risultato”.
“I dirigenti regionali esclusi hanno tutti una qualifica professionale dirigenziale e una esperienza dell’amministrazione regionale di tutto rispetto mentre sul dottor Rafanelli si nutrono molti dubbi. A cominciare dal fatto che, essendosi dimesso dall’incarico pubblico da tempo, sembra inopportuno affidargli oggi un incarico così “pesante” e così “pressante”. Inoltre, lo stesso Rafanelli non ha mai avuto incarichi di rilievo nel territorio laziale per cui non può certo conoscere le esigenze del territorio su una materia di estrema importanza. Oltre ad avere, sicuramente, poca dimestichezza con la realtà impiantistica nella gestione rifiuti della regione Lazio – scrive la Colosimo nella sua interrogazione – Entrambe le operazioni (Nazzaro e Rafanelli) sembrano avere un identico scopo: assegnare un incarico strategico ad un esterno e lasciarlo seduto nell’importantissima poltrona anche dopo la scadenza della legislatura. Anche in caso di sconfitta alle elezioni e cambio di maggioranza”.
La consigliera meloniana poi insiste sul nome scelto, mettendo in evidenza il fatto che ancora una volta Zingaretti ha preferito un candidato esterno, tralasciando le persone con comprovata esperienza e alto livello professionale presenti nella Giunta regionale. “Prendere uno dei dirigenti che hanno presentato il curriculum avrebbe significato un notevole risparmio per le casse regionali. Invece, quando si tratta di un ruolo importante, si preferisce sempre prendere gente all’esterno. La perplessità, poi, riguarda proprio la persona scelta, che si è dimessa dal suo ruolo di dirigente nella Regione Toscana per la situazione di stress che si era creata in merito a una vicenda in cui lui non era indagato. Da quando si è dimesso non ha avuto più incarichi: sarà in grado di gestire un lavoro delicato e stressante come quello che si prospetta nella Regione Lazio, di cui non conosce di certo i particolari e il territorio, cosa che invece i dirigenti interni conoscono bene, vivendo la situazione giornalmente?”
L’inchiesta Keu
Ma qual era l’inchiesta che ha portato Rafanelli a dimettersi dal suo ruolo di dirigente in Toscana? Proprio nei giorni scorsi ne ha parlato a “Non è L’Arena” Massimo Giletti, che ha ricostruito l’intera vicenda. Si tratta di un emendamento che avrebbe favorito lo smaltimento dei conciatori. Peccato che, nel contempo, avrebbe inquinato le acque e l’ambiente. L’inchiesta per traffico illecito di rifiuti e corruzione vide 19 indagati a vario titolo. Le terre avvelenate sono quelle attorno alla strada regionale 429, in provincia di Empoli, ma anche tante altre in provincia di Pisa, nella zona che va da Pontedera a Crespina Lorenzana. Tra gli indagati anche la sindaca Giulia Deidda, che non ha voluto rilasciare dichiarazioni quando l’inviato ha chiesto il motivo per cui i conciatori davano contributi ai politici. “Questo chiedetelo a loro”. Almeno non ha negato, anche perché le intercettazioni telefoniche lasciano pochi dubbi agli inquirenti. Giletti ha poi mandato in onda l’intercettazione telefonica tra la sindaca e l’ex presidente di Aquarno Lorenzo Mancini, dove quest’ultimo spiegava i problemi emersi relativamente al Keu e all’uso che ne avrebbe fatto la ditta a cui veniva inviato. Da notare che la ditta in questione è di Francesco Lerose, imprenditore sospettato di essere in contatto con la cosca mafiosa di Nicola Grande Arachi di Cutro.
La Regione Toscana entra in scena con le successive intercettazioni, quelle relative all’emendamento finito sotto inchiesta. L’emendamento non fu scritto dai consiglieri regionali, bensì dall’avvocato dei conciatori. In un’intercettazione, subito dopo l’approvazione dell’emendamento, il consigliere regionale Andrea Pieroni, primo firmatario, dice a Gliozzi (ex direttore dell’Assoconcia, anche lui indagato): “Il Coronavirus un pochino ci ha aiutato”. Il giornalista gli chiede: Perché i conciatori le avevano hanno dato un contributo di duemila500 euro? e lui risponde: “Sono questioni che stanno dentro l’inchiesta. Un contribuito che ho ricevuto e che ho regolarmente dichiarato nel mio rendiconto elettorale”. L’aveva capito l’emendamento di cui è stato prima firmatario? “Certo che l’avevo capito”. Ce lo spiega allora? “Non in questa sede, mi dispiace”.