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Invalida al 100%, ma dichiarata ‘abile’ al lavoro: l’assurda storia di una 58enne di Pomezia in ‘lotta’ con l’Inps e la Asl

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Un’odissea che dura da anni e alla quale Chiara (nome di fantasia) non riesce a venire a capo. Chiara è una 58enne di Pomezia che soffre di gravi e incurabili patologie ma che, per assurdo, secondo L’Inps non avrebbe diritto al certificato di inabilità al lavoro. La 58enne quindi, secondo l’Inps, nonostante i suoi disturbi cronici e le sue disabilità permanenti dovrebbe continuare a recarsi ancora sul posto di lavoro. 

Chiara ha chiesto aiuto alla nostra Redazione, affinché la sua voce possa finalmente essere ascoltata dalle istituzioni e dagli enti che, da anni, le negano i suoi diritti. Ecco la sua storia:

“Vorrei raccontare le mie vicissitudini con le istituzioni: sono una donna invalida al 100%, per una serie di problemi. Ho raggiunto i 58 anni di età, con 30 anni di servizio presso un ufficio parastatale, e purtroppo ho sviluppato delle gravi patologie che mi impediscono di lavorare. Per questo motivo sono stata in malattia per un lungo tempo, arrivando a superare il periodo previsto per la malattia a pagamento. Di conseguenza ho rischiato di andare incontro al licenziamento. Per questo ho dovuto compilare una lettera per la conservazione del mio posto di lavoro per ulteriori 18 mesi”.

Durante tutto periodo di malattia, però, non è stata con le mani in mano. Conoscendo l’irreversibilità della sua condizione la donna ha inoltrato una richiesta all’Inps, affinché questo riconoscesse la sua inabilità lavorativa. “La domanda però mi è stata rifiutata”, racconta Chiara. In seguito, consigliata da un legale, la donna ha presentato ricorso in tribunale. “Dopo un anno dal ricorso non mi era arrivata ancora una risposta, così ho presentato all’Inps una nuova domanda per l’inabilità lavorativa. Nel frattempo aspettavo ancora la risposta al mio ricorso”. 

La risposta al ricorso

Dopo oltre un anno dal ricorso, l’Inps ha bocciato il ricorso della signora, sostenendo che questa, invalida al 100%, fosse invece in grado di lavorare. Così la donna ha deciso di rivolgersi a un medico legale. “Il medico legale mi ha fatto capire che l’Inps non mi avrebbe ma riconosciuto l’inabilità al lavoro, a meno che le mie patologie non fossero state terminali”. 

Le patologie di Chiara

“Le mie patologie, che non sono curabili, fortunatamente non sono ad uno stadio terminale”. Ma vediamo nello specifico di cosa si tratta. “Per una malformazione non ho la mano sinistra spiega la 58enne – ma questa era una disabilità che avevo fin dalla nascita. A causa di altre problematiche, invece, ho sviluppato la Sindrome di Menière (ovvero una patologia che provoca attacchi acuti di vertigini, accompagnate da nausea e da tic degli occhi, e la percezione di suoni sgradevoli come fischi o ronzii). Questa è ancora una malattia poco conosciuta, di cui non sono note le cause scatenanti, e a cui non c’è cura. Da circa 12 anni ho sofferto di continui attacchi legati a questa sindrome, che mi hanno costretto a letto per lungo tempo e che, crisi dopo crisi, mi hanno causato una notevole perdita dell’udito, fino a diventare completamente sorda da un orecchio.

Nel frattempo, sempre a causa di questa malattia – prosegue Chiara – ho dovuto prendere tanti farmaci a base di cortisone. Il cortisone mi ha “mangiato” i femori di entrambe le gambe. Al momento sono in attesa di due interventi ai femori, il primo al destro, successivamente anche al sinistro. A causa di tutte queste patologie la Asl mi ha riconosciuta invalida al 100% in maniera irreversibile. Inoltre, lavorando al computer, ho iniziato ad avere problemi alla mano destra. La mano, l’unica sana, ha iniziato a formicolarmi e a procurami dolore e scosse, così ho fatto una serie di accertamenti. Da questi accertamenti è emerso che ho diversi tendini lesionati e che dovrò sottopormi a diversi interventi. Tra questi dovrei eseguire quello alla “cuffia dei rotatori” e la rimozione di 4 ernie cervicali. Purtroppo però, avendo sono una mano, non posso svolgere gli interventi in questione. Dopo le operazioni, infatti, per diversi mesi dovrei indossare un tutore che mi impedirebbe di muovere l’unica mano “buona”, senza poter nemmeno mangiare o lavarmi in maniera autosufficiente. La situazione, per me che vivo sola, è davvero complessa e delicata. Tutto ciò, da circa 2 anni mi ha causato una grave depressione, per la quale dal 2018 sono in cura presso un centro specializzato di Pomezia”. Nonostante tutte queste malattie, per l’Inps la signora Chiara sarebbe stataabile al lavoro“.

L’inabilità “provvisoria”

“Il medico legale, dopo avermi visitata, mi ha consigliato di richiedere la legge 335”. Questa richiesta, inoltrata alla Asl, in seguito a una visita specialistica ha permesso alla signora di essere riconosciuta “inabile al lavoro” per un tempo di 6 mesi. Ovvero per il periodo di tempo intercorso tra il 23 gennaio al 23 luglio 2020. “Nel frattempo, avendo superato comunque il periodo di malattia a pagamento, io dal mese di febbraio non ho più percepito nessuno stipendio”, specifica la donna.

“Ora, a fine settembre, sono stata chiamata dalla Asl per una nuova visita per rinnovare la legge 335. Dopo numerose domande sul mio lavoro, mi sono sentita dire che è il mio ufficio a doversi “adattare” alle mie problematiche, mettendomi in condizioni di poter lavorare. Tutto ciò però non è possibile. Così l’inabilità mi è stata nuovamente rifiutata”.

La denuncia

Fino al 7 ottobre sono stata in malattia, ma dall’8 ottobre sono dovuta tornare a lavoro, seppure in queste condizioni. Ora però basta! Il mio prossimo passo sarà quello di sporgere denuncia, perché non è possibile giocare con la salute e soprattutto con la dignità delle persone“. Conclude Chiara. “Chiedo che mi sia fatta giustizia, solo questo. Anche se dovessero volerci degli anni non mi fermerò, non solo per me, ma anche per tutti quelli nelle mie condizioni“.

 

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