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Roma. «Devi pagare il pizzo al clan», il ‘finto mafioso’ ci riprova a distanza di tre giorni: ‘beccato’ di nuovo

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Ci aveva già provato venerdì scorso, quando, presentatosi in 4 negozi diversi e spacciandosi quale appartenente ad un noto clan, aveva cercato, non riuscendoci, di estorcere somme di denaro ai titolari. Arrestato dagli agenti della Sezione Volanti, nei suoi confronti l’Autorità Giudiziaria, convalidato l’arresto, aveva emesso il divieto di dimora nella capitale. 

“Sono il capo di un clan”

Questa volta l’uomo, K.Z., serbo di 51 anni, ci ha riprovato con un complice. Ieri in tarda mattinata, si è presentato in un bar di via Collatina e, millantando nuovamente di essere un capo mafia appartenente ad un noto clan, prima ha chiesto alla titolare di mangiare e poi, minacciandola,  ha cercato di estorcerle denaro. Al rifiuto di questa, che nel frattempo aveva chiesto al marito, di contattare le Forze dell’Ordine, il malvivente si è allontanato velocemente insieme al complice che lo stava attendendo fuori.  

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L’intervento della polizia

Ricevuta la segnalazione, alcuni equipaggi della Sezione Volanti e del commissariato Porta Maggiore, si sono diretti verso l’esercizio e, via radio, hanno appreso di altri due tentativi di estorsione da parte della coppia di malviventi avvenuti in via Prenestina. In uno di questi, un negozio di telefonia, il 51enne aveva tentato di farsi consegnare un telefono cellulare. Giunti sul posto, i poliziotti hanno notato due persone allontanarsi in tutta fretta come per voler eludere l’eventuale controllo. Bloccati entrambi, il K.Z. ha iniziato a minacciare gli agenti aggredendoli con calci e pugni e, una volta nell’auto di servizio ha continuato nell’atteggiamento aggressivo, dando calci verso il vetro posteriore del veicolo, danneggiando il montante dello sportello.

L’altro uomo invece è stato identificato per V.P., romeno di 44 anni, con precedenti di polizia, tra cui una rapina commessa il 4 gennaio scorso all’interno di un supermercato. Arrestati entrambi, dovranno rispondere di tentata estorsione in concorso; il K.Z. anche di  minacce e resistenza a Pubblico Ufficiale nonché di danneggiamento ai beni dello Stato.

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