Emergono tutti i particolari riguardo l’arresto dell’autore dell’efferato delitto avvenuto la sera del 22 giugno, in piazzale Appio, quando intorno alle ore 22.00 veniva visto dai passanti un uomo riverso a terra in un lago di sangue, con un coltello conficcato sulla schiena. Dalle prime ricostruzioni effettuate dalla Squadra Mobile e dal VII Distretto S. Giovanni, prontamente intervenuti sul posto, unitamente a personale di Polizia Scientifica e del medico legale, come disposto dal Dr. Cusani sostituto procuratore della Procura della Repubblica che coordinava le indagini, emergeva che un ignoto aggressore, verosimilmente straniero, secondo le testimonianze di due ragazze che di sfuggita si erano accorte di quanto accaduto, aveva accoltellato la vittima, Ahmed Bilal Khaled, nato in Iraq il 9 giugno 1980, incensurato, profugo richiedente asilo, munito di foglio di soggiorno, dimorante presso il centro di accoglienza di via Aristide Staderini 9.
La ricostruzione dell’omicidio
Da una primaria visione di alcune telecamere presenti presso la sala operativa della questura inquadranti, sebbene da lontano, il luogo in cui si era verificato l’omicidio, si poteva confermare la dinamica dei fatti: due persone stavano discutendo nemmeno animatamente sul marciapiede che fa angolo con via Taranto, quando uno dei due improvvisamente con un coltello preso di nascosto dalla tasca dei pantaloncini che indossava, colpiva il malcapitato con dei fendenti, per poi fuggire. Dalla immediata identificazione della vittima, che aveva con sé uno zainetto contenente i documenti e i suoi effetti personali, si capiva anche la sua attività lavorativa, grazie a dei bigliettini indicanti un autolavaggio ubicato in via di Castel di Leva 322; oltre a ciò si rinveniva una fotocopia di un documento appartenente a un cittadino giordano.
Immediatamente gli agenti si recavano in contemporanea presso l’autolavaggio e presso il luogo di dimora dell’iracheno, scoprendo, a seguito di perquisizione, dai registri dell’esercizio commerciale, aperto con le chiavi rinvenute nello zaino, che lo straniero era di fatto insieme al cittadino giordano il proprietario dell’autolavaggio in cui lavoravano 2 impiegati, uno siriano ed uno armeno, di cui però non si riusciva in quel momento a conoscere il domicilio in cui vivevano.
Nella notte veniva rintracciato e verbalizzato il cittadino giordano che raccontava di un problema con l’impiegato armeno, legato ad ammanchi di soldi rispetto alle auto che venivano lavate, fatto per il quale i due soci avevano deciso di licenziarlo visto che nonostante l’evidenza l’impiegato continuava a negare di aver rubato denaro. Per questo motivo si era deciso di dargli i soldi della giornata e poi allontanarlo. Da qui l’incontro chiarificatore tra Ahmed e G.S., sfociato in tragedia.
Intanto, ad apertura negozi, si riusciva a estrapolare dalle telecamere presenti in uno di questi il video che ritraeva perfettamente gli accadimenti, fornendo degli ulteriori particolari: si vedeva, infatti, che i due soggetti discutevano sul marciapiede nemmeno in modo animato finchè all’improvviso il dialogo culminava nella violenta reazione dell’armeno che con un coltello colpiva al colo ed alla gola l’iracheno il quale si accasciava a terra; dopo aver sferrato diversi fendenti al collo della vittima l’uccisore sembrava allontanarsi ma poi ci ripensava e tornava indietro continuando ad infierire sul malcapitato, lasciando il coltello conficcato nella nuca per poi dileguarsi.
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Il particolare rivelatore: la ferita al dito dell’aggressore
Un’attenta visione della fuga consentiva di verificare un particolare che poi si rivelerà importante: una ferita evidente al dito dell’aggressore. Le immagini raffiguranti le caratteristiche fisiche dell’aggressore permettevano tramite il sistema afis in uso alla Polizia di Stato di trovare corrispondenza tra la fisionomia del killer e la fotografia presente nel sistema informatico del nominativo trovato tra gli impiegati dell’autolavaggio: G. (cognome) S (nome), nato in Armenia nel 1994, incensurato, munito di foglio di soggiorno provvisorio in quanto richiedente asilo politico, presente già da qualche anno in territorio italiano, di fatto s.f.d..
La successiva individuazione fotografica del datore di lavoro che riconosceva lo straniero come suo dipendente, toglieva ogni dubbio sull’identità dell’autore dell’omicidio, che adesso andava solo trovato. Dalle ore 10.00 di ieri iniziava una caccia all’uomo o meglio alla captazione del segnale gps presente sul cellulare in suo possesso che, quando acceso, portava gli agenti da Rocca di Papa a Ciampino sino alla stazione Termini, dove il fuggitivo prendeva un treno in direzione sud senza che i poliziotti riuscissero ad arrivare in tempo.
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Il tentativo di fuga verso Napoli
Il segnale gps indicava la direzione di Latina e pertanto gli operanti si portavano in modo repentino in direzione sud, capendo durante il tragitto che il ricercato si stava dirigendo a Napoli, riuscendo pure a capire quale treno avesse preso. Pertanto, si allertava la Squadra Mobile di Napoli che verso le ore 23.50 di ieri veniva raggiunta dal personale della Squadra Mobile di Roma. A mezzanotte, il medesimo sceso dal treno alla stazione ferroviaria di Napoli centrale, trovava ad attenderlo i poliziotti che lo bloccavano. Portato presso gli uffici della Squadra Mobile di Napoli gli operatori procedevano al fermo di indiziato di delitto. Al termine degli adempimenti di rito, veniva associato presso il carcere di Poggioreale a disposizione della A.G. partenopea, in attesa della convalida del fermo da parte del G.I.P..