Emergono alcuni retroscena sul “caso artistico” che ha tenuto banco nel mese di marzo a Pomezia. Parliamo dell’opera “cancellata” e sostituita alla Biblioteca Comunale presso la quale è stato ultimato (e inaugurato) il grande murale dell’artista Agostino Iacurci.
Prima infatti “dell’Antiporta” – questo il nome dell’attuale murale – un’altra opera era stata realizzata sull’edificio dal titolo “Futuro Antico” . Si trattava di una Venere “pixellata” realizzata in occasione della seconda edizione del “Pomezia Light Festival nel 2018” e simbolo stesso peraltro della kermesse; un’opera che, a quanto emerso, era stata molto apprezzata dai cittadini considerando il moto di disappunto emerso sui social alla notizia della sua cancellazione.
Da Il Corriere della Città – APRILE 2021
Il caso dell’opera “sovrascritta” a Pomezia e la ricostruzione dei fatti
In molti si sono infatti interrogati sul perché il Comune di Pomezia abbia deciso di cancellare – e non integrare ad esempio – un’opera che appena tre anni fa era stata inserita nell’ambito di un’importante manifestazione voluta dall’Ente stesso. Non solo. L’altra domanda ricorrente è stata: i precedenti artisti sono stati avvisati di quanto stava avvenendo alla Biblioteca? Per saperne di più, allora, ci siamo messi in contatto proprio con gli autori della creazione artistica “cancellata” Damiano Petrucci e Valerio Bernardini, noti nel mondo dell’arte urbana sotto il nome di “Controllo Remoto”.
L’intervista
Partiamo dalla domanda fatidica. Il Comune vi ha avvisato della cancellazione della vostra opera?
«La risposta a questa domanda sembra semplice ma non lo è. Diciamo di sì, anche se…un po’ in ritardo. Spieghiamo meglio: a noi è arrivata, tramite i social, la foto con l’artista che stava già lavorando e dunque noi abbiamo appreso la notizia in questo modo. Il giorno dopo però siamo stati contattati dal Comune che ci ha “avvisato” della cosa anche se, in realtà, il “fatto”era già compiuto in un certo senso. Diciamo che è stata una comunicazione “post” e non “pre” una specie di tentativo un po’ singolare, ecco. Non che fosse una cosa dovuta, pensiamo, probabilmente è più una questione di “etichetta”. Da quanto ci è stato riferito, ad ogni modo, è stato lo stesso artista che sta lavorando sulla Biblioteca, prima di mettersi all’opera, a chiedere subito al Comune se i precedenti artisti fossero stati avvisati. A scanso di qualsiasi polemica dobbiamo dire comunque che il Comune di Pomezia ha poi rimediato abbastanza prontamente a questa, passateci il termine, défaillance e questo ci ha fatto molto piacere. La questione è già superata insomma».
In che modo?
«Ci è stato proposto di incontrare il Sindaco e valutare se ci siano i margini per programmare il rifacimento dell’opera che è stata cancellata. Possiamo dire che ne parleremo volentieri sicuramente anche e soprattutto alla luce del “calore” ricevuto dalla cittadinanza per la scomparsa della nostra creazione. Sicuramente andremo oltre a quanto accaduto nello specifico».
Come appreso da entrambe le parti, l’incontro è stato poi fissato ufficialmente. Ma andiamo avanti.
La vostra opera si intitolava “Futuro Antico”: cosa rappresentava?
«L’idea non era stata nostra. Inizialmente noi abbiamo preso parte al Festival esponendo delle tele e avevamo inoltre un’altra opera a tutt’altro tema che poi si sarebbe inserita nella kermesse. Poi, qualcuno dell’organizzazione, ma anche qualcuno legato all’Amministrazione di cui ora non ricordo il nome, espresse il desiderio di vedere realizzata e riproposta il simbolo della manifestazione come murale sulla Biblioteca. Quando ci è stato chiesto di realizzarla non ci abbiamo pensato su due volte. Si è trattato di un’opera offerta alla città nel senso che il Pomezia Light Festival ci ha fornito i materiali e noi l’abbiamo realizzata con molto piacere per i cittadini. Non abbiamo ricevuto insomma nessun compenso. Per ciò che riguarda il significato dell’opera si trattava di un tentativo di rivisitare e aggiornare in qualche modo un’immagine iconica di un’arte passata, la Venere di Botticelli, in chiave moderna. Così abbiamo pensato di riproporla a modo nostro dandole un senso futuristico. Abbiamo scelto i pixel considerando che sono espressione e unità di misura del digitale».
Lo avete già accennato voi ma credo sia doveroso sottolinearlo: a giudicare dalle reazioni la vostra opera era piaciuta ai cittadini…
«Sì, come detto non ci aspettavamo tutto questo calore. Abbiamo avuto la conferma che l’opera era stata accolta favorevolmente dalla cittadinanza. Ci ha fatto piacere ricevere così tanti complimenti».
Al di là del caso specifico è giusto secondo voi, quando si parla di arte urbana, sovrapporre un’opera ad un’altra opera?
«E’ una domanda molto difficile. Non esistono risposte o verità assolute, né tanto meno vogliamo imporre il nostro pensiero a nessuno. So che quando si tratta di un’opera di street art patrocinata dal Comune si può essere un po’ più attenti a sommare le opere invece di rimanere a “somma 1”. Questa è la cosa che fondamentalmente un po’ stona. Diciamo però che, con l’invito che ci è stato fatto eventualmente a farne un’altra, ecco che si realizza la somma delle due opere».
Alcune opere del duo di “Controllo Remoto”