Da qualche giorno il mestiere di giornalista è diventato più difficile. Avere i particolari delle notizie di cui si viene a conoscenza è infatti praticamente impossibile a causa delle “nuove disposizioni” di cui dispongono le sale stampa di Questura, Carabinieri e Guardia di Finanza, che, per rispetto della privacy, non forniscono più i dettagli su quanto accade in materia di reato, ma – al massimo – confermano se il fatto è accaduto o meno. Tutto il resto è segreto. Non si possono sapere orari, fatti, luoghi, circostanze, pur senza voler entrare nella privacy dei protagonisti, cosa mai richiesta nemmeno in passato.
Con la scusa dell’entrata in vigore della norma che prevede il rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza (decreto legislativo 188 dell’8 novembre) è stato infatti disposto dai Procuratori che i giornalisti non possano più avere informazioni se non autorizzate da loro o, in assenza, dal Procuratore aggiunto.
Quando si chiamano gli uffici stampa, infatti, adesso la risposta standard è questa: “Deve chiedere alla Procura”. Che non è certo sempre disponibile per i giornalisti come gli uffici stampa che lavorano 7 giorni su 7, che perlopiù si rivolge ai giornali di tiratura nazionale o alle agenzie di stampa e di certo non per tutti i fatti di cronaca e non per i piccoli episodi di quartiere. Questo si traduce nell’impossibilità di informare i cittadini su quanto succede attorno a loro, lasciando alle chiacchiere e ai social network il compito di informare – male – con il rischio di creare disinformazione e caos, mentre, a pensare molto male, l’intento era quello di lasciare nella “beata ignoranza”, non dando più il polso della situazione su quanto accade in tema di criminalità e microcriminalità nella propria zona.
A prendere posizione su questo argomento è l’Associazione Stampa Romana con un articolo pubblicato sul proprio sito, che riportiamo integralmente e che sottoscriviamo in pieno.
Donna sfregiata a Roma: fatto “nascosto” per assenza di informazioni
Una donna e’ stata sfregiata con l’acido nel quartiere periferico di San Basilio a Roma parecchi giorni fa. Le voci iniziano a circolare e i cronisti, come è normale e professionale nel nostro mestiere, chiedono informazioni alla questura. La polizia, senza fornire dettagli sull’identità della vittima, conferma solo che il grave episodio è accaduto.
Non aggiungono dettagli gli agenti perché “non so se sa che con le nuove disposizioni noi non possiamo dire più niente”. Per quanto riguarda la procura, “con le indagini in corso non credo le direbbero nulla al momento”. Insomma, di fronte ad un fatto di allarme sociale, rilevante dal punto di vista giornalistico, di interesse pubblico non sono disponibili informazioni essenziali per i colleghi.
Se questa è l’interpretazione delle nuove norme che regolano la comunicazione sui reati per garantire privacy e presunzione di innocenza possiamo dire che non solo si traducono in un ostacolo all’informazione, ma anche in una indebita manipolazione dell’opinione pubblica.
Non dobbiamo ricordare certamente le continue e sacrosante battaglie sul contrasto ai femminicidi e alla violenza sulle donne. Tuttavia in questo modo, non potendo informare in modo completo, ripiombiamo nel silenzio, nell’oscurità, in una omertà che fa malissimo alla nostra democrazia.
Segreteria Associazione Stampa Romana
“Vogliamo ricordare che il diritto dei cittadini a essere informati passa per il ruolo, insostituibile, dei giornalisti i quali continueranno a cercare e diffondere notizie come hanno sempre fatto. Che facciamo, per esempio, su un incidente mortale o un giovane investito da un treno, come accaduto di recente, aspettiamo il comunicato o il via libera della Procura? Ricordiamo a noi stessi che è la Costituzione a impedire che la stampa sia soggetta a qualsivoglia autorizzazione.