Il Tribunale Amministrativo del Lazio si è espresso ieri sul caso riguardante la Pomar di Ardea, fatta chiudere dal Sindaco Mario Savarese nel novembre scorso. L’azienda infatti, che produce energia elettrica dal biogas, aveva impugnato l’ordinanza e ora il TAR le ha dato ragione.
«Nessuna situazione di pericolo»
Da un lato i giudici hanno evidenziato che, «tanto dall’ordinanza impugnata quanto dalla documentazione versata in atti non consta nessuna concreta ed obiettiva evidenza idonea a comprovare la sussistenza di una situazione di pericolo, con altrettanto indimostrata inidoneità degli strumenti ordinari per far fronte alle criticità rilevate, suscettibili di regolarizzazione».
In tal senso anche se «le valutazioni espresse dalla ASL abbiano fatto emergere criticità nella gestione dell’impianto, non hanno rappresentato la sussistenza di una situazione di pericolo tale da legittimare l’adozione di un’ordinanza contingibile ed urgente» né «la considerazione del principio di precauzione».
Il Tar poi aggiunge: «In giudizio la difesa dell’Amministrazione non è stata in grado di fornire elementi idonei a sostenere l’ordinanza impugnata, dovendosi sottolineare l’assoluta inidoneità della presentazione di esposti da parte dei cittadini e di irregolarità e criticità nella gestione dell’impianto ad evidenziare la sussistenza di una situazione di pericolo in assenza di obiettive evidenze circa i rischi per la salute pubblica e per l’ambiente».
Le prescrizioni chieste alla Pomar: eseguite le misure richieste
Come ricorderete l’ordinanza del novembre scorso firmata dal Primo Cittadino conteneva tutta una serie di prescrizioni per la Pomar per le quali si erano verificati, nei mesi successivi, alcuni sopralluoghi dei Caschi Bianchi di Ardea. Ebbene su questo fronte il Tar ravvisa:
«Al riguardo, si sottolinea che tutte le circostanze successive all’adozione del provvedimento impugnato, segnatamente riferite alla presentazione di un cronoprogramma da parte della società nella prospettiva di un superamento delle criticità rilevate non costituiscono elementi di riferimento suscettibili di valorizzazione ai fini del sindacato sulla legittimità dell’ordinanza gravata, dovendosi, comunque, constatare l’impegno profuso dalla società per l’esecuzione delle misure richieste, come comprovato dalle risultanze dei verbali dei sopralluoghi eseguiti dalla Polizia Locale presso l’impianto in data 5.02.2020 ed in data 28.05.2020 dalle quali emerge la regolarizzazione di molte contestazioni con precipuo riferimento al “sistema di abbattimento e contenimento di emissioni odorigene”, alla copertura degli “insilati”, alla “pulizia delle griglie di captazione”, mentre le crepe nella vasca contenente il digestato erano già state in precedenza riparate. Anche al fine di orientare l’ente in relazione ai successivi sviluppi dell’attività amministrativa, si evidenzia che, a fronte di tale impegno profuso dalla ricorrente non consta che l’amministrazione si sia fattivamente adoperata, in conformità ai principi di correttezza e leale collaborazione, per la individuazione delle modalità idonee ad assicurare l’integrale regolarizzazione delle attività dell’impianto e per il ripristino delle opportune condizioni igieniche e di sicurezza alle quali la ricorrente è tenuta, non emergendo alcun riscontro quanto alle misure indicate nell’ultimo cronoprogramma con precipuo riferimento alla eliminazione dell’impatto odorigeno».
L’annosa vicenda della Pomar
Il caso relativo all’azienda, che si arricchisce così di un nuovo capitolo, ormai si trascina da anni: al centro del contendere, come è noto, ci sono soprattutto i forti odori che provengono dall’impianto in alcuni momenti della giornata che causano disagi ai residenti; la Pomar, negli anni recenti, dal canto suo, ha sempre cercato di rassicurare la cittadinanza, dichiarando come all’interno del sito sia tutto «naturale» e aprendo talvolta, a chi ne faceva richiesta, le porte del proprio impianto.
E adesso, con questo nuovo pronunciamento dei Giudici, potrà riprendere a lavorare.