“Vedi, fanno il tampone a Zingaretti, Porro (Nicola, il giornalista tv, ndr), Sileri (Pierpaolo, il viceministro della Sanità, ndr) io ho febbre da tre gg, stasera 38,7 ma chiamato il n. Regionale mi dicono che con questi sintomi non è necessario, stai a casa (grazie) e se peggioro chiamare il 118! Boh spero che scenda preso Tachipirina già sto sudando ma faccio il medico boh”.
Questo scriveva il 14 marzo Edoardo Valli, il ginecologo romano morto il 9 aprile a causa del Coronavirus. Fa parte della schiera degli oltre 100 medici deceduti dopo aver contratto il Covid-19.
Le sue parole portano ancora una volta alla luce la differenza del valore delle vite umane.
Da una parte i “potenti”, dall’altra tutti gli altri.
Valli, 62 anni, lascia moglie e due figli. Era uno stimato ginecologo, laureato con lode, dirigente medico presso l’ospedale Fatebenefratelli. Era anche ricercatore e docente all’università di Tor Vergata. Il suo post, pubblicato nel suo profilo Facebook in risposta a una conversazione, ha iniziato a girare subito dopo la sua morte, facendo indignare il popolo del web.
Il medico romano si era già lamentato con colleghi e familiari, ai quali diceva di essere stato lasciato solo, che nessuno si preoccupava per lui forse proprio perché era un medico.
Valli è morto dopo un mese di malattia, contratta dopo essere stato in Trentino Alto Adige ad inizio marzo per la settima bianca.
Le parole di Valli riportano ancora una volta alla luce il tema di cui si è più volte parlato: la mancanza di protezione per medici e per tutto il personale sanitario in questa emergenza. Solo loro i più esposti e, loro malgrado, sono loro che possono diventare strumento di contagio.
Ma portano alla luce anche la poca tempestività dei tamponi, cosa che ci viene segnalata ogni giorno anche dai nostri lettori, costretti a stare a casa con la febbre a 38,5 in attesa anche per 15 giorni di un test non si sa se verrà mai fatto. Valli è riuscito a fare il test solo dopo circa una settimana, recandosi di persona al policlinico di Tor Vergata. Ma se fosse stato trattato tempestivamente forse per lui non ci sarebbe stata questa fine. Forse. Di certo c’è il grido inascoltato dei medici e dei sindacati di categoria, che da più di un mese implorano maggiore sicurezza: parole al vento.