Riflessioni
Negli ultimi mesi mi sono ritrovata a riflettere sulle relazioni difficili, che siano familiari, amicali o semplici rapporti di lavoro e conoscenze superficiali, per capire quale fosse il problema alla radice.
La domanda che mi sono posta è: quanto siamo sbagliati noi e quanto lo sono gli altri?
Ho scelto di fare un lavoro dove invito la persona che arriva nel mio studio ad analizzare i propri comportamenti, ed è una cosa che tendenzialmente faccio anche nella vita privata, ossia, rivedere in primis quelle che sono le mie azioni.
Oggi voglio invertire la rotta e puntare la luce sui comportamenti disfunzionali delle persone che entrano a vario titolo nella quotidianità, e fino a che punto è “colpa nostra” se le cose non vanno per il verso giusto.
Periodi diversi
Ognuno di noi in questo preciso istante sta attraversando un momento particolare, nel bene e nel male.
Se un rapporto non va tendiamo a colpevolizzarci pensando:
1. “è colpa mia, sono sereno/a e non colgo il momento brutto della persona che ho di fronte”;
2. “è colpa mia, sto vivendo un brutto momento e vado contro tutti”.
Ma ci siamo mai chiesti: forse è la persona che abbiamo di fronte a non essere adatta a noi? Ad avere difficoltà?
Estremi sbagliati
Incolparsi di qualsiasi cosa è psicologicamente disfunzionale, così come lo è dare responsabilità agli altri.
Quello che intendo sottolineare è che non dobbiamo deresponsabilizzarci delle nostre azioni, ma nemmeno darci colpe che non abbiamo.
Tante volte ci troviamo di fronte persone che vivono delle frustrazioni personali, che tendono ad attaccarci continuamente e sul lungo termine potrebbe subentrare l’insicurezza, l’autocritica eccessiva, la rabbia e l’isolamento.
Quanto ne vale la pena? Ha senso portare avanti un rapporto simile?
Cosa fare
Ho spesso parlato di “incastri difficili” per quanto riguarda le relazioni con gli altri, come due pezzetti di puzzle che non combaciano e per forza li mettiamo insieme: vien da se che non avranno né stabilità, né armonia visiva.
Accade similmente di trovarci di fronte qualcuno con forme diverse dalle nostre e banalmente non trovare punti di contatto. Non sarebbe un problema se non dovessimo frequentarlo; lo diventa, invece, se si tratta di qualcuno vicino a noi.
– Per prima cosa accettare che non tutti i rapporti possono incastrarsi, non piacere è naturale come lo è il fatto che gli altri possano non piacere a noi.
– Altro suggerimento: allontanare questi soggetti senza troppi pensieri, semplicemente non aggiungono nulla al nostro benessere. Nel caso fossero rapporti inevitabili, limitarsi al minimo, fermarsi alla buona educazione.
– In ultimo: non prendiamoci la responsabilità di emozioni che non sono nostre, di reazioni che qualcuno prova mentre è in nostra presenza: non dipende da noi. Non sempre.
Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it
Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno