Dopo quattro giorni di duri negoziati, il Consiglio Europeo ha raggiunto un’intesa sul Recovery Fund e sul bilancio pluriennale 2021-2027. Parliamo di un fondo speciale di 750 miliardi di euro per l’acquisto di titoli, volto a stimolare la ripresa economica dell’Unione in seguito alla pandemia.
A questo si aggiunge la recente notizia dei vertici BCE, che rimetteranno in circolazione 1800 miliardi di euro per famiglie e imprese. Più precisamente: le banche renderanno più flessibili le regole per la concessione dei prestiti.
Entrambe le misure rappresentano una duplice novità. Non solo avranno l’effetto di aumentare la liquidità in circolazione, ma rappresentano una novità importante per l’Unione: è la prima volta che l’Unione prende collettivamente soldi a prestito dai mercati finanziari. Il Fondo è anche un simbolo di solidarietà dopo la cattiva gestione della crisi sanitaria, economica e sociale.
Infatti, Paesi come l’Italia sono stati abbandonati a sé stessi durante la pandemia, e tuttora l’UE sembra essere tutt’altro che unita. Rischierebbe addirittura la “disintegrazione”, così definita anche da Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità durante un’intervista a Radio Capital. Questa profonda delusione però, denunciata non solo dai vertici delle varie istituzioni, viene percepita anche a livello locale, come evidenziato dai sondaggi europei pubblicati su tutto il continente.
Una tendenza già evidente a fine maggio, come ha rilevato dettagliatamente un sondaggio Kantar. Sul campione intervistato, raccolto tra gli Stati Membri, solo il 57% si è dichiarato soddisfatto delle misure di solidarietà messe in campo. Non sono ancora state svolte interviste di simile rilievo dopo il recente Recovery Fund, ma è improbabile che la percezione dei cittadini restituisca l’immagine di un’Europa solidale.
Un esempio della scarsa indulgenza dell’opinione pubblica lo percepiamo dai movimenti e partiti populisti, come quello della Lega Nord di Matteo Salvini. I cittadini, secondo queste narrazioni, sono stanchi di attendere un intervento dall’alto. Vi è persino chi afferma che l’Italia non è solo stata abbandonata, ma addirittura isolata per le misure di contenimento adottate durante la fase di picco della diffusione del virus.
Le autorità europee nutrono la speranza, con il Recovery Fund unito al prestito BCE, di appianare i conflitti, oltre ai bisogni di liquidità immediati che favoriscano in progresso uniforme dei Paesi membri.
Un progresso uniforme passa dall’adeguamento tecnologico
È evidente come una crescita solidale e uniforme sia possibile solo a patto di sottostare ad alcuni adeguamenti tecnologici. Una priorità assoluta per il progresso è ad esempio la digitalizzazione. Non solo una barriera culturale, ma anche un vero e proprio scoglio tenologico: non c’è tra i Paesi membri un adeguamento uniforme agli standard tecnologici, innanzi tutto.
Purtroppo in questo campo l’Italia si trova in fondo alla classifica, come emerso quest’anno dallo studio effettuato dal DESI, ovvero l’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società. Pur avendo compiuto notevoli progressi nell’ambito dell’implementazione del 5G, sul nostro territorio il capitale umano è ben al di sotto della media europea.
Il piano europeo, cosi come dichiarato da Margrethe Vestager è quello di avere una copertura 5G ininterrotta su tutto il continente, entro il 2025. Ma senza un capitale umano congruo, diventa difficile: meno della metà delle persone che hanno tra i 20 e i 70 anni hanno competenze digitali considerate adeguate. Abbiamo anche una percentuale insufficiente di soggetti con competenze digitali superiori, cioè specialisti o laureati nel settore delle comunicazioni.
A tal proposito, sono state inviate le linee guida ai vari ministri, contenenti i piani di finanziamento per le infrastrutture. Rimangono tuttavia ostacoli normativi consistenti in campo energetico, sanitario e nell’adeguamento della viabilità. Alcuni esperti mettono in guardia anche dalla lunga durata delle gare europee, con prezzi e tempistiche che fanno innalzare i costi generali.
Tutto ciò passa in secondo piano di fronte alla prospettiva di un futuro digitale. In questo futuro, l’UE riucirebbe ad aumentare la propria competitività globale. I benefici risulterebbero notevoli: creazione di nuove industrie e tecnologie che avranno una ricaduta positiva anche sulle generazioni future.
Piccole aziende e digitalizzazione
Nel nostro paese, dopo gli Stati Generali e la pubblicazione del Decreto Rilancia Italia, cominciano ad essere intraprese le primissime azioni verso la semplificazione e la digitalizzazione. Il periodo della quarantena ci ha costretti a guardare da vicino la realtà delle piccole aziende, specialmente nel rapporto che esse hanno con gli strumenti digitali.
Cosa ne è emerso? Che molte piccole aziende sono rimaste indietro rispetto alla digitalizzazione. La pandemia ha reso le mancanze in tal senso più evidenti, e le contromisure si sono rese necessarie.
Non si tratta solo di utilizzare maggiormente strumenti come i social media—attualmente solo il 30% delle piccole aziende sfrutta i social media per la pubblicità—ma di una vera rivoluzione digitale.
Il 5G fa parte di quelle innovazioni strutturali, che una piccola azienda non può chiaramente affrontare per conto proprio: immaginiamo cosa significherebbe riservare della banda unicamente per il traffico aziendale, sostanzialmente liberando spazio per le connessioni private. Il futuro smart a cui andiamo incontro renderà le linee sempre più trafficate.
Per non parlare della cattiva connessione che le industrie periferiche spesso sperimentano. Se nel dopoguerra aprire uno stabilimento in un’area depressa consentiva di ricevere i fondi del piano Marshall, oggi spesso si rivela un’odissea, per quanto riguarda le connessioni.
A questo punto, una struttura 5G nazionale, comprensiva delle aree periferiche, avrebbe una ricaduta positiva anche e soprattutto sulle PMI, rendendole più competitive con i partner europei.
Non sono solo le piccole aziende che potrebbero beneficiare di questa nuova tecnologia. Un fattore importantissimo, di cui potrebbe avvalersi persino la Pubblica Amministrazione, è la digitalizzazione dei documenti. Cosi facendo la condivisione diventa istantanea, potendo dire addio per sempre al supporto cartaceo. Ancor di più, l’apparato burocratico sarebbe agevolato anche dai calendari digitali, che permettono di prendere appuntamento senza fare lunghissime file.
Il periodo di quarantena dovuta alla pandemia da Coronavirus non ha fatto altro che aprirci gli occhi verso nuove modalità di lavoro e studio. Con la giusta implementazione strutturale, i fondi e il cambio di mentalità sul nostro territorio, siamo certi che in pochissimi anni l’Italia potrebbe diventare un vero leader nel mondo della digitalizzazione.