Siamo alle solite. L’Italia vede un pallone e dimentica i guai. E il timore dei contagi. Così la gente si riversa in piazza, senza cautele (e moltissimi senza mascherine…) e senza distanziamento, per festeggiare lo scudetto dell’Inter, dopo 11 anni. Succede a Milano, a Piazza Duomo. Ma sarebbe potuto succedere in qualsiasi altra parte d’Italia, se a vincere fosse stata un’altra squadra.
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E intanto i ristoranti e i bar possono lavorare solo all’aperto, così quando piove o rimandano a casa i clienti che hanno prenotato, o li fanno mangiare muniti di ombrello, oppure apparecchiano dentro e si beccano una multa e la chiusura per 5 giorni, le palestre sono ancora chiuse dopo un anno e tante attività stentano a riaprire perché le limitazioni le hanno portate allo stremo. E se è vero che c’è tanta voglia di tornare alla normalità, è pur vero che questa si raggiunge solo con comportamenti consapevoli e maturi, non rischiando di contagiarsi solo per festeggiare la squadra del cuore, quando ci viene vietato pure di festeggiare il compleanno in casa con i nostri familiari o amici, se sono più di 4 oltre ai conviventi. Già ci si mettono le istituzioni, che non forniscono mezzi pubblici o servizi adeguati per evitare assembramenti, se ci aggiungiamo l’idiozia di massa, come le file all’Ikea tutti attaccati o gli abbracci in piazza per la conquista dello scudetto, uscire da questo incubo sarà sempre più difficile.