Non sappiamo se tali interventi fossero anche mirati a risolvere il fastidio denunciato dai cittadini, ma nei fatti nulla da questo punto di vista è ancora cambiato.
Sul blog de “Il grillo parlante di Ardea”, che per due volte si è occupato della cosa, si rilevano ipotesi sulle cause degli odori ben differenti. Il grillo ipotizza due diversi ordini di problemi, il primo riguarda le distanze: “una causa probabile potrebbe imputarsi alla concimaia (luogo dove si raccoglie il letame destinato alla concimazione) che sembrerebbe essere stata realizzata in due silos. Non sappiamo se questa rispetta fedelmente le normative ma non abbiamo motivo di pensare altrimenti specie dopo i controlli effettuati dalla ASL” e poi prosegue “La stalla si trova a meno di 150 metri dall’abitazione più vicina” e, dal momento che sui regolamenti comunali sembrerebbe non esserci nessun richiamo alla distanza minima consentita per questi impianti dai centri residenziali, il grillo porta ad esempio quello emesso dal vicino comune di Roma dove tale distanza è stabilita ad un minimo di 500 metri. Dopo pochi giorni, e dopo una ulteriore indagine, il grillo ipotizza una realtà ben diversa e potenzialmente ancora peggiore per la salute. Facendo riferimento nel suo articolo a due foto satellitari riprese, la prima circa due anni fa e più recente la seconda, il blogger riporta: “Come potete vedere non c’era allora ombra di quei silos e di quei nuovi manufatti. Strane sono pure le tracce di mezzi pesanti in manovra e quello stoccaggio di vegetali protetti da un telo bianco così lontani dalle stalle. A questo punto l’ipotesi che mi sento di fare è ben diversa. C’è forse in quel luogo una piccola stazione di produzione di energia elettrica alimentata a biomassa? I segnali ci sono tutti: i liquami, gli escrementi, i depositi di vegetali, i silos per la digestione anaerobica. I cattivi odori potrebbero a questo punto essere causati proprio dalla digestione anaerobica e da un non corretto utilizzo dei silos/digestori, forse nella fase di rimestaggio e rimbocco degli stessi. Questo tipo di centrali dà una buona e remunerativa resa energetica se il “carburante” utilizzato è mescolato a spazzatura (l’umido della differenziata) o a vegetali che talvolta vengono appositamente coltivati in loco per abbatterne i costi. In questo caso il terreno viene “pompato” con fertilizzanti non proprio raccomandabili per la salute al solo scopo di aumentare la produzione. Poco male sarebbe se poi quelle sostanze immesse nel terreno non tornassero parzialmente in circolo attraverso le acque e magari il latte delle stesse bufale. Il sottoprodotto dell’impianto è il digestato che pur essendo un ottimo fertilizzante è stato vietato in tutta l’area di produzione del parmigiano reggiano. Ci sarà pure un motivo!”
Una ipotesi inquietante che al momento non trova risposta. Un ulteriore sopralluogo della ASL e delle forze dell’ordine potrebbe chiarire definitivamente il problema. Seppur tutto fosse in regola, i cittadini meritano una risposta; hanno il diritto di sapere se per gli anni a venire dovranno imparare a convivere con effluvi nauseanti e prodotti volatili di cui ancora non si conoscono perfettamente i rischi per la salute.