Aumenta l’apprensione nel carcere di Rebibbia a seguito della positività al Coronavirus di 54 detenute e 6 agenti. A darne notizia è Aldo di Giacomo, segretario generale del sindacato di Polizia Penitenziaria Spp.
“Il virus è tornato nel carcere femminile di Rebibbia ed il ritorno è stato più irruente rispetto alle ondate precedenti. Da quanto appreso dagli ultimi dati forniti dall’Amministrazione sembra siano risultate positive al tampone molecolare 54 detenute”. Continua Di Giacomo: “Sappiamo inoltre della positività di 6 unità di Polizia Penitenziaria. Il numerico evidenziato pare sia in crescita”. “Vista l’entità del numero dei contagi potrebbero seriamente iniziare a mancare i posti in isolamento sanitario. Pare opportuno, così come è avvenuto ed avviene in altri istituti penitenziari, valutare la possibilità di uno sfollamento. L’obiettivo si sostanzierebbe nell’evitare il rischio che in caso di mancato contenimento, per le dimensioni ed il numero di persone che ruotano intorno al carcere di Rebibbia che ricordiamo essere il carcere femminile più grande d’Europa, il focolaio possa diventare un rischio anche per la salute pubblica ed esterna alle mura del carcere, in primis per le famiglie del Personale. Appare inoltre indispensabile monitorare costantemente l’andamento dei contagi mediante esecuzione di tamponi molecolari, ripetuti a distanza di tempo, sia per il personale che per la popolazione ristretta. Va assolutamente velocizzata la somministrazione dei vaccini nelle carceri di tutto il territorio nazionale cosicché, al pari di quanto accaduto nelle RSA, possa essere ridotto e arginato il pericolo di ulteriori focolai.”
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Seguono a Di Giacomo le dichiarazioni del vice-segretario generale Gina Rescigno e responsabile sindacale nazionale S.PP. del comparto Polizia Penitenziaria femminile: “L’avvento del virus ha visto sin dagli inizi troppe disomogeneità sia tra i diversi Provveditorati che tra i diversi istituti nell’ambito dello stesso Provveditorato e ciò si è rispecchiato anche sulla campagna vaccinale. Sebbene gli sforzi e nonostante la distribuzione dei necessari DPI, la parola d’ordine è ‘vaccinare’ e farlo nel tempo più rapido possibile, dando in tal modo finalmente una risposta alla dedizione e alla professionalità di tutti coloro che continuano a lavorare in prima linea rischiando la vita.”