Sulla vicenda della presunta copiatura durante la prova scritta del concorso che ha portato l’assunzione del dirigente Giovanni Cucuzza i consiglieri comunali Mauro Giordani, Stefano Ludovici, Giancarlo Rossi, Umberto Tantari, Cristina Capraro e Luca Fanco hanno protocollato oggi un’interrogazione al Sindaco “per sapere se corrisponde al vero la Sentenza del TAR che annulla l’assunzione del Dirigente Cucuzza e se veritiera si chiede di adottare tutti i provvedimenti a tutela della pubblica amministrazione e delle casse comunali”. I consiglieri, che hanno allegato anche l’intera sentenza del Tar, vogliono inoltre verificare “la sospensione effettiva dal lavoro dal Dirigente e dopo la sentenza del Consiglio di Stato il definitivo licenziamento dal Comune di Ardea per quanto riguarda Cucuzza, mentre per tutti gli altri dirigenti, se “sono stati assunti con le stesse modalità della Commissione giudicatrice contestata dal TAR e se anche per loro è possibile attuare la stessa Sentenza. I firmatari dell’interrogazione chiedono inoltre “se il sindaco abbia provveduto tempestivamente a denunciare i reati emersi con la Sentenza TAR alla Procura della Repubblica, se abbia provveduto a denunciare alla Corte dei Conti i reati contabili emersi con la Sentenza Tar ed i danni richiesti dal secondo classificato, e se gli atti firmati fino ad oggi in assenza di requisiti, perché la Sentenza del TAR ha annullato la Determina di assunzione, sono da ritenersi legittimi in particolar modo quelli da Dirigente del Settore Tecnico dove il Cucuzza non ha minimamente competenza in quanto Avvocato e non Architetto od Ingegnere”. Nella sentenza del Tar non traspaiono molti dubbi: “dall’esame della documentazione versata in giudizio – si legge infatti – è stato possibile constatare come il candidato abbia riportato nel primo elaborato ampi, consistenti ed incisivi passi del tutto identici a quelli contenuti in due pubblicazioni edite nel 2006 e nel 2007 sulle materie e gli argomenti trattati nel suo scritto, peraltro, privi di adeguata virgolettatura. Si può ben dire che tali passi costituiscano quasi l’intero contenuto dell’elaborato e che, laddove essi se ne discostano, lo è soltanto per una parte poco significativa, spesso di mero raccordo sintattico tra i diversi passi delle due pubblicazioni. Basta, al riguardo, rilevare la riproduzione di intere pagine dell’opera dell’autore S. Musolino e di consistenti passi del saggio a firma di E. Ferioli che rappresenta, come quantità, circa i due/terzi dell’elaborato e, come contenuto, la parte più importante e qualificante di esso. Non si tratta, nel caso, di una semplice coincidenza di citazioni di principi e/o massime giurisprudenziali, bensì del configurarsi delle condizioni di plagio. In base alle proprie competenze valutative sul configurarsi delle condizioni del “plagio”, direttamente rilevabile dall’esame degli atti, la commissione esaminatrice illegittimamente avrebbe, invero, dovuto procedere all’annullamento della prova.
Ed invero, confrontando l’elaborato del controinteressato con le due pubblicazioni citate, effettivamente nel corpo dell’atto (12 facciate su 19) si riscontra una identica riproduzione della soluzione pubblicata, atteso che risultano esattamente sovrapponibili non solo i contenuti bensì anche la formulazione dei concetti e le espressioni utilizzate, tanto da rendere impossibile che ciò sia la conseguenza di un’autonoma rielaborazione.
Tali elementi risultano sufficienti, a parere del Collegio, a ritenere illegittimo l’operato della Commissione di esame, laddove non è stata annullata la prova del controinteressato, tanto più che il tratto dell’elaborato suindicato riveste, all’interno del contenuto dell’intero compito, un ruolo fondamentale e dirimente per il raggiungimento quasi del punteggio massimo”. I giudici rincarano poi la dose. “Simili corrispondenze sono rinvenibili diffusamente nel compito e moltissime frasi (interi periodi, per lunga parte dell’elaborato) sono la trascrizione fedele di parti delle monografie in questione. Si vedano, a titolo di esempio, le pagine 3, 4, 5, 6, 7, 9, 10, 62, 67 dell’opera di S. Musolino (Giuffrè, 2007) nonché pag. 1, 2, 3, 4 dell’opera di E. A. Ferioli, i cui passi sono stati identicamente riversati nell’elaborato.
E’ ovvio che la questione non sta nei concetti trattati, che non possono essere che quelli, ma nel fatto che l’esposizione di tali concetti ricalca in modo evidente il testo di riferimento, riproducendosi con le stesse peculiari locuzioni inserite nel medesimo contesto, il cui uso nel compito non può essere plausibilmente giustificato con la cultura giuridica e il richiamo mnemonico di un testo studiato in precedenza”.