A due giorni dalla sparatoria di Colle Romito, emergono sempre più particolari sulla vita di Andrea Pignani, il killer di Ardea morto suicida in casa dopo aver ucciso David e Daniel Fusinato, di 5 e 10 anni, e Salvatore Ranieri, il 74enne che aveva provato a proteggerli. Il ragazzo utilizzava sui social un nick name ambiguo, Mr Hyde 86, che faceva trapelare la sua duplice personalità: da una parte l’amore per gli animali, a partire dal suo beagle Argo, con cui lo vediamo giocare nel video trovato in rete, dall’altra le sociopatie raccontate dai vicini di casa. L’ingegnere informatico era iscritto nel gruppo social animalista Adopta-me e mostrava il suo affetto per gli animali.
Killer di Ardea: chi era
Ma quello che, appunto raccontano i vicini è tutta un’altra storia: discussioni, alterchi, minacce, anche se il suo aspetto “normale”, anche un po’ timido e sottomesso, non ha mai fatto immaginare che potesse esserci un epilogo così tragico.
Se non fosse stato per la pistola. Quell’arma che non avrebbe dovuto esserci, che sarebbe dovuta essere riconsegnata alla morte del padre, nel novembre 2020. Il padre di Andrea, guardia giurata romani in pensione, l’aveva portata da Roma a Colle Romito dopo il nulla osta ricevuto dal Commissariato Esposizione nel 2019. Poi, alla sua morte, l’arma era sparita. “Non la trovavamo più”, hanno dichiarato i familiari di Pignani”.
Pignani l’11maggio del 2020 minacciò la madre con un coltello: arrivarono i carabinieri e l’uomo fu sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio, passando un giorno e una notte in ospedale, presso il Pronto Soccorso del Nuovo Ospedale dei Castelli di Ariccia (RM) «ove giungeva volontariamente nel pomeriggio stesso per ‘stato di agitazione psicomotoria’ con codice azzurro, venendo sottoposto a consulenza psichiatrica, a seguito della quale veniva dimesso la mattina successiva con diagnosi di ‘stato di agitazione’ – paziente urgente differibile che necessita di trattamento non immediato», si legge in una nota congiunta dei Carabinieri del Comando provinciale di Roma e della Procura di Velletri. Ieri la Asl Roma 6 ha inviato un comunicato che conferma il ricovero e smentisce le voci del Tso circolate in questi giorni: questo infatti quanto afferma la Asl: «non è mai stato sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio presso le nostre strutture aziendali e non era in carico ai servizi territoriali di salute mentale».
E’ quindi tutto abbastanza contorto, ma di chiaro c’è che Andrea Pignani aveva conservato la pistola del padre con l’intenzione di utilizzarla per uccidere. Domenica infatti è uscito con quell’intento: non aveva litigato con nessuno, non era agitato – e il racconto del vicino che lo ha visto prima che si barricasse in casa lo conferma – non aveva un obiettivo in particolare.
La madre Rita e la sorella Cristina lo descrivono così «Era disoccupato, era solo, isolato, non aveva amici e non si curava», mentre Romano Catini, presidente del consorzio di zona, parla di lui come di una persona litigiosa e in contrasto con il vicinato. I Carabinieri hanno ufficialmente dichiarato che il 34enne non aveva precedenti e che non era mai stato denunciato dai vicini di casa.
Lui, che aveva scelto l’alter ego cattivo del dottrino Jeckyll, sui social parlava di sé stesso attraverso le parole di Nietzsche: «Mai sazio, come la fiamma mi ardo e mi consumo, luce diventa tutto ciò che afferro». Ad Aprile lo aveva anche lasciato la sua fidanzata. Era quindi ancora più solo e questo potrebbe aver influito nella sua follia.