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Sopravvive chi ha più amore: la legge di Darwin ai tempi del coronavirus

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La nuova comunicazione
Questo nonno ha 88 anni e non potendo abbracciare la propria nipote nel giorno del suo onomastico, ha deciso di adeguarsi alle nuove tecnologie e dal suo cellulare – con i numeri enormi e l’sos per i casi di emergenza – le ha cantato una canzone.
Per noi “giovani” può apparire un comportamento scontato, per chi invece era abituato agli abbracci non lo è affatto: è uno sforzo enorme.
E’ questa al momento l’unica possibilità che abbiamo a disposizione per poterci sentire vicini, per non restare isolati emotivamente e soprattutto, per tutelare gli affetti più fragili.

Chi sopravvive più a lungo?
Secondo Darwin, biologo, naturalista, antropologo, geologo ed esploratore britannico, gli individui di una popolazione sono in competizione fra loro per le risorse naturali, in questa lotta per la sopravvivenza l’ambiente opera una selezione, detta selezione naturale, con la quale vengono eliminati gli individui più deboli, e solo i più adatti sopravvivono e trasmettono i loro caratteri ai figli.
Ed è quello che sta accadendo a noi, ma tra i più “deboli” c’è anche il nonno che canta per la nipote, e non solo: ci sono i papà e le mamme con problemi fisici, ma anche l’amica che sta combattendo contro un grave male, il cugino diabetico e il vicino di casa iperteso.

Sopravvive chi si adatta
Darwin sosteneva inoltre, che gli individui di una popolazione che riescono ad adattarsi meglio all’ambiente, sono quelli che sopravvivono più a lungo.
L’adattamento è riuscire a modificarsi in seguito ad un forte cambiamento, nel regno animale ad esempio, alcune specie si mimetizzano per non farsi trovare.
In psicologia equivale alla resilienza, in altri termini: la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà, così come si adatta un metallo al fuoco senza però spezzarsi.

Nuove abitudini
Sappiamo tutti cosa sta accadendo nel mondo, e tralasciando le varie teorie su chi ne abbia colpa (non è il momento, né il contesto adatto), rivolgiamo la nostra attenzione a come il cambiamento ci viene imposto e cosa possiamo fare per “sopravvivere”.
Siamo come il metallo e dobbiamo cambiare forma, come se ci trovassimo vicino una forte fonte di calore, nello specifico adattarci significa sviluppare nuove modalità per fronteggiare lo scombussolamento, o più “semplicemente” creare nuove abitudini giornaliere: appunto, come il nonno che usa il cellulare.
Ci siamo lamentati tutti per la mancanza di tempo, il mio studio si è riempito di pazienti malati di stress cronico per l’accelerazione e il poco tempo dedicato a sé stessi: ad oggi, ci lamentiamo per il troppo tempo a disposizione. Qualcosa non va.

Essere furbi non ci salva
Adattarsi non equivale ad “essere furbi” ma ad essere intelligenti, che è diverso. Significa adeguare tutte le azioni quotidiane alle reali possibilità a nostra disposizione, e soprattutto: smetterla di trovare il complotto, arrabbiarsi e voler creare rivoluzioni contro il governo italiano (il virus sta facendo morti in tutto il mondo), smetterla di litigare tra medici, di fare la lotta tra nord e sud, di uscire tutti i giorni e tutti insieme per fare spesa o per andare a correre, smetterla di fare in conti in tasca a chi lavora da casa, di provare invidia, di diffondere notizie false e allarmanti, di far girare catene con grandi scoperte scientifiche o politiche.
TUTTO QUESTO NON SERVE!

Sopravvive chi ha cuore
Gli animali per salvarsi dai predatori devono mimetizzarsi, noi “solo” amare i nostri cari più fragili, tutelare il nonno, i genitori, gli amici e tutte le persone che non hanno la forza di difendersi.
Sopravvive chi stringe i denti e abbraccia la propria famiglia, chi nonostante i gravissimi problemi economici riesce a gestire i pochi soldi, chi non si crede furbo ma con intelligenza si mette alla finestra e si lascia baciare da un’ora di sole, chi fa videochiamate di gruppo con i parenti e gli amici, chi legge, chi guarda film, chi nei momenti di crisi va in un’altra stanza e si calma respirando e non inveendo contro la moglie (o il marito, o i figli), chi fa sesso, chi fa la spesa una volta a settimana, chi riesce a piangere e sperare, chi rispetta le decine di morti se stesso gli altri.

Nb: quel nonno che canta è il mio papà, e vorrei poterlo riabbracciare.

Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it
Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno

Psicostress

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