“La bonifica del Bacino del Fiume Sacco è ferma al palo e, ad oggi, rimane solo un’idea. Pratiche bloccate e investimenti fermi da anni: la burocrazia ha paralizzato il rilascio di permessi e concessioni, frenando l’attuazione del piano. A sei mesi dalla
nascita della nuova Direzione generale per il risanamento ambientale e a quasi 4 anni dall’istituzione del Sito di Interesse Nazionale “Bacino del Fiume Sacco”, nella provincia di Frosinone nulla è cambiato”, sostiene Massimo Tabacchiera, Presidente di
Confapi Lazio.
Eppure, la Valle del Sacco è uno dei Siti di Interesse Nazionale (SIN) più estesi di Italia, con un territorio vasto circa 7.300 ettari, che interessa 19 comuni tra la provincia di Roma e quella di Frosinone. Un’area che conta 200 mila residenti, oltre
100 aziende. Per la bonifica sono stati stanziati circa 57 milioni di euro attraverso l’Accordo di Programma Quadro firmato nel 2019 tra il Ministero dell’Ambiente e la Regione Lazio.
“Le lungaggini burocratiche previste dalla normativa – come denunciato anche dai Comuni – hanno paralizzato il rilascio delle concessioni edilizie da parte degli uffici comunali aggravando ulteriormente il deterioramento di un sistema imprenditoriale
già duramente provato dalla crisi del 2008 e dall’emergenza Coronavirus”, continua Tabacchiera. “Vi sono aziende che stanno attendendo da più di due anni l’approvazione da parte dei funzionari del Ministero dell’Ambiente di documenti per poter finalmente attivare i procedimenti di bonifica del sito”.
È, ad esempio, il caso della società Campioni Logistica Integrata Spa di Patrica, che dopo aver ottenuto l’approvazione regionale per la realizzazione di un impianto di bonifica di cisterne in plastica, da più di un anno è in attesa che il Ministero
dell’Ambiente approvi il “Piano di caratterizzazione” per conoscere lo stato ambientale del proprio sito ed ottenere finalmente dal Comune un semplice permesso per realizzare un nuovo capannone.
Nel comune di Frosinone, un’azienda proprietaria di un terreno industriale, costretta anch’essa a dover “caratterizzare” il sito per ottenere il permesso di costruire (nonostante siano scaduti da tempo i 45 giorni di massima durata prevista dalla normativa della Conferenza dei Servizi, attivata dal Ministero dell’Ambiente a gennaio scorso per l’approvazione del Piano di Caratterizzazione) attende da otto mesi l’atto formale di approvazione da parte del Ministero per poter procedere con le indagini ambientali.
“Il paradosso è che, nonostante la grave crisi dovuta al Covid‐19, alcune aziende vorrebbero investire e non sono messe in condizione di farlo a causa delle lungaggini burocratiche”, conclude Massimo Tabacchiera. Eppure, il 9 gennaio il Ministro dell’Ambiente dichiarava: “Abbiamo creato una direzione sulle bonifiche e questo ci consentirà di dare una svolta decisiva e superare la lentezza burocratica che per troppo tempo ha tenuto in ostaggio territori che necessitano di interventi urgenti”.