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Roma, gli studenti di medicina protestano: “Vogliamo i vaccini per fare i tirocini”

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Studenti di medicina vaccini

“Stanchi di essere invisibili” recita un cartello appeso davanti il Palazzo della Regione di Roma dagli studenti di medicina. Studenti, per lo più tirocinanti, che dai primi di marzo si sono unti in uno ‘sciopero permanente’ e che ieri sono stati ricevuti da Egidio Schiavetti, il responsabile della segreteria dell’assessore alla Sanità. 
Gli obiettivi e le richieste dei futuri medici italiani sono sostanzialmente due: l’immediata calendarizzazione delle vaccinazioni e la necessità di conciliare il tirocinio in presenza

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Vaccini: perché i tirocinanti di medicina non sono stati ancora vaccinati?

Questa domanda, che in pochi si pongono, è la prova di un comportamento istituzionale illogico e sconsiderato. Le vaccinazioni, per i tirocinanti, sarebbero dovute già iniziare in quanto rientrano nella ‘terza fascia di proprietà’. Eppure loro non sono ancora stati inseriti nel calendario vaccini, seppur per la quarta fascia siano già iniziati. “Di vaccini c’è carenza, solo per i futuri medici della Sapienza” recita il cartello di una giovane studentessa, che lascia davvero poco spazio ai commenti. 

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Tirocinio online ma lezioni in presenza: qualcosa non torna

Ed ora si arriva al grande problema, i nostri futuri medici stanno seguendo le lezioni in presenza ma i tirocini vengono svolti online. Ecco, ora forse è più semplice capire quale sia il problema: Solo conoscenze, zero competenze, si legge su quelli che stanno diventando gli ‘iconici cartelli’ degli studenti di medicina. La possibilità di ottenere una formazione di qualità per la professione che andranno a svolgere sta diventando impossibile.
Il discorso (e si torna alla prima richiesta dei ragazzi) è che senza vaccini gli studenti non possono frequentare i tirocini; senza tirocini i ragazzi però non saranno mai pronti a diventare medici. La solita storia del cane che si mangia la coda? Qualcosa di peggio: la solita storia dell’Italia che dimentica la sanità. Ed è buffo che dopo un anno di pandemia le priorità non siano ancora cambiate

 

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