E’ una storia assurda, ma assolutamente vera, quella che vede protagonisti una coppia, Anna e Marco, lo Stato e una donna che faceva riti woodoo per far prostituire minorenni.
Marco e Anna, lei incinta all’ottavo mese, dopo essersi sposati hanno comprato casa per andare a vivere insieme a Pomezia, nel quartiere di Martin Pescatore, ma al momento di entrare nell’abitazione tanto sognata, è iniziato l’incubo: all’interno, infatti, ci hanno trovato una donna, Florence Omorowa, una 42enne nigeriana a cui era stati dati gli arresti domiciliari proprio nella casa che la coppia aveva acquistato con i sudati risparmi e che sarebbe servita per riunirla.
Già, perché Anna e Marco fino a quel momento avevano vissuto un amore “pendolare”, con 150 chilometri che li dividevano: lui residente ai Castelli Romani, a Marino, lei invece in provincia di Frosinone. La casa nel Comune di Pomezia rappresentava i loro desideri: vicina al mare, comoda anche per il bambino in arrivo, visto che si tratta di un bel villino.
La “sorpresa”
“Abbiamo acquistato la casa come asta fallimentare – racconta Marco – con la rassicurazione che il precedente proprietario sarebbe uscito di casa prima del nostro ingresso”. E infatti così è stato. Solo che il vecchio proprietario se ne è andato, ma la sua convivente no, perché è stata arrestata e messa ai domiciliari proprio a quell’indirizzo. Entrambi nel 2017 erano stati coinvolti in una brutta storia di prostituzione minorile, con riti woodoo per costringere le ragazzine a prostituirsi. Solo che l’uomo non è stato arrestato, mentre la donna sì, ricevendo una condanna per 9 anni, che adesso la donna sta scontando nella casa nel frattempo venduta – sempre dallo Stato – alla coppia che ora non può andare ad abitarci.
“Insieme al delegato del Tribunale siamo andati a vedere l’abitazione per la prima volta poco prima dell’asta, che è avvenuta nel gennaio 2020, il vecchio proprietario neanche c’era. C’era invece solo una donna, che non si era identificata. Solo in seguito, ad ottobre, quando siamo riusciti ad avere l’accesso alla casa, abbiamo scoperto che si trattava della compagna dell’uomo e che era agli arresti domiciliari. Siamo andati quindi dai carabinieri di Torvaianica per fare opposizione ai domiciliari in casa nostra. Abbiamo anche fatto due istanze al giudice penale, ma sono state rifiutate entrambe”.
Disperati, Anna e Marco si sono rivolti alla Corte d’Appello, che però ha dato loro questa assurda risposta: “Se anche la Omorawa venisse liberata, potrebbe continuare a dimorare” nella casa di Martin Pescatore. In pratica, la coppia avrebbe acquistato la villetta all’asta, con tutte le assicurazioni del Tribunale e del Giudice, prendendo una “fregatura” colossale, perché in quella casa potrebbe non andare ad abitarci mai, visto che ha pagato per farci vivere una persona che sta scontando una condanna per sfruttamento della prostituzione minorile e introduzione illecita di clandestini in Italia. Questa persona non ha nessun titolo per viverci: non è (né è mai stata) la proprietaria, non è locataria perché non ha mai avuto un contratto di affitto, non paga né ha mai pagato nulla per stare lì. E’ praticamente un’abusiva a cui sono stati dati gli arresti domiciliari in quella casa dove aveva la residenza perché vi abitava al momento in cui ha commesso un crimine piuttosto infamante. E adesso Anna e Marco le devono pagare l’alloggio.
La disperazione della coppia
“Siamo veramente disperati, perché dovendo pagare il mutuo non possiamo permetterci di pagare anche un affitto – dichiara Marco – quindi, anche se siamo sposati, io vivo a casa di mio padre, mentre mia moglie sta a casa dei suoi genitori. Stiamo a 150 chilometri di distanza uno dall’altro e tra 35 giorni nascerà nostro figlio: possibile che nessuno possa aiutarci a risolvere questa assurda situazione? Quando abbiamo acquistato nessuno ci ha detto che in quella casa c’era una persona agli arresti domiciliari che sarebbe stato impossibile mandare via. Se lo avessimo saputo, non l’avremmo mai comprata”. Sarebbe bastato vedere il nome degli occupanti per scoprirlo, invece nei documenti del tribunale questo è stato accuratamente nascosto: va bene la privacy, ma in questo modo due persone si ritrovano a pagare una casa che non hanno. E non solo: rischiano anche di dover pagare le tasse come se fosse la loro seconda casa, visto che la loro residenza risulta altrove.
Un’altra assurda storia italiana, in cui le istituzioni sono cieche e sorde all’evidenza dei fatti. Le testimonianze di Domenico, di Lilit e di tanti altri lettori che ci raccontano le loro battaglie “contro” chi invece dovrebbe essere al loro fianco fanno capire che c’è qualcosa che non va: altro che snellimento della burocrazia, qui sembra di entrare in tunnel senza fine.