Parla chiaro, la sentenza del Tar n. 3814 del 29 marzo: il Comune di Pomezia ha richiesto la decadenza della convenzione demaniale dello stabilimento balneare “La Barraca” in base a irregolarità sovrastimate, che sono state smontate in ogni punto dai giudici del Tribunale Amministrativo del Lazio, con grande soddisfazione dei gestori, che possono così tirare un sospiro di sollievo e riprendere a lavorare in tranquillità in vista della stagione estiva.
“Tutte le irregolarità poste dall’Amministrazione alla base del provvedimento impugnato siano, in verità, risultate ridimensionate in base agli atti di causa o appaiano comunque tali da poter essere agevolmente superate tramite semplice diffida e, in ogni caso, non così gravi da condurre ad un provvedimento come la decadenza della convenzione”, si legge nella sentenza. Ma quali erano queste irregolarità ritenute così gravi dall’amministrazione da dover far decadere la convenzione e di conseguenza togliere la concessione demaniale al gestore?
Le irregolarità al controllo
Ai gestori de “La Barraca”, durante un controllo fatto tre giorni prima della chiusura stagionale, era stata contestata la mancata corretta delimitazione dell’area, l’assenza di un percorso che permettesse ai disabili di arrivare fino alla battigia, la minore estensione delle tecnostrutture per le zone d’ombra e di quella adibita al primo soccorso rispetto a quanto previsto, il mancato rinvenimento, durante l’ispezione, delle strutture adibite a zone d’ombra con tavoli e sedie, la presenza sull’arenile in convenzione di una doccia in legno a cielo aperto avente la superficie di mq 2,89 (non inserita nel grafico della convenzione) e la presenza all’esterno del box di una bombola del gas, che si trovava invece appoggiata sull’arenile.
Il gestore, ritenendo che le irregolarità contestate “non sarebbero state idonee a supportare e legittimare il disposto annullamento ovvero la decadenza dal titolo demaniale, non costituendo, in realtà, inadempimenti agli obblighi previsti dalla convenzione”, aveva fatto ricorso lamentando un eccesso di potere da parte del Comune, lamentandone l’illegittimità del provvedimento.
Le motivazioni accolte dal Tar
Per i giudici la non corretta delimitazione dell’arenile, per un’area addirittura inferiore a quella prevista è ben giustificata dagli effetti della mareggiata e del forte vento dei giorni precedenti il sopralluogo, così come dall’imminente chiusura della stagione balneare, mentre l’installazione di una passerella per i disabili fino alla battigia non è espressamente prevista dalla convenzione.
Il Tar dà ragione al gestore anche sulla minore estensione delle zone d’ombra o di quella destinata alle attrezzature di primo soccorso, decidendo che non risultano “violazioni tali da incidere negativamente sugli interessi pubblici tutelati dalla convenzione o da non poter essere facilmente eliminate attraverso modeste modifiche delle stato dei luoghi, a richiesta dell’Amministrazione”.
I giudici si esprimono a favore del ricorrente anche per quanto riguarda bombola del gas rinvenuta durante il sopralluogo sull’arenile fosse comunque vuota, del tutto staccata dagli impianti ed in attesa di essere ritirata dall’incaricato del fornitore, così da non integrare un pericolo per la sicurezza e una violazione delle norme antincendio. Infine la presenza delle docce a cielo aperto fosse prevista dal progetto allegato alla convenzione, mentre la mancata sistemazione sull’arenile di ombrelloni, tavoli e sedie al momento del sopralluogo sia spiegabile con il basso afflusso di persone presso la spiaggia, a tre giorni dalla chiusura della stagione balneare.
“Tutte le irregolarità poste dall’Amministrazione alla base del provvedimento impugnato – si legge nella sentenza – siano, in verità, risultate ridimensionate in base agli atti di causa o appaiano comunque tali da poter essere agevolmente superate tramite semplice diffida e, in ogni caso, non così gravi da condurre ad un provvedimento come la decadenza dalla convenzione”. Bastava quindi una semplice diffida e si sarebbe evitato tutto questo, comprese le ennesime spese processuali e di lite, ovviamente a carico del Comune, condannato dal Tar a pagare.