Sono passati ormai più di undici anni da quel 24 settembre del 2009, quando Fabio Lorenzon, agricoltore di 34 anni era scomparso improvvisamente tra le campagne di Maccarese. Subito erano state attivate le ricerche dopo che i familiari hanno lanciato l’allarme, ricerche a tappeto con l’aiuto di amici e di volontari. Una ricerca che per diversi giorni rimarrà senza esito. Fabio verrà trovato solo il 2 ottobre. Morto. Il suo corpo incastrato nella sua auto, nel fondo di un canale di irrigazione, sempre a Maccarese. Ma come è finito lì Lorenzon? L’autopsia rivelerà una tragica verità, l’unica verità di questa assurda storia di morte e di processi infiniti e dall’esito tutt’altro che chiaro: Fabio è stato assassinato. Qualcuno gli ha sferrato diversi colpi alla nuca con un corpo contundente. Anche quando ormai era esamine a terra. Chi lo ha ucciso, lo ha colpito per ucciderlo. Nessun dubbio sulla dinamica, non si è trattato di un incidente a seguito di una lite ma di una vera e propria volontà omicida.
L’indagine condotta dai Carabinieri aveva nei giorni successivi verificato che la vittima era stata al telefono fino alle ore 11:30 circa di quella mattina con un suo amico: Sandro Zorzi. Sandro è un ragazzo di 39 anni che viene da una famiglia di agricoltori, lavora i campi, un gran lavoratore dicono tutti in paese, e tra le altre cose è molto rinomato per la sua produzione di miele. Nel passato e anche nel momento dell’omicidio, tra Sandro e Fabio c’è stata una compravendita: Lorenzon aveva venduto un terreno a Zorzi. Ma la svolta alle indagini era arrivata qualche giorno dopo quando durante una perlustrazione dei militari nel campo agricolo in uso a Sandro Zorzi ecco comparire in bella vista un tubo metallico, poggiato addosso al tronco di un albero proprio come se qualcuno lo avesse messo lì per farlo trovare. E quel tubo è compatibile, diranno le analisi, con l’arma del delitto.
Sandro Zorzi viene arrestato nel 2010. Per il Giudice che ne decide la convalida della custodia cautelare è lui l’assassino. Rimane in carcere per più di tre anni (i tempi elefantiaci della Giustizia del nostro paese) fino al processo di primo grado che lo giudicherà colpevole il 13 gennaio del 2013. Poi però il colpo di scena: il 13 gennaio 2014 la Corte d’appello lo assolve. E Sandro torna in libertà. Ma la Cassazione, ben due anni dopo nel 2016, annullerà quella sentenza d’assoluzione. L’incubo per Sandro Zorzi torna a materializzarsi nel secondo processo di Appello: Difatti il 17 maggio del 2017 la corte lo condanna di nuovo a 20 anni. La Cassazione nel novembre del 2018 conferma e Sandro, nove anni e due mesi dopo l’omicidio, torna in carcere. Per la Giustizia italiana Fabio è stato ucciso da Sandro. Punto.
Ma chi è Sandro e davvero può esser stato lui a uccidere il suo amico?
Insieme a Giovanni, il fratello di Sandro, due sono le donne che tenacemente stanno combattendo per dimostrare che questo è un terribile errore giudiziario. Due donne che stanno combattendo per dimostrare che Sandro è innocente. Nonostante le sentenze. Una si chiama Erica, ed è la compagna di Sandro. L’altra è Anna Maria Anselmi, Avvocata e Assessora del Comune di Fiumicino, incaricata dalla famiglia Zorzi di valutare la revisione del processo. Chi la conosce sa che l’avvocata Anselmi è una donna di ferro, abituata alle battaglie. Lei è convinta che: «siamo difronte a un clamoroso errore giudiziario.»
Prima di far parlare le carte e le incongruenze di un processo che ha ribaltato e confermato tutto e il contrario di tutto, in esclusiva per Il Corriere della Città è Erica che vuole raccontare chi è Sandro, l’uomo con cui aveva progettato di vivere la sua vita e che ora è in carcere. Secondo lei ingiustamente: « Non so da dove iniziare… mi verrebbe da dire solamente che Sandro è un uomo meraviglioso, che sta affrontando questa difficile prova della vita con una forza e un coraggio incredibile! Sembra assurdo ma è lui che fa forza a me, a noi tutti.»
Una difesa accorata quella di Erica, uno sguardo limpido e mai domo, convinta com’è che Sandro sia innocente: «Ne sono certa. Assolutamente. Sandro non ha mai accettato il rito abbreviato perché si è sempre proclamato innocente e voleva che fosse riconosciuta davanti a tutta la comunità e a noi che gli vogliamo bene, che lui con quell’omicidio di Fabio non c’entrava. Fabio era per Sandro una persona cara, perché mai l’avrebbe dovuto uccidere? Quando dopo la prima detenzione fu assolto, tutta la comunità di Maccarese l’ha accolto a braccia aperte, perché tutti quelli che lo conoscono lo sanno chi è Sandro: un uomo buono che purtroppo è rimasto vittima del suo modo di essere sempre altruista con chiunque!»
Ma perché Fabio è stato ammazzato? Per Erica le cose sono da cercare nelle sue frequentazioni: «Dietro la morte di Fabio forse c’è qualche strano giro. Io credo che Sandro abbia cercato di aiutarlo, di tirarlo fuori da quel gorgo e purtroppo oltre a Fabio ne è rimasto vittima anche lui. Sappiamo per certo che qualcuno ha visto e parlato con Fabio in un orario in cui, secondo le indagini, doveva essere già morto, ma nessuno finora si è presentato per metterlo a verbale. Sarebbe bastato questo per rendere tutto chiaro, almeno chiara la posizione del mio compagno.»
Ma quali sono gli elementi che hanno portato a questa sentenza e quali i punti che non tornano, tanto d’aver convinto l’Avvocata Anna Maria Anselmi a lottare al fianco di questa famiglia per il riconoscimento della revisione di questa durissima sentenza? Li spiega proprio Anselmi: «Gli elementi che hanno convinto la Corte sono essenzialmente queste: Il ritrovamento del tubo di ferro con il quale è stato ucciso il povero Fabio Lorenzon, che era nel terreno in uso a Sandro Zorzi, il fatto che l’ultima telefonata registrata dal cellulare di Lorenzon sia stata fatta verso l’utenza di Zorzi e un certo rapporto di credito e di debito tra i due.»
Il movente quindi una mera questione di soldi tra grandi amici? Davvero può bastare per stabilire la colpevolezza? E quel ritrovamento del tubo così in bellavista, subito apparso troppo sfacciatamente facile per sembrare vero. Sfacciato per tutti meno per gli inquirenti che lo hanno messo al centro dell’accusa. Davvero può sembrare plausibile che un assassino che lasci a disposizione nel suo terreno, pronto per esser trovata dai Carabinieri per otto giorni l’arma del delitto, mentre lo stesso ha pensato di disfarsi di un corpo e di una macchina che solo per un puro caso è riemersa scatenando tutta l’indagine?
«Il processo difatti è totalmente indiziario» spiega l’avvocata: «Non ci sono le impronte di Zorzi sull’arma del delitto; numerose testimonianze collocano il Lorenzon in zona lontana dai campi di Zorzi per la presunta ora del delitto. Il credito era di Zorzi nei confronti di Lorenzon e non viceversa. Il presunto luogo del delitto a quell’ora e in quel giorno dell’omicidio era esposto allo sguardo di numerosi braccianti che invece non hanno visto nulla, segno che il delitto è avvenuto altrove. Non sono state rinvenute tracce di DNA del Lorenzon sui vestiti indossati da Zorzi nel giorno del delitto e da ultimo nessuna sentenza ha spiegato come avrebbe fatto Zorzi a nascondere l’auto del Lorenzon e a trasportare il cadavere fino al luogo del ritrovamento. Non è stata ascoltata la moglie di Zorzi che a mezzogiorno di quel giorno in cui tutto accade ha pranzato con il marito presso l’abitazione.» Potrebbe bastare, ma non è tutto: «Sì perché soprattutto nessuno ha messo in evidenza il fatto che giorni prima il Lorenzon avesse subito un attentato alla sua vettura e che lo stesso fosse invischiato in storie di droga.»
L’avvocata Anselmi sta per depositare la richiesta di revisione del processo, chiedendo la riapertura del caso. Le sue sono parole di vicinanza per Sandro: «Sono profondamente addolorata per quanto è successo a Zorzi, reputo la sentenza ingiusta e le indagini gravemente lacunose e unidirezionate. Sandro è un grande lavoratore, un uomo buono e generoso, con una grande forza d’animo, sta affrontando la detenzione con dignità e gode della stima di tutti i responsabili del carcere di Civitavecchia. Quando lo vado a trovare è spesso lui che dà conforto a me. Insieme alla mia collega avvocata Maria Grazia Cappelli stiamo perfezionando gli ultimi dettagli poi depositeremo la revisione e… che Dio ci aiuti.» E aiuti Sandro.
Anna Maria Anselmi crede fortemente nella innocenza di Sandro. E come Erica spera che qualcuno, chi sa cosa può esser accaduto, parli, si liberi la coscienza.
Giovanni, il fratello di Sandro, ha lanciato un appello qualche mese fa ai microfoni di Chi l’ha visto. «Chi sa parli, la nostra è una comunità unita, non può lasciar in carcere un innocente.»
Sono momenti difficili questi per lei. Che non si da pace per quanto è accaduto e che seppur con il sorriso sempre acceso e un instancabile ottimismo continua a lottare tenacemente: «Non posso del resto mostrarmi triste e vinta: Lo devo a Sandro e ai miei figli. Vedere un uomo come lui, che ama vivere all’aria aperta, chiuso in un carcere è una grande sofferenza. Sandro è un padre meraviglioso e dietro quelle sbarre sta perdendosi la crescita del figlio ormai adolescente, l’amore della famiglia e della sua mamma, che troppo anziana non può vedere da quando è rientrato in carcere. Spero sempre nel buon cuore della gente, questo è quello che mi ha insegnato Sandro, fai del bene e tutto torna indietro!»
Chi sa parli. Chi ha visto Fabio o Sandro quel giorno si muova ora. Si rivolga alla famiglia, all’avvocata Anselmi. Perché potrebbe esserci un assassino ancora libero. Un assassino che non è Sandro Zorzi.
Mauro Valentini