Mentre il Governo sta cercando di trovare una soluzione all’utilizzo del Green Pass sui luoghi di lavoro e sui mezzi di trasporto pubblici, a Terni un’operatrice socio-sanitaria dipendente di una cooperativa sociale è stata sospesa, anche dallo stipendio. Il motivo? La donna si è rifiutata di vaccinarsi contro il Covid e a nulla è servito il ricorso perché per il giudice la misura adottata è giusta, ‘adeguata e proporzionata’.
Rifiuta il vaccino e viene sospesa dal lavoro (e dallo stipendio)
La donna, che si occupava degli anziani non autosufficienti, a febbraio scorso ha pensato bene di non vaccinarsi perché contraria a un trattamento sanitario, da lei giudicato ancora sperimentale. Da questa decisione, il medico del lavoro l’ha ritenuta non idonea a lavorare e a marzo il datore l’ha sospesa per 24 mesi. Contro questo provvedimento, la lavoratrice ha presentato un primo ricorso all’Usl competente che ha confermato l’inidoneità, ma ha fissato il termine della sospensione al 31 dicembre 2021, poi si è presentata con i documenti alla mano davanti al giudice del lavoro. La speranza era quella di poter ritornare alle sue mansioni, ma la decisione del giudice per la donna è stata, forse, l’ennesima doccia fredda.
Il giudice, infatti, ha confermato la legittimità del provvedimento e ha affermato che “il dipendente deve osservare precisi doveri di cura e sicurezza per la tutela dell’integrità psico-fisica propria e di tutti i soggetti terzi con cui entrato in contatto. (…) E’ da ritenere prevalente, sulla libertà di chi non intenda sottoporsi a vaccinazione contro il Covid-19, il diritto alla salute dei soggetti fragili che entrano in contatto con gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario, in quanto bisognosi di cure e, più in generale, il diritto alla salute della collettività”.