Era tormentato da sensi di colpa così, dopo anni di notti insonni, ha deciso di mettere fine alla sua angoscia confessandosi al prete del suo paese. Dopo 5 anni dal suo orrendo crimine Damiano Torrente, pescatore palermitano di 47 anni, si è aperto a Don Giovanni Cassata rivelandogli di aver compiuto un tremendo omicidio. La vittima è una 30enne di origine rumena, Ruxandra Vesco. Dopo la confessione Don Giovanni, con amore e compassione, ha convinto il 47enne a costituirsi alle Forze dell’Ordine. Il parroco, proveniente dalla Chiesa di San Michele di Aprilia e ora parroco della Chiesa di Nostra Signora della Consolazione a Palermo, si era addirittura offerto di accompagnare lui stesso l’uomo dai Carabinieri. “Era davvero molto pentito e ha preferito andare a costituirsi da solo”. Racconta il sacerdote.
I fatti
Cinque anni fa Damiano Torrente aveva intrapreso una relazione clandestina con la 30enne. Dopo che questa aveva lasciato il proprio marito e la propria figlia, il 47enne aveva iniziato a temere che la donna potesse minacciare anche il suo matrimonio confessando la tresca alla moglie. Così, quando la donna si è presentata a casa sua con una valigia in mano, il pescatore ha reagito nel peggiore dei modi. L’uomo ha afferrato la 30enne per la gola e l’ha strangolata. Subito dopo ha messo il cadavere in un grosso sacco e l’ha gettato in un dirupo.
Il ravvedimento
Dopo anni di sensi di colpa l’uomo si è ravveduto, si è convertito ed ha confessato il suo crimine.
“È stata una scelta maturata dopo un percorso di conversione – spiega l’avvocato del pescatore – È una vicenda che ha scosso tutti. Ancora ci sono diversi aspetti da chiarire e verificare. Il mio assistito era uscito dal carcere a marzo. Era accusato di stalking. Poi un periodo ai domiciliari e il costante avvicinamento alla fede lo hanno portato alla decisione di confessare il delitto”.
L’avvicinamento alla fede e il percorso interiore compiuto dall’uomo sono stati confermati anche da Don Giovanni che racconta: “All’inizio pensavo fosse un mistificatore, ma poi sono rimasto molto colpito dalla costanza con cui veniva da me. Non ho potuto fare altro che accoglierlo con estrema carità, dicendogli di confidare nella misericordia di Dio, ma anche di cercare di riparare al male commesso. E non c’era altro modo di riparare, se non confessare tutto alle forze dell’ordine e permettere di ritrovare il corpo”.