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Arctic Monkeys, una storia sempre più affascinante: un successo il concerto di Assago

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Mediolanum Forum, Assago (Milano), 13 novembre 2013: quello che rende il rock speciale sono le storie. Non lo so perché, e non è questa la sede per discuterne, ma è certo che il fascino delle storie r’n’r non abbia eguali. E la storia degli Arctic Monkeys è una delle più affascinanti del nuovo millennio. Detta in due parole, Alex Turner e compagni, con un piede nell’adolescenza, diventano famosi in patria grazie ai concerti e al passaparola, che consente al demo Five Minutes with Arctic Monkeys di diffondersi in Rete – gratuitamente, per volere della stessa band – e al gruppo di firmare con la Domino Records. All’inizio del 2006, l’album d’esordio Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not entra nel Guinness dei Primati vendendo 1 milione di copie in 8 giorni. Comincia così la parabola del gruppo inglese. Non è affascinante? Lo è ancora di più ammirando la qualità raggiunta dai Monkeys con l’ultimo album AM, prima del quale Alex e soci sono passati attraverso altri capitoli della storia, ognuno dei quali ha rappresentato un momento di crescita, di maturazione delle qualità che s’intuivano fin dalle prime pagine.

E così si arriva al Forum. Sold-out, tra l’altro. Non che questo rappresenti il momento più alto di una band che neanche 5 mesi fa era headliner a Glastonbury, e cioè all’evento musicale più importante del pianeta. Ma certo è significativo che un paese come l’Italia, tradizionalmente spinto verso la musica dalle hit radiofoniche, premi in questi termini una band che non ha mai avuto singoli in rotazione – persino i Radiohead ce li hanno. Segno dei tempi, perché giovani e giovanissimi – che rappresentano il più ampio bacino di fan per i Monkeys – le hit se le scelgono da soli su YouTube e social vari. Segno della grande potenzialità del gruppo, visto che al Forum non ci sono solo ragazzini, ma anche tanti 30enni e pure qualcuno più in là con l’età.

Alex Turner, classe 1986, è l’anima del gruppo. Lo è nella composizione, nel look – ha guidato la “rivoluzione della brillantina” all’interno della band – e anche sul palco. Non potrebbe essere altrimenti. Pur mantenendo un certo distacco, e anzi forse proprio per questo, ha un’atteggiamento da rockstar assolutamente credibile. Vestito nero e camicia a fiori, catena al collo e anello al dito, mezzo chilo di gelatina tra i capelli con la banana alla Elvis, mocassino nero. Voce profonda, gestualità controllata. Risulta persino sexy, pur non essendo particolarmente bello – ma andate a raccontarlo alle sbarbate che in prima fila tengono in mano un cartellone con scritto “Alex You Are Mine”, parafrasando il singolo Are U Mine. Fin dal primo brano, Do I Wanna Know, tiene in pugno lo show, come un navigato entertainer. In effetti, è dal 2003 che sale sul palco. Sarà lui a guidare il concerto fino alla fine, pur limitando i movimenti alla controllata gestualità di cui sopra, pur senza spendersi per cercare l’interazione a tutti i costi. È distaccato, e funziona.

Nell’ora e mezzo di concerto si passa attraverso tutti e cinque gli album prodotti dagli inglesi, con particolare focus sull’ultimo. E meno male, perchè AM è uno dei migliori dell’anno. Forse il migliore. Ma è innegabile che pezzi come I Bet You Look Good On The Dancefloor, Dancing Shoes e Teddy Picker, tratti dai primi due, piacciano ancora moltissimo. In ogni caso, pur rimanendo la scrittura di Alex Turner tutt’altro che popular, i brani dal vivo funzionano alla grande. (Putroppo non ricordo su quale brano abbiano citato i Black Sabbath di War Pigs, ma l’hanno fatto. E questo la dice lunga su come la vedano, i pischelli di Sheffield…).

Il concerto di Milano è una perfetta fotografia dello stato attuale degli Arctic Monkeys. Una indie rock band che si sta trasformando in qualcosa di diverso, anzi che è già qualcosa di diverso, ancora difficilmente identificabile ma sicuramente più grande. In tutti i sensi. Questo perchè hanno già tantissimi pezzi da portare sul palco, un frontman che ha tutte le carte in regola – compresa una voce all’altezza della situazione – per guidare il gruppo e hanno anche una vasta platea di fan (è il terzo concerto in Italia nel 2013). Per come la vedo io, perché la trasformazione sia completa manca ancora qualcosa sul palco. Per esempio non ho capito perchè il concerto sia durato solo 90 minuti: è vero che la qualità non si deve per forza sposare con la quantità, ma spostarsi dal circuito indie – come stanno facendo loro – significa anche venire a patti con le “esigenze” del pubblico. Devono imparare a reggere anche due ore di show. Poi, potrebbero migliorare l’impatto degli altri membri eccetto Turner, a partire dalla presenza scenica. Infine, devono cercarsi un fonico all’altezza della situazione, visto che il suono era impastato come rare volte ho sentito al Forum. Immagino che si debba solo aspettare i prossimi capitoli della storia.

D. Salomone

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