La scuola è stato indubbiamente in Italia uno dei settori con le maggiori ripercussioni a causa del Covid-19. Lo è stato lo scorso anno, non appena esplosa la pandemia, ma ha continuato ad esserlo anche dopo la pausa estiva quando cioè si sarebbe dovuto programmare un ritorno tra i banchi in piena sicurezza (e il tempo c’era).
Noi, nel nostro progetto di vicinanza agli studenti del territorio di Pomezia, abbiamo seguito tutte queste problematiche dando voce ai ragazzi che chiedevano, e lo fanno tuttora, una scuola all’altezza della situazione. Sicura, aperta e che consenta loro il sacrosanto diritto allo studio.
Scuole superiori: una ripresa travagliata
In principio nel Lazio era l’11 gennaio, poi era stato deciso lo slittamento al 18 per il ritorno in classe del 50% degli studenti delle superiori per ciò che riguarda le lezioni in presenza. E così, dopo un’estate passata a pianificare la famosa ripartenza in sicurezza ma con i provvedimenti naufragati subito nello tsunami della seconda ondata dei contagi di Coronavirus, il mondo-scuola, per ciò che riguarda gli Istituti Superiori, sta provando a rialzarsi seppur tra molteplici difficoltà. Questa che vi raccontiamo è la fotografia a Pomezia dopo 14 giorni circa dal ritorno tra i banchi degli studenti.
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Si parte, anzi no: gli studenti scendono in Piazza
Purtroppo il break natalizio, in ottica di riorganizzazione scolastica, è servito a poco o nulla. Non a caso gli studenti di Pomezia, riuniti in due diversi movimenti, sono scesi in Piazza praticamente subito per protestare contro la mancata predisposizione di strumenti adatti a garantire un ritorno in piena sicurezza. L’11 gennaio, ovvero l’iniziale data prevista per il ritorno tra i banchi poi saltata all’ultimo minuto (e non è una novità), sono stati gli “studenti medi del Lazio” a manifestare, divisi tra la presenza “fisica” davanti al Municipio e quella “virtuale” della diretta Instagram: gli alunni, anche con la partecipazione di alcuni docenti, avevano deciso di mobilitarsi perché stanchi di essere vittime delle istituzioni e di ricevere in cambio, nonostante le mille opportunità date al governo, solo slittamenti e nessuna sicurezza in materia di trasporti, spazi ed investimenti.
“La scuola SI-CURA”, recitava uno striscione, “la scuola è di chi la fa”, un altro. «Il tempo è scaduto! Basta così, non siamo dei giocattoli, la scuola non è un gioco» – era stato il motto di protesta degli studenti e delle studentesse di Pomezia – «Siamo stufi di non essere considerati, di vedere le istituzioni provare a mettere delle toppe ai propri errori, senza trovare vere e proprie soluzioni. Non ne possiamo più di subire anni e anni di tagli ai fondi per la scuola. Siamo stanchi di vedere la riapertura slittare di settimana in settimana, rendendola uno strumento politico, rendendo il rientro una gara a chi ha ragione. Abbiamo bisogno della nostra scuola, che essa venga curata, perché siamo sia il presente che il futuro di questo Paese. Ascoltateci, siamo coloro che danno vita alla scuola, non coloro che la vedono da lontano. Vogliamo ora essere coinvolti nei tavoli di decisione e dalle istituzioni».
Sulla stessa lunghezza d’onda, nonostante il background culturale profondamente diverso rispetto alla manifestazione dell’11 gennaio, il Blocco Studentesco, sceso in Piazza qualche giorno fa: “La scuola viene sanificata una volta a settimana esponendoci a contagi costanti. Sul fronte trasporti nessuna delle promesse che erano state fatte si sono concretizzate, le corse degli autobus che portano agli istituti non sono aumentate e sono quindi affollate e per nulla sicure, inoltre gli orari di entrata a scaglioni per molti sono proibitivi. “Stanno distruggendo i nostri anni migliori dove la scuola faceva da punto fermo per la socialità di noi giovani e la nostra crescita civile e professionale».
Le maggiori criticità: i trasporti e gli orari scaglionati (ma non solo)
Poco dopo l’Epifania erano stati i genitori, in questo caso del Liceo Pascal di Pomezia a lanciare l’allarme: «Ci troviamo in totale disaccordo sia con la scelta degli orari scaglionati, sia con la scelta di fare lezione anche di sabato». Anche se tale scelta «di scaglionare le entrate nasce dalle Autorità per risolvere il problema del sovraffollamento dei mezzi di trasporto pubblici nelle città» i genitori ritenevano che non fosse un provvedimento «assolutamente adeguato per una zona di provincia come la nostra».
A destare particolare preoccupazione era la scelta dell’orario d’entrata alle 10: «Temiamo che i ragazzi finiranno per assembrarsi alle 8 davanti al liceo in attesa di entrare alle 10 (non avendo modo di raggiungere la scuola più tardi) o peggio ancora in qualche bar o in qualche casa con conseguenze facilmente intuibili per quanto riguarda i contagi» Detto, fatto. I problemi maggiori, su questo fronte, hanno riguardato in particolar modo gli studenti delle zone vicine a Pomezia, Ardea su tutte ma anche dalla periferia, che hanno a disposizione un numero limitato di corse del trasporto pubblico. Lo scenario paventato dai genitori degli alunni del Pascal si è poi effettivamente verificato anche nelle altre scuole superiori nei primi giorni dal rientro in classe. «Io devo entrare alle 10 ma non ho nessuno che mi accompagna a quell’ora – ci racconta una ragazza che studia al Liceo Picasso – quindi sono in giro dalle 8 in attesa di entrare».
Dopodiché a quell’ora si ripresenta comunque lo stesso problema, sebbene “mitigato” dal ridotto numero di studenti che deve seguire le lezioni in presenza: ovvero tutti assembrati in attesa della campanella.
Proprio al Picasso i ragazzi hanno lamentato “il ridotto numero di collegamenti da e per la scuola nei nuovi orari”, che non incide minimamente sugli assembramenti all’entrata; quindi sugli orari stessi, assolutamente incompatibili con le esigenze delle famiglie: «Entriamo alle 10 per uscire alle 15: ma non basterebbe entrare semplicemente mezzora dopo le 8 anziché aspettare così tanto?», aggiunge la studente ai nostri microfoni. Dal liceo scientifico Pascal, oltre agli orari, emergono altri problemi: «E’ una vera tragedia – ci racconta uno studente – oltre agli orari impossibili (ritorna anche qui il problema di chi entra alle 10, ndr) ci sono problemi anche con la DAD dato che le connessioni internet dalla scuola non funzionano».
Istituti e Comune di Pomezia al lavoro: situazione migliorata a fine mese
A fine gennaio, proprio per far fronte alle criticità sollevate nei primi giorni dal ritorno tra i banchi, si è tenuto un incontro in videoconferenza tra l’Amministrazione Comunale, i Presidi degli Istituti del territorio Copernico, IIS Largo Brodolini, Liceo Pascal, Liceo Picasso nonché con i rappresentanti degli studenti. Presenti alla riunione anche il Sindaco Adriano Zuccalà e gli Assessori Miriam Delvecchio e Luca Tovalieri per fare il punto, dopo una settimana dalla ripresa delle attività didattiche in classe, sull’attuale situazione e valutare insieme le eventuali criticità. Unanime è stata la richiesta delle parti di ottimizzare il servizio di trasporto in modo da evitare assembramenti e al contempo ridurre le attese alla fermata. Durante la riunione gli studenti presenti, così come anticipato al Sindaco e all’Assessore Delvecchio durante il loro incontro istituzionale della scorsa settimana, hanno esposto le maggiori difficoltà che incontrano quotidianamente con la didattica a distanza.
Sindaco cosa possiamo aggiungere in merito alla situazione sul fronte scuole superiori a Pomezia?
«Sapevamo che i primi giorni sarebbero stati i più difficili, ma possiamo affermare che c’è stato il massimo impegno da parte di tutti. L’ultima settimana di gennaio alcune classi hanno iniziato le lezioni nelle aule che abbiamo messo a disposizione al Complesso comunale Selva dei Pini e siamo lieti che la struttura individuata possa supportare concretamente la ripresa della didattica in presenza. Ci confronteremo con le ditte di trasporto e gli enti sovra comunali preposti per cercare di coniugare le esigenze di tutti e far proseguire l’anno scolastico nel migliore dei modi».
Cosa è stato fatto sin qui?
«Nei mesi scorsi, abbiamo condiviso con Città Metropolitana l’obiettivo di ampliare gli spazi a disposizione dei licei Picasso e Pascal presso il Selva dei Pini. Da qui è nata la collaborazione tra il Comune, che ha messo a disposizione i locali e il supporto logistico, e la Città Metropolitana che ha attrezzato le aule a propria cura e spese. Sono state messe a disposizione dei licei 7 aule, con navetta finanziata da Città Metropolitana. Ieri (25 gennaio) le prime classi del Picasso hanno iniziato le lezioni in presenza presso il Selva dei Pini e nei prossimi giorni inizieranno anche gli studenti del Pascal».
I disagi però non sono mancati specie sul fronte degli assembramenti all’entrata…
«Le misure di prevenzione anti-covid servono a ridurre al massimo il rischio di contagio. Dilazionare gli ingressi in due fasce orarie riduce matematicamente la presenza all’ingresso e sui mezzi di trasporto rispetto a un orario unico ed è quindi è un’azione utile per diminuire il rischio. Il trasporto locale di Pomezia, come quello di Ardea stanno adeguando e implementando le che portano i ragazzi agli istituti scolastici di Pomezia. Le scuole si sono attrezzate nei mesi scorsi per le lezioni in presenza e hanno dimostrato di essere ben organizzate visto il numero limitato di contagi. L’ultimo tassello deve essere necessariamente la responsabilità di ognuno di noi: bisogna rispettare le regole di distanziamento e indossare la mascherina, solo così potremo uscire, tutti insieme, dall’emergenza».
La scuola, in generale, non è indicata dall’ISS nei primi tre scenari di trasmissione del virus in Italia. Dato confermato, sul fronte dei contagi locali, anche a Pomezia come da comunicazione dell’Amministrazione nei giorni scorsi. Perché allora si fa così tanta fatica a pianificare il ritorno a scuola?
«Abbiamo investito 520mila euro per adeguare le strutture scolastiche, coordinato con i presidi le attività necessarie per la ripartenza e portato avanti una campagna di informazione capillare e puntuale. Questo ha portato sicuramente ad ottenere ottimi risultati nella limitazione dei contagi all’interno degli istituti scolastici di ogni ordine e grado. L’ostacolo principale della ripartenza è da individuare probabilmente in due fattori: il primo è sicuramente la paura del contagio, il secondo la quantità di posti disponibili per il trasporto pubblico. Tuttavia nei mesi che ci condurranno al termine dell’emergenza sanitaria non credo si possa ottenere di più in termini di provvedimenti logistici».
Ardea: potenziato il trasporto locale
Il Comune di Ardea, dal canto suo, in coordinamento con il gestore del servizio di Trasporto Pubblico Locale, Lazio Mobilità, e gli Istituti scolastici superiori di Pomezia ha rimodulato a fine mese scorso l’offerta del servizio per far fronte all’emergenza in atto e poter rispondere alle esigenze di mobilità dei nostri ragazzi. «Nello specifico, a partire dal 22 gennaio 2021, sono state implementate le linee/orari/percorsi aggiuntivi».
L’intervista: Eleonora Mazzuca (Rete Studenti Medi Pomezia)
Come è stato il ritorno alle lezioni in presenza per gli studenti di Pomezia?
«Devo dire sopra le aspettative. All’interno delle scuole la sicurezza viene garantita e abbiamo trovato, tranne poche eccezioni, personale preparato. Nulla da dire sull’uso delle mascherine e sulla prevenzione degli assembramenti. Le uniche criticità su quest’ultimo aspetto sono state riscontrate al liceo Picasso in concomitanza delle entrate in classe credo io principalmente perché, rispetto agli altri istituti superiori di Pomezia, forse hanno “fisicamente” meno spazio fuori scuola. Da quanto mi riferiscono tuttavia anche questo problema sarebbe in via di risoluzione dopo un colloquio avvenuto tra la Preside e i rappresentanti di Istituto. Insomma dopo i primi giorni che sono stati un po’ traumatici adesso la strada imboccata sembrerebbe essere quella giusta».
Quali sono le principali difficoltà incontrate dagli studenti in questi primi giorni di ritorno alle lezioni in presenza?
«Sicuramente quello dei trasporti. Mancavano delle linee e molti ragazzi, specie di Ardea, avevano enormi difficoltà in corrispondenza delle entrate ma sopratutto delle uscite sulla base dei nuovi orari. Entrambi i Comuni però si sono mossi in tal senso e le cose dovrebbero migliorare».
Per ciò che riguarda il Pascal, che lei frequenta, com’è la situazione? Ci hanno segnalato problemi con la connessione internet per quanto riguarda la DAD, è così?
«Sì paradossalmente abbiamo registrato maggiori criticità nella didattica a distanza piuttosto che per le lezioni in presenza. In tal senso ci sono state alcune difficoltà in merito all’allaccio della fibra ma dovrebbero essere risolte a breve. Per il resto le lezioni in presenza sono riprese bene: le 53 classi della scuola sono state divise in due blocchi che alternano due settimane in presenza e due in DAD per poi scambiarsi. L’entrata a scuola, per entrambi i blocchi, è alle 8 o alle 10».
Poco dopo le Feste avevate chiesto un ritorno a scuola in sicurezza scendendo in Piazza: sta avvenendo questo?
«Per ora possiamo ritenerci soddisfatti. Le nostre principali richieste sono state esaudite, ovviamente continueremo a monitorare la situazione».
Dalle scuole è partito, almeno fino allo scorso gennaio, soltanto il 2% dei focolai totali di Covid-19 in Italia: perché secondo lei si fa così fatica a programmare un ritorno tra i banchi in sicurezza?
«La risposta è fin troppo semplice: la scuola non è mai stata una priorità per il nostro Paese. La pandemia ha semplicemente reso ancor più evidenti tutte le difficoltà e i problemi che si trascinavano da anni. Noi dovremmo essere il futuro dell’Italia, ma per esserlo si deve partire dal presente e questo non avviene. Basti pensare a cosa è successo dopo Natale, così come, poco prima, era accaduto a novembre con le scuole fatte nuovamente chiudere in fretta e furia: slittamenti e rinvii vengono infatti decisi all’ultimo minuto come se nulla fosse, è una vera follia. E questo, come giustamente sottolinea lei, senza che il mondo della scuola sia responsabile della diffusione dei contagi. Ribadisco: dovremmo essere la priorità e invece nessuno ci considera».
Da studente come si vive questo travagliato momento storico diviso, solo per fare qualche esempio, tra DAD, nessuna possibilità di aggregazione sociale, niente sport e con il coprifuoco alle 22?
«Personalmente? Male, malissimo. Mi sento schiacciata, oppressa. Non siamo in ‘lockdown’ ma è come se lo fossimo. Stiamo praticamente sempre a casa, non possiamo stare insieme agli amici, non possiamo fare sport. Non abbiamo nemmeno motivi, se vogliamo, per uscire dato che non si può fare nulla. La cosa che stiamo facendo è quella di organizzare spesso videoconferenze dato che è l’unico strumento di aggregazione che abbiamo in questo momento»
Cosa vi aspettate per i prossimi mesi?
«Speriamo solo che di quanto accaduto nei mesi scorsi si sia fatto tesoro. Che gli errori commessi non vengano più ripetuti e chi ci sia la possibilità, finalmente, di i concludere l’anno scolastico in presenza».
Da Il Corriere della Città – Gennaio 2021