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Truffa ed estorsione, tentano di investirlo con l’auto, poi gli spediscono a casa una lingua di animale: ‘Ti ammazziamo’

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Sono quattro le ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip di Latina su richiesta della locale Procura. Questa mattina all’alba la Polizia di Stato di Latina, in collaborazione con il Reparto Prevenzione Crimine Lazio, ha eseguito le ordinanze nei confronti di Marchetto Fabrizio (classe 1973), Marchetto Angelo (classe 1997), Marchetto Luca (classe 1993) e Favero Remo (classe 1978): tutti pregiudicati e a vario titolo indagati per estorsione, lesioni personali e stalking. 

Le indagini

L’attività d’indagine è stata svolta dalla locale Squadra Mobile, coordinata dalla Procura di Latina e trae origine dalla denuncia presentata lo scorso luglio da un uomo di Latina. Quest’ultimo aveva raccontato di essere stato vittima di una aggressione posta in essere dal pluripregiudicato Fabrizio Marchetto e dai suoi due figli, i quali – dopo averlo incontrato all’interno di una tabaccheria – lo avevano colpito con calci e pugni. L’uomo era poi riuscito a scappare da quella furia e a trovare rifugio in un esercizio commerciale.

In tale circostanza, prima di trovare riparo, l’uomo è stato inseguito dai suoi aggressori: uno di questi ha anche cercato di investirlo con una autovettura, procurandogli nell’occorso varie lesioni giudicate guaribili in 15 giorni.

In sede di denuncia, oltre che durante diverse escussioni cui è stato successivamente sottoposto, la vittima ha manifestato timore e palese reticenza nel riferire le effettive ragioni della violenta aggressione. Ha affermato di conoscere Fabrizio Marchetto solo di vista e di non saper dare una ragionevole spiegazione dell’aggressione.

L’atto intimidatorio 

L’attività persecutoria della famiglia Marchetto è proseguita nei mesi successivi: hanno prima minacciato la persona offesa tramite un amico di infanzia, poi gli hanno fatto recapitare  una lingua di animale all’interno della sua cassetta delle lettere, come un chiaro atto intimidatorio.

Ma c’è di più. Il mese scorso, Marchetto Fabrizio e il figlio Angelo hanno inseguito la vittima appena uscita di casa, mentre era a bordo della propria autovettura: hanno tentato di speronarlo, gli hanno sbarrato la strada e, nel tentativo di farlo fermare, gli hanno mostrato il segno della pistola urlando che lo avrebbero ucciso.

Il “ruolo” di Remo Favero

Le indagini nel frattempo intraprese dalla Squadra Mobile, anche attraverso l’ausilio di servizi tecnici di intercettazione, hanno fatto luce sulla intera vicenda e hanno fatto emergere un antefatto che ha chiamato in causa anche il pluripregiudicato Favero Remo.

La vicenda, che vedeva coinvolto quest’ultimo, nasceva nel 2018 da una presunta truffa assicurativa rispetto alla quale Favero Remo pretendeva indebitamente il provento ottenuto da un giovane, dipendente di una pizzeria, ritenuto essere l’autore di tale frode.

Secondo quanto ricostruito, le stesse pretese sono poi continuate, almeno per tutto l’anno 2018, sino al momento in cui quest’ultimo non ha fatto perdere le proprie tracce in città, visto che Favero lo aveva più volte incontrato a Latina e costretto a corrispondere piccole somme di denaro.

Remo Favero, in quel periodo, ha incrociato l’odierna parte offesa e, sapendo che lo stesso vantava rapporti di amicizia e frequentazione con il giovane dipendente della pizzeria, gli ha chiesto informazioni in merito all’abitazione di quest’ultimo. L’uomo si è rifiutato di fornire tali informazioni e per questo ne sarebbe nata una discussione verbale in cui ha partecipato, con modalità violente ed improvvise, Marchetto Fabrizio.

La reazione della vittima, che ha cercato di resistere all’aggressione sino a prevalere fisicamente su Fabrizio Marchetto, ha ingenerato evidentemente in quest’ultimo un profondo astio, nonché un desiderio di vendetta e rimostranza. Questo perché una reazione plateale e pubblica come quella opposta dall’uomo ad un’azione violenta di un soggetto dall’alto spessore criminale, conosciuto e temuto in città, aveva di certo costituito un affronto che Fabrizio Marchetto, nella logica criminale, avrebbe dovuto prima o poi espiare.

Per questi fatti, il malcapitato non ha sporto alcuna denuncia a carico di Favero e Marchetto: si è assoggettato  all’omertà di chi teme di incorrere in ben più gravi conseguenze, conoscendo la caratura criminale degli odierni indagati che al momento dei fatti erano sottoposti alla misura della sorveglianza speciale, e che hanno dimostrato totale spregio delle prescrizioni loro imposte.

In tale contesto, inoltre, Fabrizio Marchetto, tra le condanne annovera quella relativa  alla gambizzazione di Luca Troiani, cognato di Di Silvio Ferdinando detto il Bello , avvenuta nel Giugno del 2003 con l’esplosione di numerosi colpi d’arma da fuoco. Nel Marzo del 2010, poi, lo stesso Fabrizio Marchetto era stato oggetto di un tentato omicidio commissionato dal gruppo Rom Di Silvio- Ciarelli, per il quale sono stati condannati Andrea Pradissitto e Simone Grenga, gregari dei citati appartenenti alle famiglie zingare.

Alla luce di quanto emerso, e ricostruiti i fatti del 2018, si è compresa la genesi dell’aggressione all’odierna parte offesa della scorsa estate e soprattutto il timore e la reticenza nel raccontare quanto di sua conoscenza. Tant’è che al culmine delle aggressioni e vessazioni subite ha deciso di rivolgersi alla Polizia di Stato perché ha percepito un pericolo imminente per la propria incolumità e quella dei propri familiari.

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