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L’IMPORTANZA DELLA PSICOLOGIA NELLO SPORT

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Psicologo e Psicoterapeuta, Giuseppe Godino vanta una carriera di oltre 20 anni di attività di consulenza nell’ambito della psicologia dello sport, sia a livello professionistico che giovanile nel calcio, pallanuoto, pallavolo, basket, tennis e golf. Direttore Operativo e didatta dell’ I.R.E.P (Istituto Ricerche Europee in Psicoterapia Psicoanalitica) è responsabile dell’area psicologica della High School Portieri Valerio Fiori Milan Junior Camp: un ruolo fondamentale nella preparazione psicologica della figura del portiere, accompagnato in tutte le fasi di crescita e sviluppo. Una lunga esperienza messa al servizio di giovani talenti, attraverso stage, incontri e numerosi progetti formativi.

Dott. Godino,  in cosa consiste nello specifico il suo ruolo?

«Il mio ruolo si concentra sostanzialmente su due aspetti: il primo riguarda la preparazione mentale psicologica, dei giovani portieri a partire dai 14 anni in poi, perciò si lavora molto sulla concentrazione, sull’individuazione degli esercizi da svolgere e quindi su tutto ciò che riguarda la gestione delle reazioni sotto pressione. Le sollecitazioni di un portiere sono molto particolari, poiché gioca fondamentalmente da solo. Il secondo livello di intervento prevede un lavoro insieme allo staff, dal preparatore atletico ai tecnici, in vista di un allenamento che tenga conto delle necessità dei soggetti in crescita, personalizzando gli interventi di allenamento in relazione alla fascia d’età e alle caratteristiche di apprendimento dei ragazzi».

Si parla spesso di una ‘solitudine’ dei portieri, dal momento che sono soli sia negli allenamenti che durante le partite; è per questo che si lavora molto sulla loro concentrazione?

«Sì, anche se dobbiamo sempre considerare che stiamo parlando di soggetti in età evolutiva, quindi di ragazzi che si stanno formando e non hanno una certa stabilità. Premesso questo, la concentrazione deve creare una visuale di gioco per far sì che il portiere riesca a intevenire in maniera specifica, con interventi mirati in un arco di tempo diluito. Tra l’altro, non avendo la possibilità di scaricare le sue tensioni, attraverso la corsa, il portiere deve essere molto sollecitato affinché riesca a sviluppare un proprio equilibrio».

Ha mai lavorato con portieri professionisti?

«Sì ho lavorato con la Lazio calcio, la prima squadra».

Che differenze metodiche ci sono tra un professionista e un ragazzo più giovane?

«Con il ragazzo bisogna investire e costruire, quindi i margini di manovra e di sviluppo sono molto più ampi, non essendoci ancora delle dinamiche legate alla pressione mediatica o all’aspetto contrattuale, economico, proprie del professionista. Inoltre, nei ragazzi più giovani è più facile approcciarsi all’errore, mentre con i professionisti l’errore è tollerato molto meno».

Come si aiuta un professionista a superare un errore?

«Il primo lavoro che si fa a livello psicologico è quello di aiutare il portiere ad accettare l’errore, poi a seconda della reazione del professionista si può lavorare più sulla concentrazione o sul rilassamento, tutto dipende dalla reazione: può essere più di tipo isterico, esasperato, introverso, estroverso. Ci sono diverse tecniche a seconda dei vari comportamenti».

Quali sono gli insegnamenti che vengono tramandati ai ragazzi, in vista di un’ipotetica carriera futura?

«Avere un buon rapporto con se stessi, essere onesti intellettualmte e non aver paura di conoscersi, altrimenti questo incide sulla concentrazione e sulla precisione del gesto. Non aver paura dei propri limiti, anche perché il miglior portiere è quello che subito dopo un errore riesce a ritrovare un proprio equilibrio. Sul piano valoriale, quando lavoriamo con i giovani cerchiamo molto di coinvolgere le famiglie».

In che modo si è svolto lo stage del 3 marzo?

«Lo stage del 3 marzo è una parte di quello che rappresenta il percorso formativo che faremo a Pomezia dal 9 al 14 giugno, ovvero un’organizzazione in stazioni di lavoro, dove gruppi di ragazzi assortiti per fascia d’età e per livello, lavorano in maniera mirata svolgendo esercizi specifici».

Durante queste occasioni emerge il talento di alcuni ragazzi?

«Sì, emerge anche subito, proprio perchè escono fuori stimoli importanti per esprimere la loro carica agonistica, la loro aggressività (in senso buono) e quindi i ragazzi riescono a far emergere la loro personalità, il talento e le abilità che saranno allenate in seguito».

Maria Teresa Trivisano

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