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CRONACA DI UN VIAGGIO ALLUCINANTE DA ROMA AD ARDEA

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Che utilizzare i mezzi pubblici per andare a Roma da Pomezia ed Ardea e viceversa sia un’odissea è ormai scontato. Ma avere la testimonianza diretta che alle carenze di uomini e mezzi si aggiunge la “furbizia” di chi è pagato per fornire un servizio è sicuramente scoraggiante. La cronaca di un viaggio dal capolinea di Eur Laurentina fino ad Ardea la fornisce Claudia. “Vorrei raccontarvi una storia, purtroppo poco originale, ma che non posso e non voglio accettare come ordinaria – ha scritto in un lungo sfogo alla redazione – Mi trovavo alla stazione Roma Laurentina in attesa della corsa Cotral delle 13.15 per Ardea. Piccolo excursus non superfluo: la persona che attendeva con me l’arrivo dell’autobus non aveva fatto altro che lamentarsi dicendo che gli autisti a cui è assegnata quella corsa solitamente ignorano chi attende in fermata, evidentemente perché non ritengono che valga la pena lavorare per poche persone. Aveva poi sottolineato quanto fosse ingiusto il fatto che, nonostante pagasse regolarmente il servizio, non potesse usufruirne nelle giuste modalità. Infine, immancabile, la lamentela che accomuna tutti i pendolari del Lazio: mezzi di trasporto regolarmente sovraffollati nelle ore di punta (e non solo), lunghi ritardi, condizioni igieniche precarie, troppa gente che non paga il biglietto, corse che saltano ogni giorno e obbligano le persone ad anticipare di molto l’uscita da casa o ad ore interminabili di attesa in fermata”. Claudia racconta poi come sono andate le cose. “Giunto in lieve ritardo, l’autista non ha condotto l’autobus nella corsia prestabilita, ma ha sostato altrove in procinto di andarsene senza far salire nessuno. Per non perdere la corsa, immediatamente, mi sono diretta verso l’autobus insieme all’altra persona che aveva atteso insieme a me e l’autista ci ha accolte con testuali parole: “Ma mò fino ad Ardea me dovete fa arrivà!? Mortacci…”. La “finezza” dell’autista non resta isolata. “Durante il viaggio – ha proseguito Claudia – l’autista ha fatto su di me pressione psicologica affinché scendessi quanto prima e non gli facessi percorrere la tratta che aveva il dovere di percorrere. Ha usato toni poco consoni e aggressivi e mi ha interrotto bruscamente quando gli ho detto che non era questione di venirsi incontro e che non avevo intenzione di cedere alla richiesta, in quanto pago regolarmente il servizio. Lo stesso autista, inoltre, ha dichiarato di non conoscere la strada che doveva percorrere secondo la tratta che gli è stata affidata”. Vorremmo quindi sapere come il Cotral forma i suoi dipendenti… “Come se non bastasse – ha aggiunto Claudia – la persona che aveva atteso con me ha consigliato vivamente all’autista di impostare la schermata dell’autobus su “Fuori servizio” per non far entrare più nessuno sul mezzo, in modo da poter percorrere, dopo avermi fatto scendere a Pomezia, tutt’altra strada rispetto a quella prevista dalla tratta. Così, per fare prima. Così, per coerenza”. Claudia chiude lo sfogo chiedendo un cambiamento radicale. “Ho vissuto questa situazione con grande disagio e sono totalmente insoddisfatta del servizio di trasporto offerto dall’azienda. Inoltre interpreto questo episodio come una delle cause per cui le corse Cotral saltano ogni giorno, creando gravi disagi ai tanti pendolari che usufruiscono del servizio. Sono stanca di dover accettare tutti i giorni, da anni, i disservizi, le difficoltà, le prepotenze e tacere, come troppi fanno. Sono stanca di viaggiare in carri bestiame.

Non credo di esagerare nel chiedere e pretendere che la politica sia al servizio di chi va a votare e nel chiedere che si interessi della realtà concreta e dei bisogni reali della gente. L’azienda Cotral non può e non deve permettere che le corse degli autobus funzionino a discrezione degli autisti, non può permettere che ci sia chi regolarmente non paga il servizio perché sa che i controlli sono pressoché inesistenti, non può permettere che il gesto di pagare un biglietto o comprare un abbonamento siano, dunque, lasciati alla coscienza individuale e al grado di onestà del singolo, consapevole del fatto che la stragrande maggioranza viaggerà senza mai pagare. In definitiva chiedo e pretendo di vivere in un Paese civile”. Una pretesa di certo non assurda. O forse sì?

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