Il settore enologico ha registrato, specie negli ultimi anni, l’emergere di nuove tendenze, alimentate dal crescente successo riscosso da prodotti ottenuti per mezzo di un approccio più naturale e tradizionale ai processi di vinificazione. I vini senza solfiti rientrano a pieno tra i trend in ascesa del mercato vinicolo, in quanto rispondono perfettamente alle più recenti richieste dei consumatori, sempre più orientati a preferire prodotti di questo tipo anziché quelli di produzione industriale. In questo articolo, vediamo nel dettaglio di cosa si tratta, come vengono prodotti e quali caratteristiche li contraddistinguono dai vini biologici o industriali.
Quando un vino può dirsi “senza solfiti”?
Prima di vedere, nello specifico, cosa sono i vini senza solfiti, è necessario fare una premessa: i solfiti sono una molecola composta da zolfo e ossigeno; in natura può trovarsi in diverse sostanze, tra le quali l’anidride solforosa. I solfiti rappresentano, tra gli altri, un sottoprodotto della fermentazione alcolica; in altre parole, sono presenti naturalmente – seppur in quantità minime – in ogni vino. Di conseguenza, quando ci si riferisce ai vini senza solfiti, in realtà, si indicano tendenzialmente i prodotti senza solfiti aggiunti. Il motivo è semplice: a prescindere dalla concentrazione di solfiti presente naturalmente nel vino, spesso i produttori aggiungono piccole quantità di anidride solforosa per incentivare la produzione di solfiti, per via degli effetti benefici di questi ultimi, ovvero:
- ritardare la fermentazione alcolica e favorire la decantazione dei residui solidi nei mosti di vino bianco;
- migliorare l’estrazione del colore e dei tannini dalle bucce nei mosti di vino rosso;
- previene i processi di ossidazione e la formazione di lieviti indesiderati durante le fasi in cui il vino è a contatto con l’aria, come ad esempio il travaso oppure l’imbottigliamento.
I solfiti, quindi, hanno una doppia funzione: antiossidante e stabilizzatrice, in quanto rendono il vino più stabile e lo proteggono dai processi chimici che potrebbero alterarne il colore e le altre caratteristiche organolettiche.
Di conseguenza, non esistono i vini del tutto privi di solfiti ma è possibili distinguere tra quelli prodotti secondo metodi convenzionali e quelli ottenuti senza l’aggiunta artificiale di solfiti o di anidride solforosa. Purtroppo, in Italia le normative del settore enologiche non prevedono l’obbligo di riportare in etichetta la quantità di solfiti presenti nel vino ma solo di indicarne la presenza con la dicitura “contiene solfiti”. Pertanto, chi vuole acquistare vini senza solfiti aggiunti può rivolgersi ad associazioni di categoria oppure ad e-commerce specializzati come GreenWine.
I metodi di produzione e le caratteristiche
Nel 2015 l’Università di Pisa ha brevettato un’innovativa metodologia di produzione che permette di ottenere vini senza solfiti aggiunti; nel corso dei due anni di sperimentazione, la cantina sperimentale dell’ateneo è riuscita a produrre un Viogner del 2013 e un Sangiovese del 2014.
La ricerca condotta dall’ateneo pisano dimostra come, negli ultimi anni, gli appassionati di vini siano sempre più orientati verso prodotti naturali, senza additivi o sostanze di origine chimica. Come vengono prodotti, quindi, i vini senza solfiti aggiunti? Il processo di vinificazione è praticamente lo stesso che viene adottato per qualsiasi altro tipo di vino; la sola differenza è che i vignaioli di vini senza solfiti non aggiungono anidride solforosa oppure limitano la concentrazione di solfiti a 10 mg/litro. Si tratta di una soglia di riferimento convenzionale che non trova riscontro in alcuna regolamentazione ufficiale.
Una modesta modesta o nulla di solfiti incidi in maniera significativa sulle prerogative organolettiche del vino: l’assenza di additivi chimici lo rende adatto anche per soggetti allergici o intolleranti e, al contempo, consente ad ogni consumatore di apprezzare al meglio il gusto, il profumo e la consistenza del vino, esaltate dal trattamento naturale riservato ai mosti.