Sono state pubblicate le motivazioni della sentenza pronunciata dalla Cassazione lo scorso 3 maggio in merito alla condanna della famiglia Ciontoli sul caso dell’omicidio di Marco Vannini. Oltre 60 pagine con cui i Giudici hanno ribadito di come tutti si fossero accorti della gravità della situazione ma che al tempo stesso nessuno si attivò per chiamare tempestivamente i soccorsi. La loro unica preoccupazione fu infatti quella di pensare esclusivamente alle conseguenze dannose (per loro) riguardo all’accaduto non facendo nulla per tentare di salvare Marco. Una “condotta spietata”, sottolineano e sentenziano i Giudici. Ricordiamo che Antonio Ciontoli, il padre, è stato condannato a 14 anni di reclusione, mentre i figli, Federico e Martina, e la moglie Maria, a 9 anni e 4 mesi.
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Omicidio Marco Vannini: «Condotta Ciontoli spietata»
La Cassazione, nell’elencare e spiegare le motivazioni che hanno portato alla condanna, ha precisato, si legge, che gli “imputati scelsero di non fare alcunché che potesse essere utile per scongiurare la morte, non solo rappresentandosi tale evento ma accettando la sua verificazione, all’esito di un infausto bilanciamento tra il bene della vita di Vannini e l’obiettivo avuto di mira, ovvero evitare che emergesse la verità su quanto realmente accaduto”.
E su Ciontoli: “Era ben consapevole di aver colpito Marco Vannini con un’arma da fuoco e della distanza minima dalla quale il colpo era stato esploso”. Inoltre, aveva coscienza che “il proiettile era rimasto all’interno del corpo del Vannini, come gli aveva fatto notare anche il figlio Federico dopo il ritrovamento del bossolo”. Sul fatto poi che la famiglia si sia attivata subito per trovare una versione concordata sull’accaduto i giudici parlano – a seguito delle intercettazioni ambientali acquisite – di un “quadro illuminante sulla configurabilità del concorso doloso” dato che “Antonio, Federico e Martina hanno pacificamente tentato di addivenire ad una versione concordata circa le pistole, su dove si trovassero, su chi le avesse prese e tolte dal bagno”.
«Marco Vannini aveva invocato aiuto»
Eppure Marco aveva chiesto aiuto, urlato e sentito dai vicini, ma venne deliberatamente ignorato. «Tutti si preoccuparono subito della presenza del proiettile ancora nel corpo di Vannini, tutti ebbero immediata cognizione di tale circostanza e tuttavia nessuno si attivò per allertare tempestivamente i soccorsi, fornendo le informazioni necessarie a garantire cure adeguate al ragazzo», si legge in un’altra delle pagine redatte dalla Cassazione.
Infine ecco un ulteriore stralcio che mette nero su bianco la condotta Antonio Ciontoli. Quest’ultima non “fu non solo assolutamente anti doverosa ma caratterizzata da pervicacia e spietatezza, anche nel nascondere quanto realmente accaduto, sicché appare del tutto irragionevole prospettare, come fa la difesa, che egli avesse in cuor suo sperato che Marco Vannini non sarebbe morto”.