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Io, i miei fianchi, la moda e le nuove – finte – taglie

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alessandra crinzi

Quel vestito era di un rosa che nemmeno Paris Hilton avrebbe osato tanto, con uno scollo a cuore che sarebbe stato perfetto per quel pezzo di donna di Jessica Rabbit; doveva essere mio a tutti i costi. Entro nel negozio, lo vedo, o meglio ancora, lo punto come un leone fa con la gazzella, mi avvicino allo stand con movimento felino e passo in rassegna tutte le taglie. Per un attimo penso di essere finita nel piano sbagliato e che quelle misure siano del reparto “fino ai 14 anni” – striminzite a dire poco – ma sbirciando la prima etichetta intravedo una 42 italiana. La impugno e scappo nei camerini. Noto immediatamente che quella taglia sembra più una 38, ma con aria di sfida decido comunque di provare il vestito. Avete presente un würstel sotto vuoto? Ecco, mancava solo la senape. Respiro, ricontrollo la taglia scelta, leggo nuovamente 42. Inizio a guardarmi allo specchio con aria mista tra sconforto e tristezza. Lo sapevate? Le luci dei camerini di alcuni negozi sono da danni morali, create appositamente per mettere in evidenza ogni centimetro di ritenzione idrica, anche quella inesistente. In aggiunta, se quella che dovrebbe essere la tua taglia ti fa sembrare un cotechino con le lenticchie, il passo verso la crisi isterica tipo Barbara D’Urso che perde un’intervista a zio Michele, credetemi, è veramente brevissimo. Mi rivesto e mi dirigo verso lo stand alla ricerca di una 44, ovviamente non la trovo e decido di provare una 46 pensando che al massimo, se larga, avrei potuto farla stringere dalla mia sarta. Quel vestito era una favola! Lo acchiappo, torno nella stanza delle torture, mi svesto, lo infilo con scioltezza, fino a quando, nel momento in cui mi ritrovo a dover chiudere la cerniera, non riesco totalmente; due minuti di silenzio sono obbligatori. Grazie per la solidarietà. Eh no, qui c’è qualcosa che non va, perché ammetto, durante le feste ho mangiato etti di pasta e cucchiai di Nutella, ma a parte qualche sano chiletto e una marea di sorrisi, non ho preso nient’altro.

Tutto ciò, per una donna come me, è tremendamente demoralizzante.

Partiamo da due presupposti fondamentali, questo perché non voglio essere fraintesa; i problemi della vita sono ben altri e più seri, come è certo – e lo ripeterò sempre – che ridurre l’essenza della donna alla taglia che indossa sminuisce il suo essere ai massimi livelli. Mi ritrovo comunque costretta a soffermarmi su questo argomento perché negli ultimi anni il “fenomeno” delle micro taglie è sempre più diffuso e da donna, nonché guerriera che ha combattuto una battaglia caratterizzata da dolore e grandi complessi, credo sia il caso che qualcuno inizi a parlare facendo chiarezza, soprattutto per le nuove generazioni che non hanno un metro di paragone e si identificano nelle nuove – finte – misure che la moda impone. Non farò il nome di nessuna marca, non voglio cadere in polemiche sterili che ci distaccherebbero dal centro del mio discorso, ma è palese che spesso le taglie dei vestiti che ci vengono proposti non siano veritiere, e trovo ingiusto che una donna come me, mediterranea, con un corpo normale, debba privarsi di acquistare dei capi perché quel determinato brand ha deciso di vestire solo fisici estremamente longilinei. Poi ci lamentiamo se le ragazzine si ammalano di disturbi del comportamento alimentare? Credete io sia esagerata? Forse perché non conoscete fino in fondo l’argomento. Ora va di moda parlarne in televisione intraprendendo dibattiti per acchiappare un po’ di audience; provate a confrontarvi con le quindicenni che mi scrivono settimanalmente, quelle demoralizzate e tristi che mi chiedono consiglio – o meglio, conforto – perché non sono riuscite ad entrare dentro una large che in verità corrisponde a una small; loro di questo particolare non ne sono consapevoli. Provate a spiegargli che non è normale frequentare la terza media e nutrirsi secondo la dieta Dukan quando non se ne ha alcun motivo, ma solo perché l’obiettivo lo richiede ed è quello di entrare in quel pantalone dalle misure impossibile. Provate a pensare che sì, è vero, bulimia e anoressia manifestano malesseri dell’animo, quello più profondo che non pensiamo nemmeno di possedere – io lo so meglio di chiunque altro – ma è anche vero che la ricerca della perfezione può avvicinare alla strada della fissazione e checché se ne dica, nessuna ossessione è da considerarsi sana. Ora, dopo questa manfrina noiosissima, mi rivolgo a tutte voi che avete avuto la pazienza di leggermi fino a questo punto. Basta complessi, paranoie, ansie e ogni sensazione di questo genere. Impariamo a vivere nella consapevolezza; gli stilisti di molte grandi catene d’abbigliamento hanno iniziato a fumare l’acrilico dei maglioni usando come filtrini la plastica delle grucce, ecco il perché di queste taglie sfasate. A prescindere da ciò, volevo comunicare a tutti i grandi brand che producono taglie large che vestono come small che non siamo noi a dover dimagrire, tutt’altro, sono loro che si devono “ripigliare”.

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