“I genitori degli alunni si vedono costretti a sottoscrivere il contratto con la società Consorzio Nazionale Servizi per il Comune di Pomezia e con la società Sodexo Italia Spa per il Comune di Ardea per permettere ai loro figli di mangiare a scuola e proseguire poi le lezioni pomeridiane, in quanto altrimenti viene negato il diritto di usufruire del tempo pieno e quindi anche delle lezioni nel pomeriggio” – scrivono dal Codacons – E’ appena il caso di aggiungere che i ns. assistiti all’inizio dell’anno scolastico optavano per il tempo pieno e che il sostanziale cambiamento del modulo, con riduzione dell’orario scolastico, veniva prospettato, inaudita altera parte, a coloro che usufruiscono della mensa; e questo nel corso dell’anno e senza alcuna preventiva informativa”. L’associazione a difesa dei consumatori sottolinea il fatto che “ai genitori non verrebbe lasciata alcuna scelta, se non quella di accettare quanto loro imposto dall’alto, considerato che è loro vietato fornire direttamente il pasto ai propri bambini”. Ma il divieto decade quando il bisogno arriva dall’Amministrazione… “Nell’ipotesi in cui, però, vi sia una mancata erogazione del servizio come in precedenza è avvenuto il 2 dicembre 2012 per alcuni giorni successivi nel Comune di Pomezia a causa del recesso unilaterale dal contratto della società Innova spa – ricordano dal Codacons – agli alunni veniva, invece, consentito e suggerito di mangiare il cibo portato da casa sotto il controllo delle insegnanti così come, del resto, avviene durante la mattinata in occasione della merenda”. Quello che accade adesso, secondo gli avvocati del Codacons, sarebbe contro legge. “E’ di tutta evidenza che la situazione de qua viola il diritto di ognuno a scelte alimentari autonome e cioè un diritto costituzionalmente garantito ex art. 32 della Costituzione. Nelle mense scolastiche di Pomezia e di Ardea non sussiste, al momento, alcun tipo di tutela per tutti coloro che scelgono di abbracciare un regime alimentare vegano o vegetariano o etnico. Ciò avviene in assoluta violazione dei principi di uguaglianza sanciti dalla nostra Costituzione secondo cui lo Stato e la Pubblica Amministrazione devono garantire un medesimo trattamento a tutti i cittadini e cittadine indipendentemente dal sesso, dalla religione e da ogni tipo diverso di orientamento. Dovrebbe essere garantito un ventaglio di opportunità e scelte alimentari in grado di coprire tutte le esigenze nonché il diritto ad esercitare l’obiezione di coscienza. I genitori inoltre non sono in alcun modo soddisfatti dei pasti forniti quotidianamente ai propri bambini a cui il cibo somministrato non piace. A ciò si aggiunga che in un grave contesto di crisi sociale, quale quello attuale, le famiglie che spesso si trovano a dover vivere con uno stipendio di poco sopra i mille euro, hanno il diritto di fornire il pasto direttamente ai propri figli senza sostenere gli abnormi costi delle rette imposte”.
“Non vi è alcuna ratio – scrive l’avvocato Pieralfonso Longo – che impedisca ai genitori di fornire ai propri figli il cibo per il pranzo posto che tale divieto viene poi meno in caso di mancata fornitura della ditta appaltatrice e, quotidianamente, al momento della merenda di metà mattina. Ciò posto si diffida Codesto Ufficio ad emanare una Circolare affinché tutti i Dirigenti Scolastici delle scuole di Pomezia e di Ardea regolino e disciplinino il diritto e le modalità di consumo del pranzo portato da casa senza imporre agli alunni, che non possano e/o vogliano usufruire della mensa scolastica, dei moduli scolastici a tempo ridotto”.