“Prenderesti mai del veleno? Stop alla pillola abortiva Ru486, mette a rischio la salute e la vita della donna e uccide il figlio in grembo. Ecco cosa c’è scritto sui manifesti apparsi a Roma, Milano e Verona, realizzati da Pro Vita & Famiglia, per denunciare l’aborto farmacologico.
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Siamo nel 2020, ma dalle parole di quei manifesti in realtà sembra di non essere ancora arrivati nemmeno al 1978, anno della legge che regola l’aborto in Italia. Nell’immagine c’è una Biancaneve moderna con una mela stregata che ne provoca il decesso, come se gli aborti si praticassero ancora illegalmente nelle capanne, per mano di fattucchiere.
Come se non bastasse, l’hashtag di riferimento nella campagna è il seguente: #dallapartedelledonne, e i social rispondono “Ma di quali donne parlate?”
#Dallapartedelledonne: sabotandone la vita e le scelte
Roberto Saviano commenta su Twitter la campagna appena lanciata: “E’ un manifesto indegno perché la pillola abortiva è un farmaco e non un veleno ed è vergognoso che i comuni abbiano autorizzato queste affissioni. Sabotare l’aborto significa sabotare la vita delle donne“.
C’è chi sui social si scaglia contro i Sindaci, da Sala alla Raggi, domandandosi come sia possibile aver autorizzato quei manifesti. C’è anche chi attacca Simone Pillon che su Instagram dichiara “le donne siano aiutate a scegliere la vita, non abbandonata all’aborto“, come se una donna che decide di rinunciare ad una gravidanza venisse “abbandonata”.
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Rossella Muroni, vicepresidente della Commissione Ambiente, si pronuncia con queste parole in merito ai manifesti: “è davvero #dallapartedelledonne chi non giudica scelte difficili e dolorose, chi difende la loro libertà sempre, chi non fa una campagna così rivoltante. Uscite dal Medioevo. Ora“.
Si potrebbero riportare centinaia di commenti, di donne e di uomini, che si scagliano contro questa vergognosa campagna e la verità è che il motivo è molto semplice: in queste comunicazioni, generate dai Pro-Vita, c’è disinformazione.
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Si può essere pro-aborto o contro-aborto senza però dover minacciare alla libertà delle donne. Da “l’utero è mio, decido io” al “non avrei voluto che mia madre avesse abortito”, quel che funziona in una democrazia è la libertà di scelta.
Andare contro l’aborto non è offrire una scelte, ma imporre una sola strada legale. Garantire assistenza medica e pillole abortive è, invece, il modo giusto di stare dalla parte delle donne.