Home » News » Programmi TV e Spettacolo » L’intervista. Franco Micalizzi, “Lo chiamavano Trinità”: mezzo secolo di successo

L’intervista. Franco Micalizzi, “Lo chiamavano Trinità”: mezzo secolo di successo

Pubblicato il
franco micalizzi lo chiamavano trinità

Franco Micalizzi “Lo chiamavano Trinità”; chi non abbozza un sorriso quando si imbatte nel celeberrimo fischio della omonima soundtrack?  Il pistolero indolente Trinità -Terence Hill- e il burbero fratello Bambino, alias “la mano sinistra del diavolo” –Bud Spencer- compiono 50 anni.

È passato mezzo secolo, infatti, da quel giorno in cui si videro in quella tranquilla cittadina western, invadendo le sale dei cinema italiani. In occasione dell’anniversario del film “Lo chiamavano Trinità” noi siamo qui per fare due chiacchiere con l’artefice della mitica colonna sonora, il Maestro Franco Micalizzi.

Micalizzi, 82 anni portati in maniera sublime, è un fiume in piena che dispensa storie, ricordi e lezioni preziose sulla musica, ma soprattutto promuove nuovi promettenti talenti.

Parlando della sua carriera e dell’anniversario di questo amatissimo film, il Maestro conferma che è una data meravigliosa: “Sono passati 50 anni, io iniziavo ed avevo lo stesso entusiasmo che ho adesso; finalmente mi davano la possibilità di scrivere la musica per un film. Era un film piccolo ma vero, autentico e professionale e io feci del mio meglio. Il regista era Enzo Barboni al suo primo film –vero nome di E.B. Clucher– che pure essendo un direttore di fotografia desiderava fare un film e aveva inventato questa storia di Trinità. E’ stato un po’ il Walt Disney italiano, un western all’italiana che ancora è sulla cresta dell’onda, proprio come Topolino”.

 “Lo chiamavano Trinità” lanciò la coppia Bud Spencer e Terence Hill al secolo Carlo Pedersoli e Mario Girotti, in un momento in cui il genere spaghetti western era ormai in declino. Le scazzottate e le battute scanzonate dei due protagonisti fecero entrare il film nella leggenda, grazie a quella storia di fagioli spazzolati in pochi secondi e ai vestiti sudici di sabbia del deserto, facendo restare bambini centinaia di spettatori.

Franco Micalizzi, Lo chiamavano Trinità e il celeberrimo “fischio”

Il Maestro Micalizzi ricorda poi come è nato l’iconico “fischio”, timbro distintivo di “Lo chiamavano Trinità”; “Il fischio di Trinità nasceva da una consuetudine di allora, che aveva inaugurato Morricone con i suoi film western così innovativi; la sua musica era così diversa dalla musica dei film americani che aveva ‘già girato pagina’ nel campo delle musiche di commento. C’era Alessandro Alessandroni, ottimo musicista che sapeva fischiare molto bene ed aveva un coro di 8 persone. Così si ricorreva sempre a lui. Purtroppo a 92 anni Alessandroni se n’è andato. Aveva vissuto bene facendo cose belle. Il tema richiedeva un fischio, c’era lui, con il quale era nata una bella amicizia e presi lui”.

Franco Micalizzi festeggerà degnamente questo mezzo secolo di “Lo chiamavano Trinità” facendo tante cose, piccole e grandi; per adesso ha pubblicato un disco nato proprio per celebrare la ricorrenza; “1970-2020- Mezzo secolo di ‘Lo chiamavano Trinità’” con il singolo Trinity,- cantato da Frankie Lovecchio e da Nusia Gorgone, una voce femminile introdotta appositamente per questo lavoro che sta andando molto bene, con un ottimo approccio di pubblico. Il brano composto nel 1970 da Franco Micalizzi con il testo di Lally Stott interpretato da Nusia e Frankie è contenuto nell’album “Feeling High” e rivive i fasti del film che è diventato un classico  sbancando tutti i botteghini, omaggiato anche da Quentin Tarantino nel capolavoro “Django Unchained”.

franco micalizzi lo chiamavano trinità 2

Il film a cui Franco Micalizzi è più affezionato è sicuramente “Lo chiamavano Trinità” che è stato il film “della partenza”: “Mi ha aperto una strada lunghissima –dice il Maestro- e poi “L’ultima neve di primavera”, “un film mélo, fatto con perizia e molto professionale, dove la lacrima era assicurata, la mia musica ha contribuito moltissimo anche a ciò. C’erano attori di fama e piaceva molto, commuoversi è bello perché nel cinema c’ è tanta violenza e a modo mio ho contribuito a questo, avendo fatto molti film polizieschi. Era insomma un film dolce e delicato di buoni sentimenti ed ebbe un successo mondiale che me lo fa ricordare con simpatia”.

Il Maestro Micalizzi, la sua carriera e l’amore per la musica

Il Maestro racconta la musica che ascoltava da ragazzo. “Le mie fonti di ispirazione musicale sono varie ed è comunque stata sempre “la bella musica”; la musica jazz, classica, popolare, basta che fosse buona. Il jazz era la musica più nuova e trovava in me una grande risonanza, allora come ora;  nel suo periodo d’oro, che erano gli anni 40 e 50, c’erano musicisti eccelsi. Per quanto riguarda i musicisti del cinema erano i grandi musicisti dell’epoca; Morricone,  Piccioni, Trovajoli ad ispirarmi; c’era da imparare tanto, alimentavano la mia creatività, osservavo mettendoci anche del mio. La vita del musicista ai miei tempi era bella e divertente; cominciai a 16 anni, suonavo il piano e la chitarra elettrica, giravo l’Italia e l’Europa suonando col mio gruppo, andai in Grecia, in Turchia, in Olanda, in Francia e in Germania, frequentavo dei club per suonare e lavoravo.

 Poi arrivò il primo figlio, sono entrato alla RCA ed è partita la mia carriera musicale. Ora mi dedico alla produzione; Il cinema ormai è sparito dalla piazza ed è riservato ad autori abbastanza giovani Di loro ne salvo qualcuno”.

Il Maestro si dedica adesso alla produzione di cantanti, avendo numerosi “temi”, canzoni mirate al genere musicale che può piacere al pubblico, sempre però coerenti a ciò che ama, esattamente come un pittore che dipinge un quadro.  Ama la discografia e la musica strumentale.

Attualmente Franco Micalizzi non è contento della musica che sente: “Mi pare che ci siano poche idee e parecchia superficialità. Non c’è in giro quella geniale brillantezza che serve per fare bene questo mestiere”. Il futuro della musica è incerto agli occhi del Maestro, che non vede grande talento in giro, unica cosa che conta nel fare il musicista. Ma quando ne trova, soprattutto tra i giovani, è quasi un miracolo, dice, e segue questi artisti con immensa dedizione.

“Non sono un pessimista ed è certo che i talenti si riveleranno, forse tra un giorno tra un’ora o tra un anno; la musica continua, non è l’oppio dei popoli ma è la forza di innescare sentimenti, riflessioni, momenti di incanto. È una grande consolazione”. 

LEGGI ANCHE: Morto Ennio Morricone, il grande musicista e compositore

 

 

Impostazioni privacy